19. Non sbirciare

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Mio esercizio:

🗒
Una nube nerastra si alzò intorno al pentolone, fino a non permetterne più la vista alla piccola Heremit.
Poteva soltanto udire qualcosa di legno che graffiava il metallo del contenitore, forse un cucchiaio, ma per produrre quel rumore insopportabile doveva essere grande e massiccio, pensò, rabbrividendo.
A intervalli regolari si sentiva il gracchiare di una delle streghe, mentre pronunciava incomprensibili parole imparate chissà da quali antichi tomi di magia o, forse, non scritte in alcun libro e semplicemente tramandate di madre in figlia, attraverso lunghi secoli d'esperienza.
Pian piano il fumo iniziò a disperdersi, e ricomparve la pentola gigante, posta sul fuoco che scandiva anch'esso le proprie ataviche sillabe; accanto, le sagome delle due vecchie, gobbe già di natura, e ulteriormente ricurve a osservare con scrupolosa attenzione la sostanza verdastra che, bollente, gorgheggiava, emettendo dei guizzi incandescenti che salivano e subito si disperdevano a contatto con l'aria.
Heremit si accertò di non essere scorta, e continuò a fissare la bizzarra scena con la bocca aperta.
Le mani raggrinzite delle paurose donne trattenevano per qualche istante ora un ramarro, ora una penna d'oca, ora un sasso d'argento, per poi gettarli a capofitto nel ricettacolo tenebroso.
Era facile lasciarsi ammaliare, nonostante l'evidente mancanza di armonia nei gesti, dalla velocità e sicurezza con cui ogni azione era portata a termine: segno di una pratica usuale e ripetuta innumerevoli volte.
All'improvviso un denso silenzio sembrò pietrificare suoni e movimenti; alla bambina parve di essere entrata in una di quelle sfere che si regalano a Natale, e in seguito si abbandonano sulla scrivania senza scuoterle più.
Ma la testa della strega meno giovane si girò di scatto nella direzione di Heremit; non era possibile sbagliarsi, gli occhi erano puntati esattamente contro di lei, anche se nascosta dietro a un enorme cespuglio dalle cui minuscole fessure lasciate fra le foglie sbirciava il singolare spettacolo.
La piccola impallidì, e con orrore constatò che i muscoli non erano in grado di rispondere ai suoi comandi: come sassi, conficcati in quel prato d'erba secca, priva di vita.
La strega avanzò con sicurezza, via via aumentando di velocità; l'ampia veste nera sempre più ampia, man mano che si avvicinava; nel buio gli occhi verdi magnetici illuminati come torce, secondo dopo secondo si ingigantivano.
Un odore acre, simile a un miscuglio di liquidi putrefatti, avvolse la povera malcapitata, prima di percepire una mano ispida, quasi legnosa, coprirle ogni millimetro di pelle, dandole l'impressione di una stoffa piena di spine.
Da lontano l'eco di una risata, che faceva immaginare una bocca senza denti e traboccante di nero veleno: la strega rimasta ad osservare non poté, evidentemente, trattenere la propria felicità.
Erano state fortunate, quella sera: agli ingredienti del pentolone sarebbe stata aggiunta una bella, e buona, creatura umana.
🗒

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@Spiedinodicarta]

Le mille e una scritta - Esercizi di scrittura creativaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora