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Quella era la mia ennesima seduta col dottor Choi. Un tipo occhialuto e senza barba che mi faceva sempre tante domande a cui non sapevo spesso rispondere. Uno strizzacervelli.
Il suo studio però era carino. Le pareti gialle stonavano nella monotonia di quel posto in bianco e grigio.
Nello studio del dottor Choi c'era un divano, sul quale mi sedevo sempre.
Lui stava rigorosamente accomodato su una sedia, difronte a me.
Dietro di lui era posizionata una cattedra massiccia, spesso ricoperta di fogli e scartoffie varie. Mai avevo visto quella scrivania in ordine.
La mia attenzione ritornò al dottore.
«Bene Chan, oggi cosa hai mangiato a pranzo?»
«Beh, un po' di insalata e qualche pezzo di petto di pollo.»
Lui sorrise.
«Ti stai impegnando, ne sono felice.»
Io non lo ero.
Non mi piaceva sforzarmi di mangiare solo perchè ero troppo giù di peso.
Non mi piaceva, e non comprendevo il motivo di tutta quella insistenza dei dottori e degli infermieri.
«Hai fatto quel piccolo compito che ti avevo assegnato?»
«Nessuno l'ha fatto.»
«Chi intendi dire con nessuno?»
«Felix non ha fatto il compito. Dice che è inutile.»
«E tu la pensi come lui? O semplicemente ti fai influenzare dal suo giudizio?»
Ecco, erano quelle le domande che tanto odiavo.
Mi faceva sempre domande riguardanti il mio amico, ma non capivo perchè non ci parlasse mai. Poteva cercare risposte dal diretto interessato, sarebbe stato più semplice e meno irritante per me.
«Cercherai di fare quella lista per domani?»
Il dottore mi guardò dritto negli occhi. Qualche ruga si stava presentando sui suoi zigomi e sulla sua fronte.
Aveva forse cinquant'anni.
«Non le prometto nulla, dottore.»
Finì la seduta.
Tirai un sospiro di sollievo.

Quel pomeriggio lo passai come tutti quelli precedenti.
Giocai a tris con Minho, un tipo assai strano. Ripeteva all'infinito dei numeri.
11 3 8 42 6 1.
Nessuno sapeva il loro significato, però si vociferava che quei numeri erano maledetti, che se li avessi utilizzati in un qualche modo la maledizione sarebbe stata scagliata su di te.
A quanto ricordavo Minho era dentro da ancor prima di me.
Al mio fianco era seduto Felix, come sempre.
Sorrideva, come di consueto.
Lui invece era un tipo che non infrangeva mai la sua routine.
Aveva sempre indosso vestiti bianchi. I suoi capelli erano sempre chiari e belli. Il suo sorriso era sempre presente.
Nulla era mai cambiato in lui da quando lo conoscevo.
Un infermiere mi si avvicinò, teneva in mano un piccolo barattolino bianco.
«Ecco a te, Chan. La tua medicina.»
«Grazie mille, Seungmin.»
Lui era il mio infermiere preferito. Dolce e cordiale con tutti, perfino con me.
Gli sorrisi e lui ricambiò, per poi continuare a distribuire le varie dosi di farmaci ai rispettivi pazienti.
Feci per impugnare il barattolino poggiato sul tavolo poco prima da Seungmin ma, quando mancarono pochi centimetri, una fitta alle costole mi fece ripiegare su me stesso.
«Che stai facendo?»
«Sono io quello che ti dovrebbe chiedere che stai facendo, Lix.»
Guardai male il biondo al mio fianco. Mi aveva appena tirato una gomitata nel fianco destro.
«Ti impedisco di ingoiare quella robaccia, amico.»
Riportai la mia attenzione sulle due piccole pastiglie di polvere compressa dentro quel bicchierino semplice e monotono.
«Davvero vuoi spararti quei tranquillanti come un cavallo?»
La voce del mio amico attirò nuovamente la mia attenzione.
«Ma il dottor Choi mi dice che così-»
«Il dottor Choi cerca soltanto di manipolarti. È lui che ti prescrive quella robaccia, e tu lo assecondi pensando che ti aiuterà. Amico, tu non hai bisogno del dottor Choi e tantomeno di quelle schifezze. Tu sei perfetto già così.»
Mi sorrise.
Le sue ultime parole mi rimbomarono in testa. "Tu sei perfetto già così."
Nessuno pronunciava mai quella frase eccetto lui.
Nemmeno mia madre. Era stata lei a farmi rinchiudere in quel posto monocromatico.
Era come una prigione, quella.
Una punizione per un crimine da me non commesso.

Feci per rispondere a Felix, quando qualcuno mi anticipò.
«Qualche problema con quelle medicine, Chan?»
Mi voltai.
«Affatto dottor Choi. Io e Felix stavamo soltanto scambiando due parole.»
Lui sorrise in modo visibilmente finto. Un sorriso tirato ed impossibile da credere.
«Sto facendo le foto per la bacheca annuale, e mi mancate solo voi due. Posso?»
Guardai la figura bianca al mio fianco che annuì subito.
Spostai la sedia e mi avvicinai al mio amico, avvolgendo un braccio attorno alle sue spalle. Il suo profumo mi travolse come un'onda. Era buonissimo.
Lui era bellissimo.
Forse stavo smettendo di considerarlo solo un amico, ma non lo avrei mai ammesso in sua presenza.
L'unico a cui lo avrei detto sarebbe stato Minho. Lui era bravo a tenere i segreti, se parlava ripeteva solamente quei dannati numeri. 11 3 8 42 6 1.
Il flash della macchina fotografica del dottor Choi mi risvegliò dai miei pensieri.
«Grazie ragazzi. Ti serve dell'acqua per quelle pastiglie, Chan?»
«Affatto.»
Presi il bicchierino e ingoiai le due compresse.
L'uomo di mezza età se ne andò, e subito Felix mi diede un pizzicotto.
Capii subito cosa gli prendeva.
Estrassi la lingua, mostrandogli le pastiglie ancora integre su di essa.
Lui aveva ragione.
Non avrei più preso quelle pastiglie.
Non avrei ascoltato le parole del dottore.
Avrei soltanto ascoltato Felix.
Il mio migliore amico. L'unica persona che mi apprezzava veramente.

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E

cco a voi la Chanlix di cui vi ho parlato.
Sarà una storia breve, ma spero che possa piacervi tanto quanto é piaciuta a me scriverla. <3

𝐈'𝐦 𝐧𝐨𝐭 𝐡𝐞𝐫𝐞 •𝐂𝐡𝐚𝐧𝐋𝐢𝐱•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora