ARIANNA

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Fidatevi di me: se volete che qualcosa sia fatta bene, fatevela da soli. Sono più di duemila anni che aspetto che qualche scrittore, anche uno di quelli da quattro soldi, racconti la mia storia a dovere, ma va sempre a finire nello stesso modo: mi promettono l'opera più bella di tutte, quella che supererà addirittura quel capolavoro (come la definiscono gli esperti) della Divina Commedia, mi giurano che faranno le dovute ricerche e che riassegneranno credito al mio nome. Eppure eccomi qui a scrivermi questo racconto tutta da sola, perché nessuno è mai riuscito a mantenere la parola data.

Io lo so, lo so, che gli esseri umani sono creature incostanti e soprattutto inconcludenti, ma speravo che almeno Apollo o qualcuno dei suoi sacerdoti in terra, una mano me la desse. E invece no.

Io, che non sono assolutamente una scrittrice, sto per scrivere il finale della storia che nessuno si è mai degnato di portare decentemente a termine.

A questo punto, suppongo, vi stiate chiedendo chi sono. Ebbene: mi chiamo Arianna.

Eh sì, sono proprio quell'Arianna. Quella dei miti, che aveva perso la testa per Teseo, che gli aveva parato quel suo marmoreo fondoschiena semidivino (perché diciamocelo, nessuno ha creduto alla favoletta di Etra, quando ha dichiarato che Teseo potesse non essere figlio di Poseidone, ma di Egeo) e che era stata abbandonata sull'isola di Nasso da quel rifiuto umano che si era poi dimostrato essere il sopracitato eroe.

Tuttavia, la maggior parte delle storie che mi riguarda finisce qui, come se dopo, per me, non possa esserci stato nient'altro, destinandomi ad essere un'eterna fanciulla disperatamente sola e abbandonata a se stessa.

Eh no, miei cari, se avete anche solo lontanamente creduto al fatto che mi sia lasciata abbattere dalla rottura impostami da quell'idiota di Teseo, vi sbagliate di grosso.

Certo, lo ammetto, per le prime ventiquattr'ore seguenti ho pianto come una fontana, ma poi le cose sono radicalmente cambiate e se non vi siete mai documentati al riguardo, non c'è nessun problema: ci penso io a farvi il racconto dettagliato di come mi sono risollevata.

Il momento peggiore penso sia stato quando, ormai sulla terra ferma, e ancora in una sorta di dormiveglia, realizzai che quello che credevo essere l'amore della mia vita, al quale mi ero addirittura concessa carnalmente, si stava allontanando a bordo di quel suo vascello così antiquato. A quel punto il mio cuoricino si spezzò: io ero innamorata di Teseo, avevo tradito mio padre per lui, gli avevo dato tutto ciò che avevo, mi ero fidata della sua promessa. E lui, in cambio, mi aveva tradita.

Piansi. Non lo nascondo. Piansi così disperatamente che non solo attirai a me nel giro di pochi minuti tutte le ninfe, le driadi, i satiri e le altre creature dell'isola, ma anche un dio. E proprio quel dio, si rivelò essere la mia salvezza.

Trascorsi una settimana lì sull'isola. Le ninfe e le driadi mi accudivano come una sorella e i satiri suonavano quei loro dolci flauti nel tentativo di tirarmi un po' su di morale, e per tutta la settimana Dioniso restò con me.

Probabilmente, sebbene possiate non essere tutti ferrati in materia, avrete studiato qualche mito e, come mi auguro ricordiate, in nessuno di questi, o quasi, Dioniso è il dio dolce e premuroso. Solitamente è quello pazzo, festaiolo e ubriaco.

Beh, se la descrizione che avevate in mente si avvicina anche solo di poco a questa, sappiate che ci avete preso in pieno: Dioniso è esattamente così. Gli piace fare festa, bere, ridere e, di tanto in tanto, partecipare a qualche culto misterico.

Tuttavia, per tutto il tempo che mi stette accanto non fu nulla di tutto ciò. Fu dolce, incredibilmente romantico e fu l'unico in grado di riportarmi il sorriso sulle labbra. Fu premuroso e sdolcinato da fare invidia ad Eros. Insomma, a fine settimana, se qualcuno mi avesse chiesto di Teseo, probabilmente avrei risposto che non avevo idea di chi fosse.

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