1 (parte seconda)

16 4 0
                                    

Poche ore dopo, ondeggiante al pari di un alcolizzato il sabato sera, Dean si lasciò sprofondare sulla panca dello spogliatoio dove quel giorno si stava cambiando la sua squadra, i Bishops. Sbatté le palpebre pesanti e controllò che tutte le protezioni fossero al loro posto, assicurandosi in ultimo del caschetto.

Sembrava tutto in ordine.

«Sei pronto?» gli fece il suo compagno di squadra, Thomas, mentre gli assestava una pacca sulle spalle.

Nel denso mischiarsi di sudore, vapore e ormoni adolescenziali, Dean gli rivolse un cenno incerto, non sapendo bene come rispondere.

Di lì a pochi minuti, il preside Chamberlain avrebbe dato il via all'attesissima partita di Polo tra Bishops e Royals, evento che da settimane animava le conversazioni di entrambe le squadre e non solo. A causa di quel match, Dean e tutti gli altri componenti della squadra si erano allenati giorno e notte sfiancando, oltre che loro stessi, gli animali, i quali, a malincuore, si prestavano a quello sport da tutti considerato abbastanza nobile da essere praticato alla St Patrick. Nel ruolo di giocatore di punta, Dean aveva avuto un gran daffare per migliorare riflessi e concentrazione, ma il più delle volte il suo più grande sforzo si era concentrato nel rimanere integro dall'inizio alla fine di ogni allenamento, fortemente compromesso dai suoi continui cali di concentrazione.

«E allora andiamo!» continuò un elettrizzato Thomas, prima di sospingerlo di peso fuori dalla porta dello spogliatoio per condurlo nelle stalle dove ad attenderli c'erano i loro cavalli.

Quando uscì assieme al resto della squadra, lo stadio gremito di studenti li accolse con una baraonda di voci e incitamenti.

Neanche a dirlo, le tribune scoppiavano di tifosi, rigorosamente divisi nelle sfolgoranti colorazioni di sciarpe e striscioni multicolore rievocanti la squadra prediletta. Meno palesi erano invece le separazioni vigenti fra le diverse cerchie, fazioni e confraternite che, fin dalla sua costituzione, cementavano il controverso mosaico di alleanze presenti nella St Patrick. Una frammentazione ora meno visibile sul campo di gioco, ma che nella quotidianità assumeva il ruolo di costituente unica, tratteggiando in quell'embrionale società di rampolli nobiliari, figli di magnati della finanza e futuri eredi al trono, il ricalco del mondo che più tardi tutti loro avrebbero dominato per diritto acquisito.

In effetti, non esisteva in tutta l'Inghilterra accademia più esclusiva della St Patrick, fondata dal pluridecorato Lord Chamberlain – la Regina in persona lo aveva insignito del titolo di Cavaliere della Corona e Salvatore della Patria – al fine di ospitare ed educare all'eccellenza i rampolli della nuova Inghilterra.

Dean strizzò gli occhi e intravide un paio di cartelloni che mostravano una corona spezzata dalla lancia di un cavaliere in divisa e, più a sinistra, dei divertentissimi stendardi a forma di cuscino recanti le scritte "Sogni d'oro, Wright, sogna la nostra vittoria."

Ma che cari, i fan dei Royals...

Pochi attimi per le operazioni di rito ed entrambe le squadre balzarono in sella per il primo importantissimo chukka. Dal canto suo, Dean si affrettò a farsi da parte e a lasciare che fossero i suoi compagni a stancare gli avversari nelle prime battute. Spronò il suo destriero e si limitò a supervisionare le iniziali schermaglie così da non perdere di vista il vivo dell'azione e avere sempre cura di piazzarsi nella posizione perfetta di qualcun altro, fino a quando, come da consuetudine, il suo sguardo si posò su una figura a lui ben nota: Ethan Blake.

Con i suoi capelli neri appena visibili sotto il caschetto d'ordinanza, una delle persone a lui meno gradite di tutta l'Accademia si trovava ora qualche metro più in là rispetto alla sua posizione, lo sguardo concentrato nel sondare la partita in corso.

EscapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora