. CAPITOLO I

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ABBIE
La mia vita è sempre stata a New York, avevo grandi opportunità a livello lavorativo visto che aspiravo a diventare un importante giornalista editoriale. Ho sempre avuto un grande debole per questa professione così impegnativa quanto affascinante. Fra l’università dove passavo anche giorni interi immersa nello studio, non potevo fare a meno di avere nella mia stanza una grande libreria piena zeppa di libri, i miei generi preferiti erano i romanzi rosa visto che di indole sono un inguaribile romantica. Spesso mi capitava di essere costantemente aggiornata sui nuovi film o libri in uscita, così mi precipitavo sempre prima, non sopportavo di essere messa in secondo piano. Ho sempre amato le cose semplici, i sorrisi veri, quelli che rimangono incisi nella mente e nel cuore. 
Ho vissuto tutta la vita con mia madre che considero insuperabile in tutto, in un piccolo appartamento a due piani antico e dai toni moderni nel centro di Manhattan. Mio padre venne a mancare a causa di un incidente stradale quando ero solo pressoché un infante. Da lì la mia unica figura non fu che lei. Ammetto di aver pensato a tante volte di non essere figlia unica, visto il mio amore grande per le famiglie numerose. Con il tempo venni a conoscenza di quella che viene più comunemente chiamata “l’amicizia”. La mia prima vera amicizia si chiamava Scarlett, era una di quelle ragazze che difficilmente ti trovi a dover incontrare. Con lei passavo gran parte del tempo, fino a quando non conoscemmo un altra ragazza, lei era Sarah. Non sempre era facile gestirle insieme visto e considerato che fra di loro non scorreva grande simpatia, infatti decisi proprio io di inserirla nel nostro duetto. Da lì in pochissimo tempo la nostra amicizia divenne improvvisamente inseparabile. Ci si organizzava per partecipare a grandi feste ed eravamo ormai diventate come sorelle. Un giorno come tanti altri, quell’amicizia tutto ad un tratto si scioglie a causa di un ragazzo che Sarah conobbe, per uno spiacevole errore tutti i sogni e i progetti svanirono da un giorno all’altro senza preavviso. Da quel momento decisi che il mio stereotipo di amicizia fu quello per il mio cane Skype un golden retriever di circa tre anni e mezzo che mi regalò mia madre alla festa per i miei diciotto anni. 
Mi ero con il tempo creata una specie di corazza in grado di proteggere quei sentimenti che tenni nascosti per mesi, mi accorsi di chi ero, di come ero diventata eppure non potevo di certo sopportare di danneggiarmi ulteriormente per delle amicizie che non meritano un solo briciolo delle tue lacrime.

Prima dell'Università , quando ancora non avevo in mente di come sarebbe diventata la mia vita fino ad oggi conobbi un ragazzo, uno di quelli che ti senti come quando la vita decide di farti un regalo. Andavamo nella stessa sezione, il suo nome era Jayden Finley. Jayden era buffo nel suo aspetto da secchione, grassoccio, spesso era preso di mira da altri ragazzi più grandi. Creammo da lì poco a poco una solida e profonda amicizia fatta di risate, giochi e confidenze, era diventato il mio migliore amico ed io la sua migliore amica. 
Un giorno come tanti quell’amicizia che sembrava infinita, dove per la prima volta avevo conosciuto qualcuno che descrive appieno chi ero, chi era Abbie per qualcuno svanì. Lui non disse nulla, mi accorsi solo quando arrivavo a scuola di sentirmi sempre più sola e che nessuno avrebbe mai più pronunciato il suo nome. Così persi l'unica persona che non mi faceva pesare il fatto di non avere più un padre, anche se in realtà non lo avevo mai conosciuto realmente, non sapevo che voce avesse, quali abitudini era solito rincorrere, l’unica cosa che ricordo perfettamente erano le curve del suo volto che ricercavo solo tra gli album di ricordo che mia mamma mi raccontava ogni sera prima di farmi addormentare.

Qualche anno più tardi..

