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-Abbiamo ancora cinque minuti prima del riscaldamento, schiene dritte.-

Incoraggio i miei alunni assumendo la terza posizione di fronte a loro. Nell'aula echeggiano sbuffi e lamentele per qualche secondo, ma appena schiarisco la voce regna il silenzio.

-Se per una volta li fai respirare per cinque minuti in più non crolla l'istituto, te lo assicuro.-

A parlare, e a distrarre una quindicina di sedicenni sudati e stanchi, è il mio collega (che preferisco chiamare aiutante), nonché mio ex compagno di corso e figlio del preside dell'accademia, Adrien Moreau. Un tappetto che mi arriva alle spalle, anche se a compensare la sua minutezza è la sua voce talmente squillante che riesce a far diventare fastidioso anche un sussurro.

Il nostro rapporto non è dei migliori; appena mi si presentò capii subito che non saremmo andati d'accordo e, purtroppo, avevo ragione. Non lo odio, sono consapevole di essere anche più in gamba di lui, ma sono state tante le volte in cui mi ha steso con le sue spaccate a mezz'aria o le sue piroette da mozzafiato, e aggiunto al fatto che non ha mai smesso di guardarmi dalla testa ai piedi con una specie di smorfia che dovrebbe sembrare un sorriso amichevole, non è mai riuscito a conquistare la mia fiducia. E viceversa.

So perfettamente che ha talento, so anche che il preside non ci ha uniti a caso, ma a volte anche solo comunicare con lui risulta essere un vero problema.

Riscaldo i muscoli e sbuffo, perché ancora oggi cercare di avere autorità parlando una lingua che non è la mia ed utilizzando un accento completamente diverso dal mio, sembra l'unico traguardo che non riesco a raggiungere.

-Hanno comunque tempo di riposare e di prendere tutto il fiato che vogliono alla fine della lezione. Sanno benissimo che tra un mese si esibiranno in un saggio che ai miei occhi dovrà risultare perfetto, dunque non posso permettere a nessuno di perdere tempo.-  osservo i ragazzi che sembrano un po' persi, ma già fin troppo rilassati  -O mi sbaglio?-

Il gruppo concorda con me annuendo simultaneamente. Adrien schiocca comunque la lingua prima di sistemarsi d'un lato alcuni ciuffi biondi e perfettamente stirati, ma poi si rimette in posizione.

Io faccio lo stesso annuendo ai ragazzi, che dopo aver addrizzato la spina dorsale, ripartono seguendo gli stessi passi che stanno studiando da settimame e senza accorgermene, troppo concentrato sui movimenti dei miei alunni, non mi rendo conto che siamo arrivati a fine lezione. Almeno non fino a quando Adrien non inizia a battere le mani sorridendo.

-Siete stati bravi per oggi, ricordatevi di mangiare a casa per rimettervi in forza.- li raccomanda.

-Signor. Park?-

Una voce femminile interrompe quella noiosa del mio collega ed attira la mia attenzione, -Sì Juliene?-

La minuta ragazza si fa spazio tra alcuni dei colossi con i quali condivide la stessa passione e mi fronteggia cercando di riprendere il fiato.

-Le assicuro per conto di tutta la classe che nessuno vuole perdere tempo, sono sicura che arriveremo al saggio pronti e la renderemo fiero di noi.- si volta verso i suoi compagni che l'assecondano senza battere ciglio, concordando con lei. Dà un'occhiata ad Adrien rendendolo partecipe, poi torna ad affrontare il mio sguardo.

Sorrido, percependo uno strano mix di sicurezza e orgoglio che non so ancora metabolizzare.

-Lo so, Juliene. So bene che non mi deluderete, e posso già accertarvi che una volta terminato questo percorso avrete assunto più forza. La strada è lunga, ma ne vale la pena.-

-Tsk.- esordisce il biondo, che beve dalla sua borraccia senza guardare nessuno.

Mi avvicino al mio collega che mi sta già dando le spalle, ma il mio ghigno è ormai troppo grande per poter svanire da un momento all'altro.

fine line - JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora