Essendosi svegliati presto, e avendo fatto l'amore di nuovo, si riaddormentarono sfiniti. Ethan fu svegliato dai rumori che provenivano dalla cucina, e dal profumo di cibo, che si stava spargendo per tutto l'appartamento. Si stiracchiò più volte, malgrado la notte appena passata, non si era mai sentito tanto bene in vita sua. Aprì lentamente gli occhi mettendosi supino, li richiuse pensando a quanto era accaduto, era stato stupendo, Mark era un amante eccezionale, oltre ad essere un compagno pieno di iniziativa. Sì, perché oltre al sesso sublime, si erano divertiti. Un sorriso ebete gli si stampò sul viso.
«Un penny per i tuoi pensieri.» sussultò, Mark, con addosso i pantaloni della tuta e una semplice maglietta bianca, era appoggiato allo stipite della porta e lo osservava.
«Da quanto sei lì?» gli disse stringendo gli occhi a mo' di rimprovero.
«Mmm, vediamo, da abbastanza tempo. Tanto da poter indovinare a cosa pensavi.» Ethan si sollevò, appoggiandosi sul fianco e sostenendosi con un braccio.
«Ah sì?! Allora illuminami, mister arroganza.» Mark gli sorrise sedendosi al suo fianco.
«Dunque, vediamo... quando ti sei stiracchiato più volte sorridevi, perciò stavi pensando a quanto ti sentivi bene. Poi ti sei messo supino, e potrei scommettere che stessi pensando a che amante straordinario avevi avuto dentro a questo letto.» Ethan indispettito non voleva dargliela vinta così facilmente.
«Sul fatto che io mi sia svegliato rilassato e di buon umore, potresti anche avere ragione, ma sulla seconda parte, mi spiace per il tuo ego smisurato, ma no, non stavo pensando a quello.» Mark si avvicinò baciandolo lentamente sulle labbra, senza farsi spazio con la lingua.
«Per fortuna non ci ho scommesso dei soldi, allora. Strano però, ne ero convinto, visto il modo con il quale la tua mano scendeva lentamente ad accarezzare la gola e il torace...» avvampò diventando color ciliegia.
«Forse per un secondo ho anche pensato a quello...» Mark gli catturò la bocca, che questa volta fece sua con un bacio lungo e passionale.
«Non mentirmi, sono molto osservatore. Vestiti tra dieci minuti al massimo il pranzo è pronto.» lo baciò di nuovo a stampo e sparì per ritornare in cucina. Ethan si buttò sul letto spalancando le braccia, quello era un osso duro. Come avrebbe fatto a nascondergli tutto il resto?! Il pensiero successivo fu ancora più terribile, forse non ce ne sarebbe stato bisogno, visto che non sapeva ancora cos'erano diventati. Amanti? Scopamici? E lui come doveva comportarsi? Dio come avrebbe voluto avere più esperienza in relazioni! Si alzò rendendosi conto che le sue gambe faticavano, e di molto, a reggerlo. La schiena era distrutta e gli bruciava il sedere, e non poco! Arrivò in cucina, il piccolo tavolo era apparecchiato per loro due, in modo sobrio. Si emozionò, quella parvenza di famigliarità era qualcosa di totalmente nuovo per lui.
«Siediti.» Mark si sentiva un toro, non provava quel tipo di emozioni da quando... non si era mai sentito così! Non gli era mai capitato nella vita di provare un desiderio così profondo, tanto appagante da non riuscire più a smettere. Fosse stato per lui, dopo pranzo lo avrebbe scopato di nuovo e poi ancora, al solo pensiero il suo cazzo ricominciava a indurirsi. Aveva preparato qualcosa di semplice ma molto nutriente, avevano bisogno di recuperare.
«Spero ti piaccia, frittata di zucchine al forno con contorno di funghi trifolati.» Ethan si avventò letteralmente nel piatto. Non si era reso conto di quanta fame avesse.
«Pensavo...» gli disse Mark mentre gli riempiva il bicchiere di vino rosso, attirando la sua attenzione.
«La prossima notte, la passiamo da me o da te?» ci aveva pensato, a lungo, voleva affrontare subito l'argomento, non dovevano esserci nubi o fraintendimenti. Lo voleva, voleva stare con lui, ma se non fosse stata una cosa reciproca, era meglio per entrambi troncare tutto sul nascere.
«Mark, io non so cosa tu prenda, ma non penso di poter reggere due notti consecutive con questo ritmo.» gli rispose Ethan scuotendo la testa.
«E chi ti dice che ti voglia scopare anche la prossima notte? Potrò passare la notte con il mio ragazzo a guardare Netflix o no?» BOOM! Buttata la bomba, riprese a mangiare guardando la sua reazione sottecchi. Reazione che non si fece attendere. Ethan appoggiò, beh, sarebbe meglio dire lasciò cadere la forchetta nel piatto. Il suo cuore aveva preso un ritmo asincrono. Appoggiò la schiena sulla seduta.
«Quindi io sarei il tuo ragazzo...ora?» Mark lo guardò sorridendo di sbieco.
«Il mio ragazzo, il mio amante, il mio "quello che vuoi", la cosa importante è che io voglio te e tu vuoi me, e per la cronaca, non ti ho solo scopato la notte passata, a me è tipo, sembrato di fare l'amore con te, o non conosci la differenza?» Ethan scoppiò a ridere, quella era felicità? Lo tirò per la manica, avvicinandolo per catturare le sue labbra, che sapevano di frittata e di Mark.
«Per la cronaca, me n'ero accorto, ma con te non so mai cosa pensare.» il modo sensuale in cui lo fece e le sue fossette, accesero di nuovo l'interruttore "Marksessoduro", ma non poteva, aveva visto, da come camminava, che la notte passata aveva lasciato qualche strascico, ci teneva che fosse in forma il suo Ethan.
«Mangia, altrimenti mangio te.» Il tono della sua voce, era stato volutamente minaccioso, e aveva sorpreso Ethan che si era scostato immediatamente, non voleva certo essere lui la causa del risveglio della belva!
Il telefono di Ethan emise un trillo, era un messaggio e, revisionando mentalmente chi poteva essere, nessuna delle opzioni era piacevole, lo avrebbe guardato dopo. Pochi secondi dopo trillò nuovamente.