Erano ormai passati circa venti giorni da quando ebbi la tanto sospirata laurea. Quella mattina, erano circa le 7 quando mi madre mi venne a chiamare - Abbie! Amore alzati - 
Mi giro continuamente nel letto quasi infastidita dal suo chiamarmi. Improvvisamente sento mia madre che mi toglie le coperte che avevo fin sopra i capelli quando decisi di alzarmi replicando - Mamma, ma sei impazzita per caso? - 
- Tesoro preparati c’è un ragazzo che ti sta aspettando giù in salotto, sbrigati - 
Rimasi pietrificata nel sentirgli dire quelle parole - Ragazzo? Ma cosa - 
- Ti ricordi di Stephan Cox? - entusiasta nel pronunciare quel nome.
- Sì, il figlio di Great Cox, il proprietario della famosa ditta di macchine fotografiche che si trova sulla Madison Avenue! - 
Annuì continuando - Esattamente -
- Non capisco, perché si trova nel nostro salotto? -
- Mi ha raccontato che vi eravate conosciuti al secondo anno di Università, solo che frequentavate due facoltà diverse - la zittisco prima che il suo discorso diventasse troppo lungo da non capirci più niente.
- Fermati un momento mamma, non per questo voglia frequentarlo. Andiamo siamo due persone diverse, non c’è niente che ci lega solo la passione per la lettura e fotografia - 
- Abbie per favore cerca di fare un piccolo sforzo, nel frattempo ti aspetto giù -
Mi preparo di tutto punto, mi infilai la prima cosa che trovai davanti, una maglietta a mezze maniche vista la giornata abbastanza afosa che rifletteva la mia camera in quel preciso istante, dei jeans stretti a vita alta, scarpe da ginnastica le nike più precisamente e capelli raccolti in una coda di cavallo.
Scesi le scale che conducevano al soggiorno, sul divano c’era ad aspettarmi mia madre e Stephan con un enorme mazzo di rose rosse freschissime, avevano profumato tutto l’ambiente e l’aria divenne rilassante. Ricordavo perfettamente che Stephan era un ragazzo di bell’aspetto, semplice nel vestire ma molto educato e gentile nei suoi modi di fare, era romantico e sognatore proprio come me, ad essere sincera non credevo di piacergli così tanto quando quella mattina mi confermò i suoi sentimenti verso di me.
- Ciao Abbie, scusami se sono piombato senza avvisare - si avvicina porgendomi le rose - Ecco tieni, queste sono per te -
- Stephen grazie, a dir la verità non devi scusarti anzi mi fa molto piacere averti rivisto. Era da un pò che non ci vedevamo - 
Mia madre ci lasciò soli per poter continuare la conversazione appena iniziata.
Posai le rose sul divano quando mi invitò a sedermi accanto a lui, quando continuò dicendomi - Abbie ascolta ti sarai resa conto sicuramente che non sia venuto qui solo per vederti giusto? Ti ricordi il giorno che ci vedemmo per la prima volta? Ecco da quel giorno non ho fatto altro che pensare a te, a quello che potevamo essere, noi e due insieme - lo zittì quando pensai ad una sola cosa - Stephen vai al dunque, non farmi stare in ansia più di quanto non lo sia in questo momento - 
Vidi così estrarre dal taschino dei pantaloni una scatolina di Tiffany meravigliosa, la cura dei dettagli lasciava senza parole, era bianca di velluto con un piccolo fiocco verde acqua tipico del brand.
- Mi vuoi sposare? Vuoi dividere la tua vita insieme a me? -
Non sapevo se piangere o ridere ma di sicuro quel momento mi rimase nel cuore e nell’anima per sempre. Emozionata da quella sua proposta gli risposi di sì.
Mia madre che aveva ascoltato tutto, ci corse incontro congratulandosi di felicità.
In quel preciso momento la mia vita fu stravolta dal sogno di molte donne, il matrimonio. Non potevo ammettere di essere innamorata persa di Stephan ma di sicuro ero serena accanto a lui, sapevo che sarebbe stato un buon partito ed un marito perfetto. 

L' addio mai dimenticato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora