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Jade 

Però sotto sotto qualcosa le manca
-Crudelia
Marracash

(nuovo)

E ogni mattina mi sveglio allo stesso modo, sorrido e muoio dentro, provando a non pensare a quel che è successo nel giro di due anni. 
Chi mi vede da fuori può pensare che io sia apatica e stronza, ed effettivamente è come mi faccio vedere dalle persone che non mi conoscono, o almeno ci provo. 
Probabilmente in questo periodo nemmeno mia madre e mia sorella riescono a capire cosa sto provando e come mi sto sentendo, anche se si sforzano sempre ad aiutarmi.
Mi alzo dal letto e provo con tutte le forze a non guardare quelle foto di noi, attaccate su quella piccola parte del muro.
Ma ogni misera volta fallisco, e il mio sguardo finisce sempre lì. Ci guarda insieme...e sento una fitta al petto.
Alzo la testa verso l'alto e cacciando un sospiro profondo mi faccio forza.

<<Buongiorno tesoro>> mi accoglie mia madre una volta arrivata in cucina.
<<Buongiorno>> sorrido e saluto anche mia sorella che ci ha raggiunte, e viene a darmi un bacio sulla guancia.
<<Ragazze devo parlare con voi>> ci annuncia la donna davanti a noi.
Io e mia sorella ci guardiamo per poi parlare insieme <<Va bene>>
<<Rosa ci puoi lasciare un secondo da sole?>> mia madre parla con la donna delle pulizie che sorridendo annuisce ed esce dalla stanza.

Lo sguardo di mia madre torna su di noi, caccia un sospiro ed inizia a parlare.
<<Come ben sapete io e vostro...padre, avevamo un azienda molto grande a Los Angeles, ma da quando tu sei nata>> guarda me <<siamo tornati qui, anche per avvicinarci ai nonni e avere un aiuto, e ci siamo rimasti per diciassette anni, però ora è arrivato il momento di tornare lì. Così potrò rimettere in ordine quel posto>> rimango in silenzio per un attimo.
<<In poche parole ci dobbiamo trasferire?>> chiede mia sorella per tutte e due, dato che dalla mia bocca non esce nemmeno mezza parola.
<<Bhe..si, spero che non vi arrabbiate ma->>
<<Mamma non preoccuparti, è per lavoro, io e Bea sappiamo com'è...forse abbiamo bisogno di cambiare aria>> la blocco dal parlare e le accarezzo il dorso della mano.
Mia sorella ha uno sguardo un po' triste, probabilmente non vuole lasciare la sua migliore amica, e mi dispiace per lei.
Io non so se starò meglio a Los Angeles, oppure se il dolore si farà ancora più forte allontanandomi, in qualche modo, da lui; ma devo andare via e provare a stare bene...di nuovo.
Apparte per lui non sono poi così preoccupata di lasciare questa scuola, qui non ho un gruppo di amici con cui sto sempre insieme.
Mi conoscono tutti a scuola per il lavoro di mia madre e forse anche un po' per come sono fatta, mi faccio sempre riconoscere, e mi piace avere l'attenzione delle persone che mi circondano. Anche sei in questo ultimo periodo preferivo non essere notata.

Quando mio padre è morto, è li che ho capito che nessuno di quelli che chiamavo "amici", teneva a me. Apparte lui che ci è sempre stato ogni volta che avevo delle crisi, nelle risate e nei pianti. Nelle giornate più buie, fino a quelle più luminose.
<<Bene, grazie per avermi capita>> ci sorride con amore <<partiremo questa sera, andate a preparare le valigie>> si alza dallo sgabello della cucina e va di sopra.
<<Non voglio lasciare Camilla>> mia sorella si avvicina di scatto e mi abbraccia, sussurrandomi all'orecchio, e so perfettamente che un parte di lei non vuole lasciare la sua migliore amica, e l'altra parte invece è euforica di visitare un'altra città. La conosco fin troppo bene.
<<Lo so Bea>>le rispondo semplicemente.
Dopo un po' ci stacchiamo dall'abbraccio e decidiamo che è arrivato il momento di iniziare a preparare le numerose valigie che dobbiamo fare.

Mentre salgo in camera chiamo delle signore che sono in casa per farmi aiutare. Tra queste arriva anche Rosa, ci ha sempre aiutate e io la conosco da quando sono piccola. Ormai fa parte della famiglia e io le voglio bene, anche se è una dipendente.
I miei genitori ci hanno sempre dato tutto quello che ci serviva per stare bene, in poche parole non ci hanno mai fatto mancare nulla e per noi ci sono sempre stati, ma ci hanno anche insegnato il rispetto per le persone che lavorano per noi, e ad essere umili.Cosi siamo cresciute io e mia sorella.
<<Signorina Jade, la devo aiutare?>> Rosa arriva con la divisa e un sorriso sempre bellissimo sulle sue labbra sottili e allungate.
È da diciassette anni che le dico di chiamarmi solo con il mio nome, ma lei è abituata così, e ormai ci ho perso le speranze. Sorrido e le dico di sì, così iniziamo a cacciare fuori le valigie e togliere le mie cose dalla cabina armadio. Una volta finito andiamo nella sala da pranzo per mangiare, preparato da mia madre dal momento che le dipendenti stavano aiutando me e mia sorella a fare le valigie e pacchi da portare nella nuova casa.Concluso il pasto Beatrice esce per fare un giro con la sua migliore amica, ed io rimango a casa per finire di preparare le ultime cose.

𝑺𝒐𝒕𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒂𝒍𝒆𝒅𝒆𝒕𝒕𝒂 𝒑𝒊𝒐𝒈𝒈𝒊𝒂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora