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La percepisce su di sé.
La sottile, infida disperazione che le si attorciglia attorno al cuore, come un serpente sollecitato dallo stringere la preda mentre i battiti scalciano impazziti.
Ha sempre potuto sentire, rispondere, ma non gridare al dì fuori del copione che ne accomoda la presenza fra le tribune, non spaziare oltre ciò che le viene concesso.
Non vedere, non completamente.
Non agire.
Soltanto mirare, osservare.
Il ricordo è cieco del senso che mesce in continuazione, semplicemente filtrato da un corpo che abita e tuttavia balbetta nel riconoscere come suo per come questo non faccia altro che muoversi a suo piacimento, con la sua coscienza travasata nella totale incomprensione.
E' quando i piedi si scoprono nudi sopra un letto di pietra liscio, le ginocchia sollevatesi per issarsi su un piano più alto, che la mente si snebbia nella supplica di un momento più duraturo, più chiarificatore, ricevente l'ennesimo diniego.
Vaporose tende merlettate fiancheggiano una stanza canonica nel negarle le sue particolarità al dì fuori del balcone dove ella rista in piedi sul corrimano e prima ancora di scorgere un volto dietro l'ombra che ad ogni sonno inquieto la bracca, la volta stellata di una notte resasi indelebile le riempie gli occhi mentre si lascia precipitare all'indietro.


Il grande cerchio rosso del crepuscolo schizzato d'arancio e inchiostro aveva appena iniziato a sottolineare la scura silhouette degli alberi grami quando Izuku svoltò con la macchina l'ultima di un'interminabile serie di curve appartenenti a una stradina dissestata.
Seppur forte di una pianificazione impeccabile dell'intero itinerario di viaggio, a un certo punto il navigatore del mezzo noleggiato aveva smontato lo schema premeditato con il calcolo del percorso a roteare ubriaco sul piccolo monitor, senza più restituirle un riferimento a cui appoggiarsi.
Fortuna che il suo proseguire su una linea retta l'avesse condotta alla cittadina predestinata, dove la cortesia di una giornalaia - squadrandone il capo con marcato sconcerto nell'apprenderne la destinazione - l'aveva edotta sulla strada più sicura per affrontare l'ultima parte della sua traversata .
Fra nudi tronchi a simulare un calvario di rovi posti a sua difesa e soffusi riflessi a contornarne la geometria, il castello si presentava a lei come un piccolo gioiello arroccato sulla cima del colle che imperava sull'intera vallata: antico nella sua architettura chiaramente occidentale e di romanzesca solitudine.
Una magione di proprietà esclusiva soltanto a coloro la cui linea genealogica era certificata da un notaio, ma soprattutto lontanissimo da un avanzato stato di degrado e sprovvisto di aggiunte successive alla sua originaria epoca di costruzione.
Difficile credere che qualcuno lo considerasse alla stregua di una villa a tre piani...
Costituito da un nucleo centrale di forma grosso modo rettangolare, l'esterno era rivestito con pietra da taglio grigia, minimalista nelle pitture ornamentali; gli si affiancavano cinque torri cuspidate, con quella più a nord a primeggiare con un'altezza visibilmente superiore alle sorelle.
Gli ultimi strati di foglie secche sparpagliate ai piedi della sua entrata, un'enorme arco di pietra rosseggiato dal tramonto che la ragazza attraversò con la testa appena inclinata fuori dal finestrino, si stendevano sul terreno in un tappeto bitorzoluto, annunciando il pieno autunno con una temperatura di mite fragilità, dove le ultime giornate soleggiate si contavano sulle dita.
Parcheggiato il veicolo e spento il motore, Izuku si concesse il lusso di espirare profondamente massaggiandosi a fondo le palpebre.
Di sua libera scelta non avrebbe mai proposto un simile orario - piuttosto scomodo per un appuntamento di lavoro, se si consideravano il viaggio in treno, i molti chilometri trascorsi al volante e quelli che avrebbero pesato sulle ruote cigolanti della vettura per ripercorrere a fanali spianati il tortuoso dedalo appena superato -, e tuttavia con un cliente economicamente in grado di arrogarsi la pretesa di gestire i termini della trattativa c'era solo che da annuire, perciò si prese qualche altro secondo per raccapezzarsi emotivamente prima di dedicarsi a un rapido accorgimento estetico.
- Andrà bene. Andrà bene perché tu la farai andar bene. - Ma ripeterselo una, due, mille volte che fossero non avrebbe smorzato il groppo con il quale tuttora fissava l'immenso vuoto prima di balzare in Dio solo sapeva cosa; ciò che teneva stretto a malapena si fregiava di un qualsivoglia senso nonostante a pelle fosse molto più vivo di come fosse solito manifestarsi.
Ed ora eccola lì, decisasi a seguirne la corrente anziché remarvi contro.
L'aspirina sfilata dall'astuccio e mandata giù per anestetizzare l'arrampicata dell'emicrania con il quale conviveva tristemente da un anno ebbe la precedenza su il lisciare il tailleur, rispettoso di un sobrio dress-code; al correttore per le occhiaie, seguito dalla matita e dal mascara, dedicò pressappoco un minuto, così come ai capelli, grata all'acconciatura che ancora ne disciplinava l'irrimediabile volume.
Sistemate le forcine, agguantò la cartellina visionando un'ultima volta l'ordine delle carte, per poi mettersela sotto braccio e uscire.
Un ristretto gruppo di finestre triangolari sorvegliava l'ampio cortile, selciato da ciottoli bianchi, in un'abbozzata penombra che, sormontata dal lontano gracchiare dei corvi, infoltiva l'impressione di essere stati per davvero catapultati in qualche libro storico.
- Posso aiutarla? - Presso la sommità della scalinata grigia, vergata da canonici corrimano, il proprietario del maniero ruppe il silenzio dell'atmosfera strappando a Izuku un lieve sobbalzo.
Si presentava alto, di aspetto riconducibile a un ereditiere facoltoso quale era, forse un po' troppo giovane per essere il proprietario di una così imponente magione, di pallido fascino nei fini lineamenti che sotto la camicia e i pantaloni definivano un corpo tonico, eppure con un inspiegabile alone di vissuti a condensarsi nelle iridi cromatiche, l'una argentea e l'altra di un gelido azzurro ghiaccio.
Attorno a quell'ultima la pelle era raggrinzita, di un rosso raggrumato che faceva concorrenza alla metà sinistra della sua chioma, in contrasto con la destra, intessuta di neve.
- Il Signor Todoroki, è corretto? Sono Izuku Midoriya, dell'agenzia immobiliare Plus Ultra. Abbiamo parlato l'altro ieri al telefono in merito alla vostra pratica -, gli si presentò formalmente.
- Sì, me ne rammento -, confermò egli, ristando sul posto con una lunga e imperscrutabile soppesazione da parte del suo sguardo - Siete la sostituta del Signor Shinsou -, asserì infine.
- Esattamente -, annuì la ragazza - Come le ho spiegato l'altro ieri al telefono, la scarsità di personale ha obbligato la direzione a una veloce riassegnazione degli incarichi, laonde per cui sono subentrata io al suo posto. Mi rendo conto che si tratta di un cambiamento alquanto repentino oltre che increscioso, ma ci terrei a ribadirle nuovamente che ciò non influirà minimamente sul servizio da voi richiesto: in qualità di rappresentante della Plus Ultra è mio dovere garantire come e comunque la professionalità della mia agenzia verso chiunque ne richieda le competenze ed è quello che ho intenzione di fare. -
Un qualunque novellino avrebbe permesso che la tremarella dettata dall'immediata stoicità di cui il giovane si era reso protagonista ne ispirasse la parlantina ed era lì che interi trascorsi, con le altrettante derivate incombenze vissute, sviscerate e assimilate, sancivano un netto spartiacque da chi, come Izuku, aveva dalla sua una preparazione fondata da insidie ben più articolate di un cliente giustamente influenzato dal dubbio che la persona a lui presentatasi potesse rendergli un servizio meno curato di quello promesso.
Quella era l'impressione regalatale dall'intenso scrutare operato dal ragazzo, per l'appunto non particolarmente convinto sebbene, forse, egli stesse semplicemente ponderando se lasciarsi convincere dalla sua cortesia, possibilità che ella preferì sostenere per plausibili ragioni; fatto stette che quei secondi antecedenti l'invito di lui ad accomodarsi furono vissuti con il sorriso di lei a trattenere il fiato in gola, ma ancor di più a non lasciar trapelare quella sfuggevole fitta alle tempie divertitasi a tartassarla dacchè il volto dell'attraente padrone del castello le si era presentato in carne e ossa, nell'impossibilità dei loro sguardi di slegarsi.

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