«Non guardi chi è?» prese un'altra porzione di frittata.
«No, nulla che non possa aspettare, e comunque il mio socio è quello di turno questa domenica.» ma il telefono non smetteva di trillare. Lo estrasse dalla tasca dei pantaloni, erano due, uno di Vinnie e uno di Loran.
«Puoi scusarmi un attimo?» gli disse mentre si portava nell'altra stanza per chiamare Loran.
"Ciao zia!" disse Ethan appena sentì Loran rispondere.
"Dove cazzo sei finito!" non poter inviarlo a quel paese era una vera tortura per Ethan, ma sarebbe stato alquanto strano mandarci la zia.
«Scusa tanto zia! Stavo mangiando, ti avrei richiamata appena possibile. È urgente?» Loran era furioso, voleva sapere a tutti i costi dove fosse per chiamarlo zia!
«Con chi sei.» no non gliel'avrebbe detto.
«A casa zia, ti spiace se ti richiamo dopo?» Loran imprecò a bassa voce.
«Non importa. Domani pomeriggio voglio che porti il tuo culo al poligono, sono stato chiaro "nipotino"?!» Ethan si morse un labbro, sperava di poter rimandare ancora una volta, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo.
«Ok, ti ringrazio di avermelo riferito. Ci sentiamo allora.» chiuse la chiamata e diede un'occhiata al messaggio di Vinnie. Era un nuovo appuntamento, per il venerdì successivo.
Mark nel frattempo aveva messo in tavola la frutta, si sedette nuovamente. Gli porse metà del suo mandarino, odiava i mandarini, ma fece uno sforzo.
«Da parte di padre o di madre?» Ethan lo guardò senza capire di cosa stesse parlando.
«La zia...» "oh cazzo" pensò Ethan, non poteva abbassare la guardia con lui.
«Zia Loren, sorella di mio padre.» rispose senza indugi, non sarebbe più capitato che lo trovasse impreparato.
La domenica passò in un lampo e verso sera si spostarono nell'appartamento di Ethan. Ordinarono la pizza che mangiarono, come aveva promesso Mark, seduti sul tappeto mentre guardavano un film. Verso le dieci Ethan lo spedì letteralmente a casa dopo averlo baciato a lungo, aveva bisogno di rimanere solo, addusse la scusa di essere distrutto e che, il giorno dopo, dovevano entrambi andare al lavoro.
Ethan andò effettivamente allo studio veterinario la mattina, ma alle quindici spaccate era all'ingresso del poligono.
«Hey, guarda un po' chi c'è qui J.J.!» il vecchio Antony era sempre lì al suo posto, in armeria, aveva un nuovo aiutante, sicuramente una matricola, alla quale avrebbe fatto sputare sangue, fino a che non fosse riuscito a smontare e rimontare un'arma a occhi chiusi.
«Mi dai le mie pistole?» gli chiese mentre iniziava a compilare il modulo.
«Matricola! Vai a prendere le armi a J.J., numero 17 e 18.» urlò, facendo scattare il ragazzo.
«Guarda guarda chi abbiamo qui! Ancora ti alleni J.J.? Ma tanto a che serve, quando è il momento non spari!» Antony gli sibilò di non reagire, ma era un secondo dopo che le sue gambe lo avevano portato di fronte a quello sfigato di R.J, precisamente a due millimetri dalla sua faccia.
«Che cazzo hai detto R.J.?» Ethan non si sarebbe fermato, non questa volta.
«Ho detto... che non serve ai vigliacchi saper sparare, se poi non lo fanno al momento del bisogno.» le mani gli fremevano, voleva tanto spaccare la faccia a lui e a quei quattro stronzi del suo dipartimento che continuavano a provocarlo!
«Non ti temo J.J., a meno che tu non ti stia avvicinando per mettermi la lingua in bocca.» come un bisonte inferocito lo prese per il collo sbattendolo al muro.
«J.J.! R.J.! FINITELA, ORA!» la voce impetuosa di Loran irruppe nell'armeria. Jake non lo lasciava e la faccia di R.J. era diventata paonazza.
«Jake! Ti ho detto di lasciarlo subito, cazzo!» sbuffando come un cavallo, Jake tolse la mano dalla sua gola allontanandosi di qualche passo. Loran si frappose tra loro rivolgendosi a R.J.
«Cosa ti avevo detto Ron? Ripetilo!» senza smettere di fissare Jake, ripeté quella che era stata la consegna di Loran.
«Non ti avvicinare al poligono domani...» Loran lo fulminò con lo sguardo.
«Ora dammi una sola buona ragione per cui tu sei al poligono oggi.» Ron strinse i pugni.
«Immaginavo che ci fosse J.J.» Loran serrò gli occhi scuotendo il capo.
«Sparisci di qui immediatamente, siccome sei stato sincero ti sospendo solo per un giorno, domani non voglio vedere la tua brutta faccia. Disubbidisci a un mio ordine un'altra volta e il giorno diventerà una settimana. Sono stato chiaro?» Ron annuì, con un gesto perentorio Loran gli indicò l'uscita, e poi si voltò trovandosi faccia a faccia con Jake.
«Reagisci un'altra volta in questo modo e ti tolgo il caso!» gli sibilò a un millimetro dalla sua faccia. Jake stava per controbattere, ma lo sguardo furente del suo capo lo fece desistere, ritornò da Antony a ritirare le pistole.
«Postazione 4 figliolo.» gli disse Antony, porgendogli le armi. Mentre gliele consegnava, diede un paio di colpetti con le sue grandi e vecchie mani sulle sue.
«La maggioranza di noi crede alla tua versione, lo sai. Non farti rovinare la carriera da quelle teste calde, va e fammi vedere che sai fare.» gli sorrise. Il rumore assordante dei colpi, insieme all'inconfondibile odore di polvere da sparo gli arrivarono dentro con potenza, gli mancava sparare, gli mancava davvero e, incazzato com'era, avrebbe fatto punteggio pieno. Prese in mano la sua GLOCK 17 Parabellum, avrebbe iniziato con quella, per poi passare all'altra, la GLOCK 26, la sua pistola di scorta. S'infilò le cuffie e gli occhiali. Portò la sagoma al massimo punto di lontananza. Sgombrò la mente da ogni pensiero, c'erano solo lui, la sua pistola e quel bastardo dell'omino bianco laggiù sul fondo. Dieci al cuore. PAM! PAM! PAM! Dieci colpi, uno di seguito all'altro, senza sosta, senza nessun tentennamento. Mise la sicura e appoggiò la pistola recuperando la sagoma.
Cento. Ricaricò la pistola; dieci alla testa. PAM! PAM! PAM! Di nuovo dieci colpi, uno di seguito all'altro. Appoggiò la pistola, recuperò la sagoma, di nuovo cento. Due braccia che conosceva benissimo s'inserirono tra lui e la sagoma.
«Ottimo J.J.! Ti faccio mettere la sagoma in movimento, andrà bene.» per un secondo gli occhi del capitano inchiodarono i suoi, ricordandogli cosa fossero, gli si strinse il cuore, pensando a cosa avrebbero potuto diventare.
«Dobbiamo parlarne Jake, ti prego.» gli disse in un sussurro, finse deliberatamente di non avere sentito, non era pronto e forse non lo sarebbe mai stato. Alzò il pollice per dare il via alle sagome e concentrò lo sguardo davanti a sè. PAM! PAM! PAM! Non aveva ucciso nessuna vecchietta, nessuna donna incinta, nessuno che non fosse un delinquente. Ma ne aveva sbagliato uno. Ne aveva sbagliato uno. Lottò contro l'attacco di panico che sentiva salire feroce dalle sue viscere. Ne aveva sbagliato uno.
«J.J.! Sapevo che eri tu!» Jessica, una delle poche donne del loro dipartimento, si affacciò alla sua postazione.
«Hey.» Jessica aveva un talento speciale, l'empatia. Sparì nella sua postazione portandogli i suoi risultati.
«Tre, ne ho sbagliati tre. Non.è.stata.colpa.tua.» scandì quell'ultima frase trattenendolo per un braccio. Poi continuò.
«Ho una cosa da darti da parte di Hope.» gli infilò qualcosa nella tasca e lo abbracciò.
«Ci manchi al distretto, davvero. Spero che questa missione finisca presto.» tutti sapevano che era in missione sotto copertura, ma nessuno, tranne Loren, sapeva quale fosse la missione. Le scompigliò i capelli e la guardò sparire dietro la parete divisoria. Recuperò i suoi "uomini morti", si tolse le cuffie e gli occhiali, e si avviò all'uscita.
Mark aveva lasciato casa di Ethan verso mezzanotte, appena mise i piedi dentro il suo appartamento si rese conto di quanto fosse stanco, si buttò sul letto addormentandosi poco dopo. Quando la sveglia suonò, era consapevole di avere dormito ininterrottamente, era riposato e sorridente. Recuperò il fascicolo che gli aveva dato Art a Londra, voleva analizzarlo il prima possibile, prima che diventasse un problema per la società.
Per il resto, la vita aveva un nuovo sapore, quello di Ethan. Sapeva che il suo bel veterinario avrebbe avuto una giornata molto impegnativa, gliel'aveva detto la sera prima, non voleva che si preoccupasse nell'eventualità che non avesse potuto rispondergli. Si accorse di stare tormentandosi il labbro inferiore, pensare a lui implicava ricordare le innumerevoli volte in cui era già stato suo, e fantasticare sulle prossime volte in cui lo avrebbe avuto. Quell'uomo aveva risvegliato in lui la passione, il desiderio e qualcosa di molto simile all'affetto. Era indubbiamente innamorato di lui, sperava con tutto il suo cuore che quel rapporto potesse crescere, voleva amare ancora. Una cosa che fino al mese prima neppure si sarebbe permesso di pensare. La vita da, la vita prende, difficilmente da due volte.
«Bentornato capo!» Telma venne a distrarlo dai suoi pensieri, che per quell'ora mattutina stavano diventando fin troppo profondi.
«Ciao bambina!» lei fece una faccia buffa, Mark era troppo allegro, chissà perché le venne in mente il bel vicino.
«Hai qualcosa di urgente da farmi fare o posso continuare con il mio lavoro?» Mark, avrebbe volentieri usufruito della sua impiegata preferita, per dipanare la difficile matassa della Eastwood Quick ltd, ma non poteva, almeno fino a che, non avesse avuto la certezza di non coinvolgerla in un affare sporco o pericoloso.
«No, non ho nulla per te, per ora...» gli posò un caffè in tazza "venti" (Nda quelli di Starbucks) sul tavolo.
«Se hai bisogno sai dove trovarmi.» la guardò uscire dalla stanza, pensando che doveva aumentarle lo stipendio. L'esame della società, come si aspettava, si rivelò un lavoro impegnativo. A metà del pomeriggio, però, era riuscito a trovare tutti i collegamenti, e la situazione che ne era uscita non gli piaceva per nulla.
La Eastwood Quick ltd, era stata fondata pochi anni prima, di fatto era attiva da poco più di un anno. Il socio di maggioranza e amministratore era un certo Vinnie Rivera, ma quello che aveva attirato la sua attenzione era il socio di minoranza che, pur non avendo nessuna carica nella società, aveva investito un grosso capitale. Eh già, perché questa società aveva un capitale impressionante, se paragonato a tutte quelle che fornivano i medesimi servizi. Vinnie Rivera era un immigrato cubano e, per quanto risultasse dagli archivi, un cittadino modello. L'altro socio, Svetlana Novirkov, invece era socio minoritario in una miriade di altre aziende, sparse per tutto il paese. Era certo che quella fosse la direzione da seguire, per capire cosa ci fosse davvero sotto. Ma anche lei, alla fine era risultata pulita. Doveva andare più a fondo, ma non poteva certo farlo con i mezzi che gli metteva a disposizione la sua azienda, doveva chiedere aiuto al suo amico Akashi. Inviò la solita mail.
"Spettabile società,
Vi invitiamo a contattarci, il Vostro preventivo è stato approvato.
Cordiali saluti
Mark Cook"
Ora doveva solo aspettare. Si sarebbe fatto vivo lui, non conosceva il suo vero nome né qualsiasi altra notizia che potesse farlo riconoscere. Non sapeva neppure come fosse fatto. Da quel momento, avrebbero comunicato tramite una casella postale che era intestata a lui, e si trovava in un supermercato aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Avrebbe risposto a questa mail solo se avesse accettato di prendere in carico il lavoro. Salvò tutte le ricerche che aveva fatto su una pen-drive, che depositò nella cassetta del supermarket mentre ritornava a casa. Cercò di fare il prima possibile, non vedeva l'ora di rivederlo.
Mentre riconsegnava le armi a Anthony, guardò l'orologio che era appeso alle sue spalle; segnava le diciotto e trenta, sarebbe arrivato a casa abbastanza presto, era la serata giusta per poter lavorare un po' al caso. Sperando che il suo ragazzo non avesse altri progetti! Il suo cuore accelerò, non si sarebbe mai abituato a pensare a lui in questi termini. Una mano si posò all'improvviso sulla sua spalla, mentre stava firmando il registro delle presenze.
«Una birra?» si voltò, trovandosi gli occhi di Loran a pochi centimetri.
«Io, non penso sia una buona idea.» gli rispose sottovoce. Per tutta risposta Loran, appena vide che aveva finito di firmare le scartoffie, lo prese per un braccio trascinandolo con lui. Jake attese che fossero fuori per liberarsi con uno strattone.
«Pensavo che avessi capito cazzo! Non ho intenzione di ascoltare le tue stronzate Loran!» Loran si avvicinò pericolosamente.
«Perché? Preferisci ascoltare le cazzate di Cook? E dimmi, quando te le dice, prima o dopo avere infilato il suo uccello nel tuo culo?» lo teneva sotto sorveglianza!? Questa consapevolezza improvvisa gli fece salire il sangue agli occhi. Si avvicinò ancora di più, i loro toraci quasi si sfioravano.
«Mi fai sorvegliare?! Non hai nessun diritto di farlo!! E per la cronaca, chi mette l'uccello nel mio culo lo decido io, e di sicuro non sarai più tu. Perciò fattene una ragione O'Reilly!» il fuoco negli occhi di Loran si spense improvvisamente, lasciando il posto al suo solito sguardo indecifrabile.
«Stai attento Jake, quel Cook non è quello che sembra.» Jake abbassò il capo scuotendolo ripetutamente.
«Ti aspetto mercoledì in studio. Portami tutto quello che avete trovato su quel nome che ti ho detto. E, ti prego, lasciami vivere la mia vita, smettiamo di farci del male.» Loran gli sollevò il mento con le dita, mentre con l'altra mano gli fece una lenta carezza sulla guancia.
«Non posso, so di avere sbagliato tutto con te, voglio solo rimediare, voglio una possibilità. So che ora non vuoi neppure parlarne, ma J.J., ti prego, pensaci. Ti chiedo solo questo, pensaci.» Jake gli afferrò i polsi, interrompendo quel contatto sgradevole.
«Ho bisogno di vivere la mia vita, lontano da te.» fece un paio di passi indietro, poi si voltò allontanandosi lentamente. Alzò il cappuccio della giacca, aveva bisogno di coprire il viso, nessuno doveva vedere il suo volto rigato dalle lacrime. Mentre viaggiava, in un angolo appartato del vagone della metro, scrisse un messaggio a Mark.
Ethan – Hey, sei già rientrato? – Mark si sorprese piacevolmente, nel constatare che l'avesse cercato lui per primo.
Mark – No, ne avrò ancora per un'oretta o poco più, cinese? – Ethan doveva fare un'infinità di cose e, soprattutto, aveva bisogno di riflettere.
Ethan – Sono esausto, ti dispiace se per questa sera non ci vediamo? – era da tutto il giorno che Mark aspettava di rivederlo, questa era una cosa che non aveva messo in conto.
Mark – Se ti prometto che dopo cena mi ritiro nei miei appartamenti? – avrebbe dovuto spiegargli il perché del suo pessimo umore e questo proprio non gli andava, visto che avrebbe dovuto propinargli un'altra serie di fantasiose bugie.
Ethan – Non è di te che non mi fido, è di me! Davvero, sarei una pessima compagnia... domani sera prometto che mi farò perdonare! – Mark capì che non era il caso di insistere, ma doveva almeno vederlo.
Mark – Cedo solo se quando rientro passi a salutarmi, solo un bacio e poi te ne torni a casa, ok? – Ethan sorrise, un bacio poteva concederglielo.
Ethan – Passa tu appena rientri, vedrò di ricordarti cosa ti aspetta domani sera. – Mark rispose con una serie di emoji bavose e alcune che ridevano a crepapelle.
Appena mise piede nel suo appartamento Ethan si precipitò in bagno, la doccia lo rilassò, ma non riuscì a togliersi di dosso la tensione accumulata durante quella giornata infernale. S'infilò una tuta e accese il computer. Tolse dalla tasca la lettera che gli aveva dato Jessica e la spiegò sulla scrivania, l'avrebbe letta dopo, sempre che avesse racimolato il coraggio necessario. Andò in cucina e estrasse dal freezer una porzione di maccheroni al formaggio, che inserì nel forno a microonde. Si scolò una bottiglia di succo di arancia e, proprio in quel momento sentì il campanello della porta.
«Ciao veterinario distrutto.» Ethan non poté fare a meno di mordersi il labbro inferiore, quando lo vedeva in tenuta da lavoro, con anche il gilet in tinta, gli veniva voglia di strappargli i vestiti.
«Ciao sexy contabile.» Ethan gli prese la cravatta e, dopo averla arrotolata su una mano tirò verso di lui il suo uomo. Mark, che aveva visualizzato le sue labbra innumerevoli volte, durante quella giornata, pensò che la realtà continuava a superare di gran lunga qualsiasi fantasia. Ethan si staccò malvolentieri da lui, ma non poteva fare altrimenti. Mark gli prese una mano e se la portò alla bocca, baciandola più volte.
«Allora buona notte.» gli disse Mark mentre continuava a baciargli la mano.
«A domani...» Ethan ritirò la mano, persino un gesto così dolce riusciva ad accendere in lui pensieri lussuriosi. Lo spinse fuori dall'entrata.
«Ah, che vita crudele!» Mark, lo guardò come se l'avesse appena gettato sulla strada.
«Smettila, non mi impietosisci neppure se fai gli occhi da cucciolo. Ci vediamo domani.» gli fece l'occhiolino e chiuse la porta. Mark rientrò nel suo appartamento. Annusò le proprie mani più e più volte. "Polvere da sparo, indubbiamente.", l'aveva capito subito, appena aveva portato la mano di Ethan alle sue labbra. Quell'odore era inconfondibile, aveva imparato a riconoscerlo fin dalla prima infanzia, era l'odore delle mani di suo padre. Quando cresci con un cacciatore ci fai l'abitudine, ma ti rimane così dentro che se lo senti lo riconosci subito. Ora la domanda era, perché le mani di un veterinario dovrebbero avere l'odore di polvere da sparo? Mark sapeva che Ethan gli stava nascondendo qualcosa della sua vita, lo aveva percepito fin dal primo istante in cui l'aveva visto, ma era disposto ad attendere che fosse lui a parlargliene. Era convinto che, se una storia diventava importante, la confidenza sarebbe venuta spontaneamente, ma quell'odore di polvere da sparo, era una prova inequivocabile che aveva usato un'arma e, sinceramente, per quanto potesse sforzare la sua fantasia, non riusciva a trovare alcun giustificativo, al fatto che un veterinario ne avesse bisogno. Certo, poteva essere una di quelle persone a cui piace tenere un'arma, poteva essere andato ad esercitarsi a un poligono ma non gli aveva accennato nulla, nemmeno quando gli aveva chiesto cosa avesse fatto nel corso della giornata, perché non dirglielo? Ethan, non sospettò minimamente che il suo amante si fosse soffermato così a lungo a baciargli le mani perché aveva sentito odore di polvere da sparo, anzi lo aveva vissuto come un gesto tenero. Lo aveva messo di buon umore per quello che doveva fare. Senza indugiare ulteriormente, si sedette alla piccola scrivania, e iniziò con leggere la lettera che gli aveva consegnato la sua collega, era meglio partire dalla cosa più difficile.
Ciao Jake,
ormai sono mesi che non ci sentiamo e non ci vediamo. Loran mi ha raccontato tutto quello che è accaduto. Voglio che tu sappia che Steven ti avrebbe sostenuto contro tutti. Non mi interessa cosa dicono gli altri, io SO che tu avresti dato la tua vita per lui. Perciò non mettere in pericolo la tua di vita. Non hai nulla da dimostrare, tantomeno a quei quattro stronzi che nemmeno lo conoscevano così bene! Sei stato un grande compagno per Steven e un ottimo amico, le bimbe non vedono l'ora di rivederti. Ti vogliamo bene.
Hope
Non pianse, le sue lacrime le aveva già finite il giorno in cui lo seppellirono. L'unico compagno con cui fosse riuscito ad andare d'accordo, l'unico di cui si fidasse. Erano una squadra. Lui lo aveva scelto, quando nessuno lo voleva. Già, perché nessuno voleva stare con quello che era stato visto baciarsi con un uomo, il loro non era un ambiente nel quale ci si può dichiarare omosessuale e pensare che nulla cambi, infatti le cose erano cambiate, rapidamente e in peggio. Poi era entrato in squadra Steven, se l'era portato dietro il nuovo capitano, un certo Loran O'Reilly. Furono la sua condanna e la sua salvezza. Lui e Steven erano gli unici a sapere che il capitano era bisessuale, e Steven era l'unico a sapere di loro. Si erano fatti un nome, erano rispettati. Loran gli affidava spesso i casi più importanti, scatenando le invidie delle altre squadre. Quel giorno, quel maledetto giorno, erano a un passo dal risolvere un caso a cui lavoravano da mesi. Tutto era nato da una segnalazione di un loro contatto, aveva sentito che, un certo Vinnie Rivera, aveva messo in piedi un'agenzia di escort, tutti in giro si domandavano dove fosse riuscito a trovare i soldi, visto che era un povero diavolo. Inoltre, l'avevano visto parlare con un personaggio che tenevano d'occhio da molto tempo, Rocco Gentile. Era un pezzo grosso della mafia, ma nessuno era mai riuscito ad incastrarlo. Così iniziarono una serie di appostamenti. Rocco Gentile si incontrò ancora con Vinnie ma non solo. Scoprirono che era stato in Russia e, tramite i colleghi dell'Interpol, vennero a conoscenza che si era incontrato con Vladimir Smirnov, a capo di uno dei gruppi mafiosi più organizzati del paese. Steven, tramite il suo contatto, aveva organizzato un incontro con uno dei "picciotti" di Rocco, ci andarono insieme. L'incontro avvenne in un capannone dismesso, nella zona industriale. Gli fece ascoltare alcune conversazioni che aveva registrato. Era chiaro che quel giro di escort servisse all'organizzazione per altri scopi. O era un'enorme lavatrice, nella quale facevano confluire i soldi dei loro affari e li facevano uscire puliti, oppure quei soldi venivano guadagnati con la prostituzione. Erano infatti venuti a conoscenza che, Vinnie aveva un catalogo segreto, nel quale si poteva trovare di tutto, ma nessuno gli aveva saputo dire di più. Stavano per acquisire le prove che gli aveva portato, quando un proiettile bucò la fronte del loro contatto. Era buio, non riuscivano a capire da dove partissero gli spari, si erano riparati dietro a una colonna, Steven gli disse "coprimi", credevano di avere individuato da dove partissero gli spari, ma non era così. Steven cadde a terra nel momento in cui arrivarono i rinforzi. Jake gridava il suo nome, ma lui non rispondeva. Appena l'area fu liberata si gettò sopra di lui, ma era già morto. L'inchiesta stabilì che non aveva nessuna colpa, ma tutto l'odio che alcuni dei suoi compagni nutrivano nei suoi confronti, esplose di nuovo. Loran voleva togliergli il caso, ma fu irremovibile, lui doveva trovare i colpevoli e tutte le prove per fermare i loro crimini. Si era messo doppiamente in pericolo, qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo, ma non gl'importava. Lo doveva a Steven, a Hope e anche a sé stesso. Richiuse la lettera di Hope nascondendola nel cassetto della biancheria. Si collegò al computer per continuare le sue ricerche, scervellandosi per trovare una scusa per il sabato successivo, Vinnie gli aveva fissato un altro appuntamento, doveva trovare il modo di tenere buono Mark, era solo lunedì, aveva tutto il tempo di inventarsi qualcosa di credibile.
Ethan uscì presto quella mattina, non voleva incrociare Mark, non era dell'umore giusto. Malgrado avesse studiato tutta la notte le carte del suo caso, non riusciva ad arrivare a nulla. Inoltre aveva sognato Steven e poi Loran, si era svegliato angosciato e incazzato a morte con il mondo. Aveva l'agenda piena quel giorno all'ambulatorio, l'avrebbe aiutato a non pensare a nulla.
Anche Mark non aveva dormito bene quella notte, non riuscire a spiegarsi quell'odore di polvere da sparo era diventato un tarlo. Forse sarebbe stato meglio parlarne direttamente a Ethan, ma era combattuto dal timore di sembrare sospettoso nei suoi confronti. S'immerse nel lavoro scambiando con Ethan pochi messaggi, giusto per fargli sapere che era nei suoi pensieri. Quando era arrivata l'ora di andare a casa, decise, anche se forse era presto, di passare al supermarket, per verificare se Akashi gli avesse lasciato una risposta. Il tempo era pessimo, aveva parcheggiato l'auto nel parcheggio sotterraneo, premette sul telecomando, facendo scattare le sicure delle portiere della sua auto. Salì sistemandosi la cintura.
«Non.ti.muovere. Non.girarti. Mani.sul.volante.» qualcosa di metallico e pungente premeva al fianco della sua gola.
«Chi cazzo sei!» la reazione inconsueta fece ridere il suo aggressore.
«Quello che di solito ti risponde solo sì o no.» dopo un primo attimo di smarrimento, Mark capì.
«Akashi?!» la sua voce era metallica, con tutta probabilità era un distorsore vocale a renderla così.
«Mark, se mi prometti di non girarti, tolgo questo coltello dalla tua gola.» anche se la curiosità era tanta, non avrebbe messo a rischio una collaborazione così proficua per un suo capriccio.
«Puoi fidarti. Ma perché sei venuto qui di persona?» il coltello venne ritirato, sentì chiaramente che Akashi si era seduto comodamente nel sedile posteriore, dietro di lui.
«La questione questa volta non poteva essere risolta con un semplice sì o no. Ho ritirato subito il fascicolo e ho iniziato a fare le ricerche che mi hai chiesto. Ma mi sono fermato. Troppo pericoloso, anche per me.» Art ci aveva visto bene, evidentemente.
«Svetlana Novirkov. Il cognome è quello della madre, il suo è Popov, e questo potrebbe non dirti nulla. Ma se ti dico che Svetlana Popov è la moglie di Vladimir Smirnov, uno dei più potenti capi mafia russi? E sai quali sono i tipi di affari che cura per il gruppo di Vladimir?» no, non lo sapeva, ma era sicuro che lo avrebbe illuminato di lì a poco.
«Prostituzione ai massimi livelli. Tu chiedi e lei è in grado di fornirti ciò che cerchi. Non sto parlando di semplice prostituzione, mi spiego meglio: se tu hai il vizietto delle minorenni, lei non solo te le trova, ma se ne individui una o uno in particolare, lei te lo fa recapitare, con le buone o con le cattive, questo per lei non fa differenza, non hai idea di quanto possa venire a costare un minorenne vergine. In Russia, ha un giro ben oliato e, a quanto pare, con la copertura di questa società, sta espandendosi anche in America. È gente pericolosa Mark, priva di scrupoli, se accetti di seguire questa azienda non potrai che rimetterci.» doveva chiamare immediatamente Art.
«Merda, come posso fare per avere le prove di quanto mi hai detto se non mi aiuti!» sentì chiaramente il rumore della portiera che si apriva.
«Questa non è roba di cui posso occuparmi, se non riesci a scrollarteli di dosso ti rimane solo un opzione per restare pulito, devi rivolgerti alla CIA.» la portiera si chiuse. Resistette alla voglia che aveva di girarsi per guardarlo almeno una volta in faccia.
La giornata di Ethan non era migliorata per nulla, nel pomeriggio Vinnie gli aveva inviato la scheda del cliente di turno. Si trattava di un uomo di mezza età, dalla foto era evidente che il suo portafogli fosse stracolmo di biglietti verdi. Era un imprenditore in vista, e aveva fatto richiesta di cenare in un privé del suo club. Era già teso, quei privé spesso avevano una camera da letto annessa, erano in pratica dei piccoli pied-à-terre, anche se Vinnie aveva messo in chiaro che di solito lui non concedeva il dopo cena, era certo che quello ci avrebbe provato. Un brivido di disgusto lo percorse dalla testa ai piedi. In tutto questo Mark gli aveva inviato un unico messaggio, anche abbastanza secco. Aveva bisogno di farsi una bella doccia e, se il suo vicino non l'avesse cercato, ci sarebbe andato lui.
Mark arrivò a casa e, dopo avere gettato le chiavi sul tavolo della cucina, si precipitò in camera a prendere il telefono usa e getta che teneva per le telefonate delicate. Art ci mise un po' a rispondere, del resto a Londra la mezzanotte era passata da un pezzo.
«Pronto, spero sia importante...» Mark sospirò, gli dispiaceva di avere interrotto il sonno del suo ex suocero.
«Pardon Art, sono Mark. Ho importanti novità da comunicarti.» Art gli chiese di attendere, scese dal letto, cercando di non svegliare la sua consorte che, seppur dormiva nel letto accanto, non aveva mai un sonno profondo. Si diresse in cucina cercando di fare meno rumore possibile.
«Dimmi, ora possiamo parlare.» Mark gli espose quanto accaduto, e tutte le evidenze che lui stesso aveva riscontrato con le sue ricerche. Mentre parlavano Mark s'interruppe per andare ad aprire la porta di casa, dove qualcuno stava bussando insistentemente. Sorrise incrociando le pozze di ambra liquida che lo stavano guardando, gli fece spazio per entrare e sollevò l'indice per chiedergli ancora un minuto. Ethan chiuse la porta dietro di sé e lo seguì in camera. Mark era così concentrato nella conversazione con Art, da non far caso a quello che faceva il suo amante. Così Ethan si vide costretto ad attirare la sua attenzione. Si tolse le scarpe, lanciandole ai sui piedi, ma ottenne solo un breve attimo di attenzione. Così decise di continuare, si tolse il maglione, gettando anche quello ai suoi piedi. Mark sembrava non cogliere il segnale, ma Ethan non era un tipo che si lasciava scoraggiare facilmente. Si tolse la camicia e, questa volta, gliela lanciò direttamente addosso. Mark grugnì voltandosi verso di lui, la cosa stava iniziando ad infastidirlo. Ma quando lo vide cambiò repentinamente idea, il suo uomo a torso nudo, con i jeans a vita bassa, che facevano intravedere l'elastico dei boxer Kevin Kline, era quanto di più erotico ci fosse sulla faccia della terra. Finalmente aveva tutta la sua attenzione. Ethan slacciò il primo bottone dei suoi Levi's, il cazzo di Mark reagì all'istante, iniziando a premere sui pantaloni del completo. Ethan slacciò il secondo e il terzo bottone, felice di vedere quanto il suo uomo si stesse agitando, visto che si stava togliendo la giacca, ma ancora non mollava quel maledetto telefono, perciò slacciò i rimanenti due bottoni e fece scendere i jeans alle caviglie.
«Art, la linea è un po' disturbata, comunque abbiamo un accordo, giusto?» Art, dall'altra parte, avrebbe voluto continuare per un altro po' quella conversazione, visto che la cosa lo preoccupava e non poco.
«Ti contatto io domani Mark, fammi fare una telefonata prima di agire ok?» Ethan si era tolto i boxer rimanendo completamente nudo davanti a lui.
«Ci sentiamo domani, d'accordo... buonanotte Art.» chiuse la telefonata senza aspettare la risposta, e appoggiò il telefono sul comodino. Si alzò in piedi andando vicino a Ethan, senza sfiorarlo, a pochi centimetri da lui. Si allentò la cravatta, sfilandola poi dalla testa.
«Ti ho fatto arrabbiare?» gli chiese maliziosamente Ethan.
«No.» gli rispose Mark, mentre slacciava i polsini della sua camicia. Ethan alzò le mani per aiutarlo, ma Mark si allontanò.
«No, non toccarmi.» Ethan ritirò le mani e rimise le braccia ai fianchi, Mark si riavvicinò.
«Perché?» gli chiese Ethan, che moriva dalla voglia di toccarlo ovunque.
«Perché non ti sei lasciato spogliare da me, perciò ora faccio da solo.» Ethan fece una smorfia capricciosa, la camicia e le scarpe sparirono in quel momento, lasciando Mark con solo i pantaloni addosso.
«Girati e appoggia le mani sul comò» il comò aveva un grande specchio antico, gli avrebbe permesso di guardare ciò che faceva dietro di lui, al solo pensiero le prime gocce di sperma imperlarono il membro di Ethan. Mark si scostò leggermente, mettendosi a lato, proprio per permettergli di guardare quanto fosse duro, mentre con un solo gesto si toglieva pantaloni e intimo. Gli sorrise, non l'aveva ancora toccato nemmeno con un dito.
«Ethan, allarga le gambe e solleva quel bel culo.» Ethan obbedì voglioso, e finalmente le mani di Mark s'impossessarono delle sue natiche, aprendole oscenamente. Ethan trattenne il respiro, immaginando che, avendo un po' esagerato, l'avrebbe penetrato subito, ma si sbagliava. Mark si accosciò infilando il viso in mezzo alle sue natiche; la sua lingua percorse il solco per intero, finendo per lambire i suoi testicoli. Lo sorprese a tal punto da farlo gridare.
«Porc... ahhhhh.» la lingua di Mark stuzzicava la sua apertura, che ora si contraeva impazzita. Lentamente la punta della lingua s'insinuò nell'entrata, facendo tremare le gambe a Ethan.
«Mark! Mark!» Mark non se lo fece ripetere, infilò il preservativo e lentamente lo penetrò, fino in fondo, appoggiandosi sulla sua schiena per mordicchiargli la clavicola.
«Volevi questo? Mi piace quando mi provochi.» si sollevò ammirando il suo cazzo completamente dentro di lui. Lo afferrò all'altezza delle anche, sfilandosi lentamente per rientrare subito dopo.
«Mark sei durissimo, mi stai riempiendo...» Mark non riusciva neppure più a parlare, il suo ragazzo era erotico da impazzire e quando gli diceva quelle cose... senza neppure rendersene conto le sue stoccate avevano preso un ritmo incalzante.
«Mark!!! Io non riesc...» Ethan rilasciò un caldo fiotto di sperma, che finì sul cassetto del comò. Mark all'apice dell'amplesso, gustò dal riflesso dello specchio l'orgasmo del suo compagno, gli occhi socchiusi, la bocca che gridava il suo nome, le guance accese, piccole perle di sudore che gli scendevano dalle ciocche scomposte, serrò le mani sui suoi fianchi a mordergli la pelle candida e, con un'ultima spinta, venne anche lui dentro il preservativo. Uscì lentamente, malvolentieri, ma vedeva le gambe di Ethan tremare, e non voleva costringerlo in quella posizione ancora per molto. Sfilò il preservativo gettandolo nel cestino. Girò Ethan sollevandolo dal comò e lo abbracciò baciandogli il collo, inebriandosi del suo odore. Lo fece adagiare nel letto e s'infilò dentro le coperte insieme a lui. Lo strinse forte a sé e lo baciò dolcemente.
«Mi sei mancato Ethan.» gli disse a fior di labbra, mentre lo mangiava con gli occhi. Ethan, si sentì un po' in colpa, lo aveva usato quasi come una valvola di sfogo, e lui gli stava dicendo che gli era mancato.
«Per questo mi hai mandato un unico messaggio laconico oggi? Perché ti mancavo?» Mark sorrise sornione.
«Ho avuto una giornata pessima, e tu perché mi sei praticamente saltato addosso stasera?» Ethan arrossì sentendosi scoperto.
«Ho avuto una giornata più che pessima signor Cook.» gli rispose, nascondendosi nell'incavo del suo collo.
«Ethan, perché hai un doppio lavoro?» rimase con il viso nascosto nel suo collo.
«Semplicemente per arrotondare, lo studio l'ho aperto con un socio e i soldi non bastano mai, non ho nessun parente che possa supportarmi, perciò mi sono dovuto inventare qualcosa.» odiava dovergli mentire, pur sapendo di non avere alternative.
«Se hai bisogno io...» si scostò da lui bruscamente.
«Non dirlo... non potrei mai accettare dei soldi dal uomo con il quale esco.» Mark questo lo poteva comprendere, anche se lo avrebbe sostenuto volentieri, purché quel culetto non facesse bella mostra di sé di fronte a quella moltitudine.
«Volevo solo che sapessi che puoi contare su di me.» gli disse, mentre lo accarezzava sul braccio esposto.
«Non sono abituato a contare su gli altri. Mio padre abbandonò me e mia madre quando avevo poco più di dodici anni. Non sono riuscito a farmi dei veri amici neppure durante l'università, perché nel mio tempo libero dovevo lavorare per mantenermi agli studi. Mia madre e mia nonna sono state le uniche persone che ho avuto accanto per tutta la vita. E tu?» non si era mai sentito così a suo agio nel raccontarsi a qualcun altro come con Mark.
«Sono nato a Piscataway, nella contea di Middlesex nel New Jersey. Mi sono diplomato nella mia città di origine, poi mi hanno accettato al Queens College, che era quello che volevo, non resistevo più in quella città, avevo bisogno di respirare. Al College incontrai Brian, lui mi convinse a fare coming out con la mia famiglia e io, vedendo come la sua l'accettava, m'illusi che potesse succedere anche a me. Perciò quel Natale mi presentai a casa dei miei genitori insieme al mio fidanzato Brian. Non ho più notizie di loro da quel giorno. Brian mi aiutò a terminare gli studi, gli restituì fino all'ultimo centesimo, per poi scoprire che quei soldi li aveva investiti in un fondo a mio nome. Tu sei di New York?» abbracciato con il suo uomo dentro il letto, al caldo, raccontandosi la loro vita, Ethan non ricordava una sensazione altrettanto bella come quella che stava vivendo in quel preciso momento.
«Sì, quartiere Soho. Nonna invece, da che io mi ricordi, ha sempre vissuto nell'appartamento che ora è mio.» con un dito Ethan percorse il suo tatuaggio, era un grande serpente che sinuosamente gli attraversava il braccio.
«E questo? Qual è la sua storia?» Mark gli baciò le labbra, accarezzandogli i capelli ribelli.
«L'ho fatto il capodanno in cui feci coming out. Scelsi il serpente perché cambia pelle, e io ero pronto ad affrontare il cambiamento. L'ho fatto per ricordarmi che non devo rimanere sempre uguale e che il cambiamento fa parte della vita.» continuarono a guardarsi, mentre si accarezzavano lentamente, esplorando sensazioni e brividi inattesi.
La settimana passò velocemente, Loran non si fece vedere in studio, gli mandò un messaggio in cui rimandava il loro incontro di una settimana, perché era in attesa di un non ben precisato sviluppo. Aveva già detto a Mark che quel venerdì aveva un impegno, questa volta si era inventato la scusa di dover andare ad aiutare sua madre, che doveva compilare dei documenti. Per evitare che lo vedesse vestito di tutto punto, si organizzò per andare a cambiarsi alla clinica. Era diventato tutto maledettamente complicato. Il Country club dove era atteso si trovava un po' distante, lungo il fiume Hudson, se non fosse stato un appuntamento di quel genere, sicuramente avrebbe gradito un invito in un club così esclusivo con quella vista, ma chi lo aspettava era un vecchio pervertito sicuramente, e lui doveva riuscire a tenerlo a bada per tutta la sera.
Mark approfittò dell'assenza del suo uomo per riordinare tutta la pratica dell'Eastwood Quick ltd, gliel'aveva chiesto Art, il suo contatto si era mosso, e doveva essere pronto con tutte le informazioni che era riuscito a recuperare. Lavorò fino a tardi, erano le due e mezzo quando chiuse il computer stiracchiandosi ancora seduto. Non aveva sentito rientrare Ethan, forse si era fermato a dormire dalla madre. Decise di inviargli ugualmente un messaggio,
Mark – Notte splendore. – inaspettatamente il messaggio fu letto.
Ethan – Hey, sarò a casa tra meno di mezz'ora. Buonanotte anche a te, sognami. – Mark andò a dormire, anche se per un attimo gli era venuta la voglia dirompente di aspettarlo.
Ethan era stanco, ma per nulla al mondo si sarebbe fermato a dormire fuori, tantomeno in quel club. La serata era stata difficile, ma anche parecchio produttiva. Il vecchio pervertito lo era più del previsto. Le sue avance non si erano fatte attendere, ma quando aveva realizzato che Ethan aveva passato i trent'anni, le cose si erano subito raffreddate. Ethan aveva capito che lo credeva più giovane, parecchio più giovane, così aveva pensato che, forse, quel vecchio porco aveva già usufruito di qualche servizio speciale da parte di Vinnie, e non si sbagliava. Dopo qualche bicchierino, il vecchio pervertito era diventato loquace, e Ethan era riuscito a capire che Vinnie forniva anche servizi speciali, la lista esisteva e se in quella lista non c'era quello che cercavi, lui poteva procurartelo ma, anche per il vecchio, quel tipo di servizio era troppo costoso, così doveva accontentarsi dei ragazzi meno giovani, anche se cercava sempre di scegliere quelli che avevano poco più di vent'anni. Alla fine, era troppo ubriaco per tentare qualsiasi tipo di approccio e l'aveva semplicemente aiutato a mettersi a letto.
Il giorno dopo Mark fu svegliato dal suono insistente del telefono.
«Lo so che ti ho svegliato, ma dovevo avvertirti, verrai contattato da una persona via mail, segui le sue istruzioni e poi riferiscimi come procederemo.» Art era un po' agitato.
«D'accordo, appena saprò qualcosa ti chiamerò.» la telefonata si concluse subito. Mark aprì la sua mail, quella citata da Art era appena arrivata.
"Signor Cook,
la invito a presentarsi all'indirizzo in calce, lunedì mattina alle ore dieci."
Se dovesse avere qualche problema di orario mi può contattare al seguente numero:
718xxxxxxxx
Capitano Loran O'Reilly."
200 Brooklyn Ave
Suonare campanello Famiglia Smith
Copyright © 2020 Veronica Reburn
Tutti i diritti riservati
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
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ANOTHER DOOR
RomanceUn poliziotto sotto copertura, un operatore finanziario scaltro l'amore, l'azione e un pizzico di BDSM SCENE ESPLICITE ESCUSIVAMENTE PER UN PUBBLICO ADULTO