"La pazzia è come il paradiso. Quando arrivi al punto che non te ne frega più niente di quello che gli altri possono dire, sei vicino al cielo."
Jimi Endrix
Era una mattinata d'inverno. Fuori dall'auto pioveva e grandinava mentre io guardavo le goccioline che scendevano sul vetro del finestrino facendo la solita gara a chi arriva prima. La mia playlist preferita scorreva nelle cuffie come un fiume in piena. Mio fratello Rayan stava nella mia stessa posizione, ovvero rannicchiato tra il sedile davanti e lo schienale del suo con le gambe portate al petto a fissare fuori dal finestrino il paesaggio piovoso di quell'inverno freddo, un po' più gelido da quando i giorni della merla erano in corso. Probabilmente stava ascoltando un audiolibro, anche se preferisce leggere i libri cartacei, ma soffre di mal di auto quando legge in macchina. Vi confermo che non è piacevole quando rimette sul libro ma soprattutto sui miei piedi, poi tiene il broncio tutta al giornata (come se le Dottor Martins che mi avevano regalato per il compleanno fossero le sue scarpe e non le mie. Quando glielo fai notare, però, si innervosisce pure, ma io dico...).
In famiglia abbiamo sempre avuto la passione per i i libri di ogni tipo, dal fantasy all'horror. Ricordo ancora i pomeriggi con mia madre che ci leggeva le favole, le avventure, i misteri. Man mano che crescevamo cresceva anche la lunghezza, lo spessore dei racconti, la difficoltà nel comprendere il significato delle parole. Lei si metteva seduta sulla sedia a dondolo e iniziava a leggere con noi sulle sue esili gambe. Papà arrivava con la cena ritirata al McDrive. Erano pomeriggi passati in famiglia, che bei tempi.
Zio Marco, intanto, era al volante e cercava di avere una conversazione rispettabile con noi due, o almeno con uno. Peccato che la sua iniziativa fallisse miseramente visto che rispondevamo solo a monosillabi o con frasi dubbie.
Rallentammo davanti ad una villetta a due piani gialla candito avente il tetto spiovente con le tegole marroni ed un ampio giardino davanti. "Siamo arrivati" ci informò zio parcheggiando l'autovettura esattamente di fronte alla cassetta delle lettere gialla candito, proprio come la casa, e la bandierina verde. Con l'ombrello, incastrato tra il collo e la spalla, e mani piene di bagagli ci avviammo verso la casa. Zio Marco fece due giri di chiave e spalancò la porta. L'interno era grazioso: i muri erano ricoperti di carta da parati di color bianco, arredati con tre quadri posizionati sulle pareti laterali all'ingresso e con uno specchio a figura intera appeso leggermente sopra il centro del muro opposto alla porta; il pavimento era formato da mattonelle del medesimo colore dell'esterno, giallo candito, con rifiniture date da sottili pennellate dorate e scintillanti al riflesso del lampadario di cristallo che emanava una candida luce che si rifletteva, oltre che sulle piastrelle del pavimento, sulle cornici dorate e, a sua volta, sui cornicioni della portafinestra che conduceva fuori. Zio entrò senza troppi complimenti mentre noi avevamo la mandibola che pareva toccare il suolo. "Avete notato che bella casa mi ha prestato il mio amico del liceo?" disse ironicamente ridacchiando notando che noi eravamo rimasti bloccati sull'uscio, sembrando due mentecatti. "Entrate senza farvi pregare, ragazzi! La casa è sotto la nostra custodia finché la mia, nostra casa non sarà completamente liberata da quelle terribili termiti... Fortuna che le abbiamo trovate prima che fosse troppo tardi!" e con un sorriso smagliante ci accompagnò alle nostre stanze al piano superiore. Mentre attraversavamo i corridoi cercai di scorgere, o anche soltanto intravedere, le altre stanze buttando un'occhiata qua e là ogni tanto. Non vidi molto ma intuii una cosa ovvia: all'amico dello zio piaceva molto il lusso, anche troppo. Le scale erano di legno ricoperte di un tessuto rosso vellutato; portavano ad un grande corridoio su cui affacciavano quattro porte socchiuse in modo tale da lasciar vedere una strisciolina di ogni camera, dalle quali capiì che erano tre camere da letto ed un bagno in comune.
Zio ci indicò le nostre stanze. Mi avviai in direzione della mia ma, vedendo che mio fratello non si muoveva, lo presi per la manica della camicia rossa a scacchi aperta sul davanti trascinandolo con me ringraziando Marco per tutto e chiudendo la porta alle spalle di Rayan. Una volta entrati fu proprio quest' ultimo a decidere per primo di spezzare il ghiaccio: "Ma dove siamo?! Sembrava una casa normale dall'esterno ma si è rivelata essere la reggia di Versailles!". iniziò a commentare tutta la casa girando come una trottola nella stanza. Io optai per un opzione più facile, ovvero buttarsi a peso morto sul baldacchino e osservare quello che mi circonda. La pianta della stanza era a forma di un trapezio sopra un rettangolo. Il letto a baldacchino completamente verde smeraldo si abbinava perfettamente con le pareti color legno noce, il tappeto smeraldo e giallo ai suoi piedi e con la moquette bianca. I mobili erano graziosi e sfarzosi, fatti di legno raffinato con incisioni di uva, frutta e diverse foglie fino alle piccole zampe che li sorreggevano. La finestra bianca era a vecchio stampo, come si vedono nei telefilm degli anni '80 e '90. Mi avvicinai notando che era situata sulla parte laterale della nostra casa. Affacciava sull'interno della casa dei nostri temporanei vicini, ovvero sulla camera di un ragazzo gracilino avente più o meno la mia età, diciassette anni, seduto su una poltrona di lusso compostamente e leggeva un piccolo libro con la copertina di color avorio. Aveva i capelli biondi chiari, una forma del viso e i lineamenti morbidi e delicati, gli occhi nocciola chiaro. Improvvisamente alzò gli occhi dalla sua copia del libro che leggeva, e puntò i suoi penetranti occhi bollenti sulla mia figura, intenta a fissarlo. Dopo essere arrossita violentemente chiusi le tende bianche con un movimento fulmineo.
"Sam, mi stai ascoltando?" esclamò Rayan girandosi verso di me, ritornando al suo mondo di fantasia con unicorni e scimmie ballerine. "Certo, ma che non ti fidi?". Conoscendomi non mi fiderei neanche io. "Allora ripetimi quello che ho detto. "Lo guardai allibita. Questo era un vero e proprio colpo basso. Non feci in tempo a replicare che iniziò con la sua filippica su come io non lo ascoltassi mai e altro ancora che però, dopo la milionesima volta che lo ripete, ho smesso di ascoltare. Fortunatamente Zio Marco ci chiamò dicendoci di scendere di sotto prima che riuscissi a tirargli un pugno sul muso.
Zio Marco aveva cucinato pollo e patate al forno con cipolle per pranzo. Lo aiutammo ad apparecchiare ed a portare i piatti a tavola. L'atmosfera era diventata più piacevole una volta che ci fummo ambientati al nostro nuovo stile di vita. Mangiammo accompagnando le portate con un po' di chiacchere e storie, soprattutto di zio, e alla fine del mio dessert al cioccolato chiesi dove potevo trovare un negozio di dischi ed una libreria. "Samantha, qui la libreria vende anche i dischi e CD. Guarda, dopo aver svoltato a destra giri l'angolo e la dovresti trovare sulla sinistra." e dicendo quest'ultima frase si mise a mimare le indicazioni appena enunciate con movimenti delle mani. Lo ringraziai e mi alzai da tavola congedandomi dicendo che andavo a riordinare la mia futura camera dopo sarei andata alla libreria. Mi avviai su per le scale con cautela giusto per godermi ancora un po' di chiacchere. "Allora, visto che se n'è andata possiamo parlare delle cose da veri adulti." sentii mio fratello. "Ehi!" gli gridai dalla cima delle scale e non tardai ad aggiungere con fare teatrale:" Che mafia è mai questa... un complotto contro una povera ragazza innocente!" Mentre facevo questo intervento scesi le scale "Lo sapevo che origliavi." Sentì le risate di mio zio levarsi dal salone fino alle mie orecchie. "Stai tranquilla, non ti escludiamo da nulla di importante. Vai a sistemare che domani avremo ospiti!" Mi incuriosì, ma non abbastanza da tornare indietro a chiedere chi sarebbe venuto e andai a mettere in ordine la mia nuova camera.
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Hey! Eccomi con un nuovo capitolo ed un mucchio di ritardo, come sempre insomma. Spero vi sia piaciuto. Io ci ho provato, comunque vada. Vi lascio alle vostre faccende ed anch'io torno a faccendare. Al prossimo capitolo.
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Quella stella che puntava verso ovest
Fantasía«Ma non è una stella. Guarda, è una stria lasciata da un areo.» e mi rigirai verso di lui«Sam la saputella. Saprò pure io il fatto mio, non credi?»