tre: di assenzio

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III.

III

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yoongi ha diciott'anni.
è primavera. si sta segando sul letto della sua camera lercia e luminosa. perché non importa se attorno a lui regni la sporcizia. lui la vuole luminosa. si promette di non voler finire come la signora L, a vivere in uno spazio rifinitissimo e buio.
sua madre non c'è. ultimamente fa i doppi turni. yoongi suda, sorride. è un sorriso storto, brutto, neanche voluto. frutto dell'eccitazione che non lo fa pensare. si accascia con un fianco sul materasso. non vuole pensare, ma ne ha la testa piena. non vuole pensare alla scuola, al fatto che ha appena rotto il suo nuovo telefono cellulare e non ha il coraggio di dirlo a sua madre. non vuole andare alla festa di arianna, che ha una cotta per lui ma che è una stronza colossale. non vuole bussare alla porta della signora L, non vuole portarle il bucato pulito. non vuole neanche mangiare le infinite fette di crostata che la donna gli offrirà in cambio, come modesto ringraziamento per le cortesie che sua madre le fa continuamente perché "yoongi, non essere spietato, la poveretta vive da sola".
yoongi non vuole, ma poi pensa a minah. si trascina nel salotto dall'orribile tema verdastro che sua madre ha scelto. guarda l'ora. sedici e ventotto. minah dev'essere arrivata. sente la musica bucare il soffitto ed entrare in casa sua. sorride. stavolta per davvero. si lava, poi esce.
minah è migliorata molto in questi anni. quando la ascolta suonare, gli viene in mente youra guller. il sincretismo spavaldo che vomita su quella tastiera ha sempre dato fastidio a yoongi. ma lui cosa può fare? sin da piccolo ha rifiutato di prendere lezioni dalla signora L e ora al suo posto c'è minah.

minah. minah, minah, minah, minah. minah. minah!
che bella che è. con i suoi innumerevoli abitini azzurri.
quegli occhi sottili, scuri, languidi. quel suo petto non ancora maturato, la mascella definita, le sopracciglia un bosco di meraviglia. le tempie da baciare, le labbra pure. c'è un unico particolare: minah non parla. non lo ha mai fatto. e yoongi non le ha mai chiesto nulla, né a lei né alla signora L.
a yoongi non frega. lei gli parla con le dita. anche se son rivolte al piano, sempre. come a dirgli "ci sono io, ora, a imparare dalla signora L. non tu". minah parla con le iridi lussureggianti e yoongi ci scrive su paragrafi interi di merda, su quegli occhi.

il suono di un clacson in lontananza lo fa svegliare. esce di casa, si precipita al quarto piano, bussa.
la signora L ci mette sempre troppo, ma alla fine gli apre. lui entra, getta la busta col bucato nuovo per terra, si fionda in cucina per bere del latte. per la prima volta, mangia un pezzo di crostata senza che la padrona di casa glielo offra. lo fa per incollarsi la bocca, per starsene zitto anche lui. come minah. perché sa che oggi non è una bella giornata. perché sa che se schiudesse le labbra, si dichiarerebbe. e invece lui preferisce tenersi l'assenzio sulla lingua.
si siede al suo solito posto, accanto al piano. non guarda minah. non vuole. si china su sè stesso. riaccomoda qualche imprecisione sullo spartito accartocciato sulle sue ginocchia. la musica gli perfora il cervello.
«come va col pezzo?» chiede la signora L.
yoongi la guarda senza dire niente. non è invecchiata, ma è vecchia. ha ormai novantasette anni. sua madre è terrorizzata ogni giorno di più per il tempo che passa. yoongi se ne fotte. la signora L sembra una di quelle cose che non morirà mai. che se la lasci lì, ferma, in un angolo, ci resta fino a quando non la sposti. si consuma, s'impolvera tutta, ma non muore. perché dovrebbe morire? ha avuto una vita emozionante, la signora L. sua figlia è morta a vent'anni per un tumore e lei si è fatta asportare i seni per darli a lei, ma era troppo tardi. ha fatto un incidente in aereo ed è sopravvissuta. è stata catturata da dei mercenari mentre era in visita all'ambasciata del myanmar. la signora L ha una ruga per ogni avventura. la pelle di yoongi è terribilmente liscia.
«ho finito» sospira.
lo spartito viene schiacciato sulla tavola armonica. a prenderlo è minah. non lo guarda, ma lo inserisce direttamente nel leggìo. inizia a suonare. è la prima volta che le note di quel pianoforte producono qualcosa che non sia debussy, liszt o quel vivaldi del cazzo.
yoongi sente il suo cuore battere a tempo con le note. un'armonia perfetta. il respiro gli fa rumore nella gola ed è magnifico ascoltare la melodia malconcia che ha tormentato le sue notti, venire concretizzata proprio sotto quelle dita. yoongi vorrebbe baciarle. vorrebbe stringere forte a sè quel vestito angelicato, baciare forte quelle guance, mangiare la melodia da lui composta e poi mangiarsi minah. vuole lei nel suo mondo appannato e non se ne vergogna.

due ore e mezza dopo, però, se ne vergogna.

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