CAPITOLO II

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Dopo quello scambio di battute, Mark smise di contattarlo. Era meglio così, era quello che sperava, ma non riusciva a togliersi di dosso né il suo odore né il suo sapore, era come se si fosse impregnato nella sua pelle, nella sua mente. Finché, la domenica sera, tornando a casa dopo avere corso nel parco, vide una ragazza uscire dalla porta di Mark, richiudendola con la chiave. Doveva averla fissata in modo strano, visto che gli sorrise imbarazzata.

«Buonasera. Sono venuta a dare da mangiare a Minù.» Ethan le sorrise, era una ragazza piccola che ispirava simpatia.

«Immagino che il padrone di casa non ci sia.» perché non approfittare dell'amabilità di quella ragazza, pensò Ethan.

«Già, viaggio di lavoro. E a me tocca anche Minù... spero che non miagoli durante il giorno, o la notte...» Ethan scosse il capo.

«No, no, non si preoccupi. Poi ho il sonno profondo, non la sentirei comunque. Inoltre immagino che non starà via così tanto.» le disse con noncuranza, mentre aveva già un piede nell'appartamento.

«No, infatti. Dovrebbe tornare domenica notte. Ora vado. Arrivederci signor...» Ethan le porse la mano.

«Ethan, Ethan Johnson.» Telma gliela strinse notando, nell'avvicinarsi, quanto fosse bello quel nuovo vicino di Mark.

«Telma Smith.» un pensiero fugace attraversò la mente di Telma, ripensando al cambio d'umore che aveva avuto Mark nelle ultime settimane.

«Allora ci vediamo Ethan.» gli rispose aprendo la porta dell'ascensore.

Sapere che non avrebbe avuto modo di rivedere Mark per l'intera settimana, gli fece sperare di riuscire ad archiviare quanto accaduto, e potersi concentrare totalmente nella sua indagine.

Poco dopo ricevette un nuovo messaggio da Vinnie. "17. Sabato sera, ore 20,30 davanti al Tree Bistro 190 1st Ave. Cena con il signor Nathan Brown. Ti manderò domani la foto e la scheda."



Mark ritornò nel suo appartamento e si buttò su letto, ormai le prime luci dell'alba avevano invaso la sua camera, quando riuscì a prendere sonno. Era certo che se fosse rimasto nell'appartamento di Ethan, si sarebbe addormentato immediatamente, magari dopo un bis... cazzo quanto lo eccitava quel ragazzo! Il giorno dopo avrebbe fatto le valige, doveva prendere un aereo nel pomeriggio, una settimana a Londra era quello che ci voleva. Doveva riflettere.

«Signore posso portarle qualcosa da bere?» mancavano poco più di due ore all'atterraggio al London City Airport, decise di prendere qualcosa di forte, avrebbe cenato da solo in hotel e forse questo l'avrebbe aiutato a rilassarsi. Era frustrato per il fatto di non essere riuscito a parlare con Ethan, dopo quella richiesta che gli aveva fatto di cancellare il suo numero di telefono e il suo secco no, malgrado gli avesse inviato almeno altri dieci messaggi per provocarlo, non li aveva neppure visualizzati. Non l'aveva bloccato e questo gli lasciava qualche speranza. Doveva riuscire per lo meno a parlargli, se voleva di nuovo infilarsi nelle sue mutande, anche se ormai non riusciva più a negare che non era solo lì che voleva infilarsi. Aveva raggiunto questa consapevolezza proprio subito dopo essere salito su quell'aereo, quando uno steward gli si era avvicinato per ricordargli di allacciare la cintura. Lo sguardo che gli aveva lanciato era inequivocabile, sembrava che avesse un'insegna a neon sulla fronte con su scritto "scopami". Soltanto qualche settimana prima avrebbe giusto aspettato il decollo e, di sicuro, non avrebbe dormito da solo in Hotel. Invece si era limitato a sorridere compiaciuto, evitandone lo sguardo per tutto il resto del viaggio. Questo era il sintomo definitivo, quello che aveva risvegliato Ethan era molto di più che passione, lui lo voleva per sé, voleva conquistarlo, conoscerlo, consumarlo. Non sarebbe stata per nulla una passeggiata riuscirci, era completamente diverso da Bri. Con Bri il sentimento era cresciuto piano piano. Si erano conosciuti al Queens College, City University di New York, Brian era da poco diventato l'assistente del professore di diritto e questo, appena si era laureato, mentre lui era al primo anno. Il professore di diritto lo usava con quelli del primo e secondo anno, per aiutarli ad affrontare gli esami, Mark perse subito la testa appena gli strinse la mano. Bri all'inizio non lo considerava proprio, ma lui non si diede per vinto. Fin da subito era sicuro di piacergli, ma capiva che Bri era frenato, forse dalla pur piccola differenza di età. Inoltre era un ragazzo riflessivo e riservato, il perfetto contrario di Mark, che non perdeva una festa e a cui bastavano dieci minuti per fare amicizia. Poi, una sera, alla festa di compleanno di un comune amico, Bri alzò un po' il gomito, rivelando un lato inaspettato del suo carattere. Mark passò in pochi istanti da cacciatore a preda, dovette portarlo via di peso e tenerlo a bada dentro il taxi. Anni dopo, quando glielo ricordava, Bri continuava a diventare rosso come un pomodoro. Finirono a letto quel venerdì sera stesso e ne uscirono solo il lunedì mattina per andare in facoltà. Da quel momento non si lasciarono più, tranne l'anno della laurea di Mark, in cui Brian andò a Londra per affiancare il padre, socio fondatore della C.F.&C. LTD, per poi assumere, l'anno successivo, il posto di direttore generale delle filiali del centro e nord America. Quando, finalmente ritornò a New York, decisero di andare a vivere insieme, e Brian gli offrì il posto di direttore della filiale di New York. Avevano comprato la loro casa a Chelsea, ricordava perfettamente il giorno in cui lo portò a vedere l'appartamento, perché fu proprio al centro della loro sala, completamente spoglia, in cui s'inginocchiò e gli chiese di sposarlo. Si sposarono a Londra, tre anni dopo Bri lo aveva lasciato solo. I successivi anni aveva vissuto con quel vuoto dentro, ormai si era convinto che nulla potesse più riempirlo, fino ad ora...

«Signori e signore, stiamo per atterrare al London City Airport, vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza, mantenere il sedile in verticale e le tendine dei finestrini alzate. La temperatura a terra è di sette gradi centigradi. È prevista pioggia per i prossimi tre giorni. Vi auguriamo un buon soggiorno.» appena sceso dall'aereo si diresse al Carousel per ritirare la sua valigia, portandosi poi, dopo averla recuperata, verso l'uscita.

«Mark! Mark, tesoro!» Loren, fuori dal terminal, si stava sbracciando chiamandolo a gran voce. Non si aspettava che lo venisse a prendere, ne fu piacevolmente sorpreso.

«Ma tu che ci fai qui?!» le chiese, mentre lo chauffeur si occupava del suo bagaglio e Loren lo abbracciava con discrezione, sfiorandogli le guance con un impalpabile bacio.

ANOTHER DOORDove le storie prendono vita. Scoprilo ora