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4 maggio 2021.


Il sole sta tramontando su Milano, rendendo il cielo rosso e arancio. Qualche raggio di luce si riflette sull'asfalto, su una pozzanghera che si è creata dopo pranzo, quando ha piovuto un po'.

Tommaso tiene un pacchetto di sigarette nella mano sinistra, mentre con la destra si gratta il polso. È nervoso e, sinceramente, non sa nemmeno quello che sta facendo. Di solito si fa guidare dall'istinto, ragiona poco (e male, come dice sempre sua sorella) e finisce sempre per prendere le decisioni sbagliate. Stavolta, però, ha pensato anche troppo. Ha cercato in tutti i modi di non arrivare a questo punto, a questo momento.

Però è qui.

Il tassista si ferma di fronte ad un palazzo che Tommaso ha imparato a conoscere, immerso nel verde. Abiti proprio in un appartamento da stronzo, gli aveva detto la prima volta.

Prima che lui possa dire qualsiasi cosa, Tommaso esclama: "Può aspettarmi qui venti minuti? Ci metto poco."

"Non gratis" risponde il tassista, con tono abbastanza scorbutico.

"Non gratis, ovviamente" ribadisce, alzando gli occhi al cielo. Poi apre lo sportello della macchina, esce, respira. Non c'è nessuno.

Fa un sospiro, gli manca l'aria. Si toglie la mascherina e la mette intorno al polso. Cammina fino al portone, ma non suona.

Quello che fa, invece, è prendere il cellulare.

Compone il numero, tanto lo sa a memoria. Uno, due, tre squilli.

"Pronto?"

La voce di Francesco gli fa ancora stringere lo stomaco, come la prima volta che l'ha sentita, quando erano due estranei che si stringevano la mano, senza sapere quello che sarebbero diventati. La prima cosa che ha pensato di lui, quel giorno, è stata madonna, che occhi hai. Non ha mai smesso di pensarlo, nemmeno per un istante.

"Ciao, Franci" mormora, con tono un po' spento.

Francesco sembra accorgersene: "Tutto bene, Tommaso? È successo qualcosa? Hai la voce strana."

Tipico di Francesco. È così dannatamente perfetto. Così fottutamente perfetto.

"Sono sotto casa tua" dice, senza rispondere alla sua domanda. "Puoi scendere cinque minuti?"

"Mi metto le scarpe, dammi un secondo."

"Anche due, ti aspetto qui."

Il silenzio che lo avvolge, mentre aspetta Francesco, è l'ultima cosa di cui avrebbe bisogno in questo momento. Fa tre passi in cerchio, mette le mani in tasca, le tira fuori. È così nervoso, che non sa nemmeno come iniziare a parlare. Si sente un po' come quando, nella casa del Grande Fratello, si rendeva conto di essere intrappolato da mesi nelle stesse quattro stanze e si sentiva morire, si sentiva soffocare e inghiottire. Ora è uguale, con la differenza che il problema è nella sua testa. Sono i suoi pensieri che lo stanno uccidendo.

Gli sanguina un po' il polso, si sta grattando troppo.

Respira e socchiude gli occhi.

Quando li riapre, Francesco sta uscendo dal portone. E' vestito con una tuta da ginnastica nera, larga, dell'Adidas. Indossa una maglia a maniche corte bianca, il braccio tatuato in bella mostra. I capelli vanno un po' da tutte le parti.

E' bellissimo, dannazione a lui.

"Tommy" lo saluta, con un sorriso un po' strano, mentre arriva di fronte a lui. Resta in piedi. "Mi stai facendo preoccupare, te lo dico subito."

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