Frammenti Di Papavero

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Per favore, leggete questo piccolo avviso perché è importante: questa one-shot è stata pubblicata il 27 gennaio, ossia la giornata della memoria. Ho letto e sto attualmente leggendo molte storie riguardo l'olocausto ed il nazismo, così ho deciso di scrivere anche io qualcosa a riguardo. Qui non viene toccato l'argomento del razzismo verso gli Ebrei, ma una parte di quella realtà che io non ho mai visto essere raccontata, ossia l'appartenenza ad un orientamento sessuale diverso da quello etero. Tutte le azioni e le vicende che succedono sono dovute a l'omofobia persistente di quei tempi. È ambientato in un Campo di concentramento, ma questo fatto non viene quasi mai accennato durante il testo. Pur sempre non avendo toccato molto la parte storica di questo periodo, preferendo raccontare quella emotiva di Bakugou, voglio ricordare che è stata scritta come tributo a tutte le persone che hanno sofferto gli orrori della guerra, ed ho preferito non entrare in nessun tipo di dettaglio storico proprio per evitare di sminuire o accidentalmente sbagliare qualcosa. Anche il fatto che sia una Todobaku è lievemente accennato da alcuni particolari nel testo, ma non ci sono nomi espliciti, quindi interpretatela come più preferite.
L'intera storia è in Bakugou's POV.
***

Li vide i suoi occhi spaventati.

Vide la paura di morire ed il rimpianto aggrovigliarsi fra di loro, fino a creare una miscela di sentimenti che gelava il sangue.

Nonostante tutto però, non poté fare a meno di sentirsi in colpa.

In fondo tutto questo, la folla e le infamie, erano principalmente colpa sua.

Lui, lo stupido che credeva davvero che qualcosa del genere, tossico come i gas che giacevano assassini nelle doccie tanto temute, potesse esistere in un mondo marcio come quello in cui si ritrovavano a vivere. Reciso e consumato fino all'osso dalla belva quale solo l'odio può essere.

Ed odio porta a rancore, ed ancora, il racore si tramuta in vendetta.

E nessuna vendetta può essere ottenuta senza lo spargimento del sangue da cui l'odio è scaturito.

Peccato che la vita infame si diverta a giocare con i fili dei burattini che gli uomini sono per lei, rigirando a suo piacimento le sorti del fato, spesso ingiusto con i suoi possessori.

Quello che successe a loro fu solo una sfortunata burla giocata dal destino.

Così si ritrovò a guardare quelle sfere bicolore, impregnate dal tanfo del terrore, mentre le grida di ignoranti opinioni narcisistiche passavano in secondo piano.

Gli regalò un sorriso, l'ultimo dei tanti che avrebbe voluto dargli, prima che chiudesse le palpebre ed accettasse la conclusione aveva in serbo per lui.

Avrebbe davvero voluto urlargli addosso in quel momento, svuotare l'aria nei suoi polmoni a forza di proteste sull'atto di arrendersi, ma si rese conto troppo tardi che l'accettazione stava lentamente iniziando a prendere possesso del suoi corpo, facendo sprofondare le ginocchia nel suolo e chinare la testa di fronte all astio delle persone affamate di un vendicativo rancore nei confronti di due ragazzi che come unico peccato avevano avuto la forza di amare.

Continuò a guardarlo di sottecchi, anche quando la speranza aveva abbandonato l'aria che respiravano, anche quando gli insulti inumani iniziavano a gravargli addosso.

Anche quando la canna della pistola si posizionò sul retro della nuca dell'altro.

Anche quando il grilletto venne premuto come dimostrazione di odiosa forza nei confronti di un essere umano.

Il suo corpo cadde a terra con un tonfo, che alle sue orecchie suonò più forte che tutte le acclamazione attorno a loro.

Pian piano iniziò a formarsi una pozza di liquido vermiglio, che tinse anche le punte dei suoi capelli della più bella tonalità di rosso che lui abbia mai visto.

Si allargava attorno a lui, come uno dei leggeri petali di papaveri che crescevano appena fuori le recinzioni di metallo e filo spinato.

Il petalo di un fiore rosso, che da solo racchiudeva l'atrocità di un gesto tanto sbagliato.

Un frammento di papavero, nulla di più.

E lui si permise di rompersi.

Accasciandosi su se stesso lasciò andare là presa ferrea che aveva sul suo essere, permettendo all'ormai fragile cuore che batteva ancora per miracolo nel suo petto, l'esclusiva possibilità di spogliarsi per la prima ed ultima volta della pesantezza che ormai da anni giaceva fantasma nel suo petto.

Quando la sua fronte toccò le ginocchia sbucciate, lasciò andare un grido di sanguinolento dolore, che da solo sarebbe state capace di riappacificare le anime di tutti i morti ingiustamente.

Ma lui continuò ad urlare.

Un grido disperato per ogni persona che non aveva la forza o la volontà di sbattere il proprio dolore in faccia al mondo che lo aveva causato.

Perse la voce quel pomeriggio, insieme alla speranza ed al volto che rivedeva nei suoi più dolci sogni.

La bestia che a volte l'uomo è non si fermò ad aspettare la redenzione dei senzacolpa, ma continuò il suo sterminio della giustizia.

I capelli biondi vennero violentemente afferrato, fino a che il suo viso non fu capace di fissare i volti degli uomini senza anima che gli si parlavamo davanti.

Per quanto possa suonare pietosa la descrizione della disperazione che le sue lacrime suggerivano, i suoi occhi parlavano d'altro.

Mentre scrutava bene i manichini dalla stessa uniforme di fronte a lui, il sangue di ognuno di loro mandò stalattiti di ghiaccio, che si andavano a conficcare nella loro carne fino a fare male.

Nei suoi occhi, quelli di chi è già morto mille volte e sarebbe pronto a morire di nuovo, il vero fuoco che la vendetta accende nei cuori degli emarginati infuriava.

Li guardò tutti, maledicendo la loro esistenza ad uno ad uno, fino a posare lo sguardo nuovamente sul corpo senza luce stesso accanto a lui.

-Te l'ho promesso. A nessuno sarà permesso scordarci - fu il suono di un sussurro rotto, coperto dal rumore frastagliato del ricarico della pistola.

Rilassò la nuca contro il metallo freddo dell'arma dietro di lui.

-Per non dimenticare -

Il rumore dello sparo ruppe la quiete che aleggiava attraverso i papaveri fuori dal Campo.

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