Impossibile

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Fare l'avvocato è difficile, fare il professore è difficile, ma fare il Presidente è ancora più difficile. È una frase ovvia, non bisognerebbe neanche ragionarci su. In quei mesi lo hai compreso bene, ormai è passato quasi un anno, e, a forza dell'abitudine, trovi quasi strano sentire le persone pronunciare il tuo nome di battesimo e non il tuo nuovo e altisonante titolo. Presidente.

Ormai ti sei creato una tua quotidianità, nonostante i giorni non siano mai uguali, mai gli stessi.

Presidente.

La persone nei corridoi ti salutano con stima al tuo passaggio, si fermano, ti sorridono e ognuno di loro conta di avere un tuo accenno, un tuo saluto, anche solo una tua piccola attenzione. Ed è quasi appagante, poiché nutre il tuo ego, la tua autostima, in una maniera che non credevi possibile.

Però, come ho detto prima, essere Presidenti è difficile, a volte impossibile. Quando accettasti quel ruolo, sapevi, in un certo senso, di star varcando una valle sconosciuta che in precedenza avevi tastato con estrema cautela, senza farti mai coinvolgere in quei sistemi complessi che fanno paura solo a parlarne. Sapevi che sarebbe stato difficile, ma non così, non in quel modo.

In quei mesi i giornalisti hanno provato in molti modi di farti cedere e mostrarti nella tua vera essenza, per avere un'esclusiva sulla tua reale natura politica, sulle tue opinioni in questione a qualsiasi cosa; ma quando sei il principale mediatore tra due forze politiche così differenti, tali da sfiorare gli antipodi, l'unica cosa che ti rimane è la neutralità. Neutrale come la Svizzera. Quasi smetti di esistere. Perché tu sei il Presidente e il tuo lavoro lo devi fare bene, devi proteggere il Governo ad ogni costo, così come gli interessi di entrambi i partiti.

Ma come si fa a pensare agli interessi quando si parla di essere umani? Di fragili vite? Di persone come te e noi? Come si fa?

Come si fa a trarne della becera propaganda da ciò?

Te lo chiedi costantemente, te lo chiedono costantemente e quasi sfuggi perché ne provi vergogna tu stesso, come se tu fossi distante da quelle strampalate dinamiche che ti si parano davanti. Non è a te che dovrebbero chiedere, pensi, eppure in quello sporco teatrino ti stanno obbligando a metterci la faccia, ad entrarci con tutte le scarpe.

A volte ripensi alle parole dette alla Merkel, quasi sussurrate, mentre ve ne stavate appoggiati al bancone di un locale a bere come due amici da una vita. A quelle parole ci credevi sul serio e ci credi ancora.

"Fosse per me, donne e bambini li prenderei con l'aereo, li salverei io stesso."

Lei sorrideva e annuiva, ma tu dicevi sul serio, lo avresti fatto sul serio e ci hai provato, ma davanti a te hai trovato solo minacce e ricatti; ed è qui che risiede la più grande difficoltà, perché neanche la più grande sofferenza risveglia le coscienze, anzi, essa sembra renderli ancora più ciechi e sordi. Per questo rimani solo. Lavori come un matto e sei comunque solo.

La sera fai persino fatica a pregare, poiché l'ipocrisia ti attanaglia, ti strazia; stringi il rosario tra le dita e al terzo Padre Nostro hai già abbandonato tutto perché ogni parola ti sembra sofferta. Neanche la fede ti consola, eppure c'è chi di essa ne fa una bandiera da sventolare come stendardo, con falso orgoglio, per trarne consenso politico; e ciò ti fa rabbia, ti fa fremere come non mai, perché ferisce le tue stesse convinzioni, i tuoi stessi principi e ti fa sentire stupido un po' come quella persona che tanto detesti.

E nel frattempo i giornalisti continuano a fare domande e tu continui a schivarle come fossero pallottole, ripetendo che quella è la linea del tuo Governo, un Governo che rappresenti ma che non ti ha mai rappresentato, che sembra contare più cose sbagliate che giuste, nel quale i litigi sono all'ordine del giorno e dei quali ne devi essere costante cuscinetto.

Cavolo se è difficile essere Presidente, è impossibile! È stancante! I giornalisti non hanno la benché minima idea di cosa davvero succede all'interno di quelle stanze, del reale conflitto che serpeggia tra i partiti, tra i ministri, passando per i capi di gabinetto fino a coinvolgere i semplici funzionari ministeriali; è una guerra continua, incessante, e tu sei nel mezzo, sempre. E ne è valsa davvero la pena? La risposta già la sai, ma la butti giù come si fa con la saliva, tra rimorsi e bocconi amari, spegnendo ogni tipo di protesta. Sei consapevole che non c'è più morale in quello che fai, non c'è mai stata, sia nei tuoi silenzi, che nelle tue azioni, soprattutto nel tuo essere involontariamente complice. Non è così che vorresti essere ricordato, te lo ripeti ogni giorno. Non vuoi che il tuo nome venga accostato allo scempio disumano perpetrato da chi ti sta vicino e che continuamente fa orecchie da mercante. Non vuoi, ma nel silenzio subisci, perché sei il Presidente, che vale tutto e che, in realtà, non vale nulla. Asettico, neutrale, fantasma. Nulla.

Fare il Presidente non è difficile, è praticamente impossibile.

Uno straniero a PalazzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora