tell me something about you

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Mentre prendevo un sorso dell'ottimo vino rosso che Harry aveva fatto portare, guardando l'ottimo piatto di fronte a me, mi sentii alquanto a disagio.

Con Harry era e, doveva essere, sempre tutto perfetto. Come potevo trovarmi a cena con lui in quel momento?

"Abby" Harry posò le posate. "Non ti piace quello che stai mangiando?" Mi chiese interrogativo.

Scossi la testa. "È tutto buonissimo, solo che..sono abituata ad intrattenere una conversazione con chiunque io sia a cena"

Harry si schiarì la gola.
"Parlami allora."

Lo guardai negli occhi. Come poteva essere così taciturno e poi sorprendermi con inviti a cena?

"Dimmi di te." Gli risposi.

I suoi occhi mi guardarono confusi. Probabilmente nessuno gli poneva mai domande così banali.

Mi sistemai i capelli dietro all'orecchio e aspettai una risposta.

"Non sono abituato a parlare di me, Abigail, o almeno della mia vita privata."

Sospirai. "Vuoi parlare di lavoro? Mi hai invitata per questa?" Lo guardai infastidita.

Mi guardò severamente. Domanda sbagliata.

Posai i gomiti sul tavolo e capii che avrei dovuto iniziare io a parlargli.

"Va bene, signor Styles." Dissi seria, sapevo che lo avrebbe infastidito. "Parliamo di me. Anche se presuppongo che tu già sappia tutto. O quasi. E non so neanche in che modo."

Mi guardò con un leggero sorriso. Presi un sorso di vino, avevo davvero bisogno di maggiore sicurezza per quella conversazione.

"Studio architettura, come già sai. Vivo nella parte Est di Brooklyn, come già sai. Ho 22 anni e una passione per l'arte." Mi fermai un attimo. "Non c'è molto altro da dire su di me, in effetti."

Rimase a guardarmi. "Cosa ci facevi l'altro giorno nella mia azienda?"

Mi sentii alquanto accaldata. Avrei dovuto dirgli o meno di mia sorella? E se si fosse arrabbiato con lei? O se le avessi fatto perdere il posto? Accidenti.

"Abigail.." Mi guardò. "So perfettamente che sei la sorella di Julia Forks. Non ho impiegato molto a chiederlo alle receptionists del piano terra e a farmi due conti di chi saresti potuta venire a trovare."

Maledizione. Se allora lo sapeva già perché me lo aveva chiesto? Harry Styles era tutto da capire.

"Allora..parlano davvero quelle receptionists?" Chiesi titubante. In effetti assomigliavano più a macchinette che a vere persone.

In risposta a quella che era una mia innocente domanda, Harry scoppiò a ridere. Era la prima volta che lo vedevo ridere, e che notavo specialmente quelle due meravigliose fossette ai lati delle sue labbra.

Sospirai. Come poteva essere talmente bello?

Quando smise di ridere, riconquistata la sua compostezza formale, mi rispose: "Si, Abby, parlano e anche molto eloquentemente."

Gli sorrisi in risposta.
"Giuro che non è colpa mia. Quando sono entrata, temevo fossero dei robot sistemati dietro la reception." Alzai le spalle.

Harry mi sorrise di nuovo.
"Abby, Abby, Abby, come fai ad essere così ingenua?"

Lo guardai, sfidandolo. "Dipende da se e come io voglia essere ingenua."

La piega che stava prendendo il discorso iniziava ad essere interessante.

"In effetti.." Proseguì lascivo. "Non mi sei sembrata così ingenua al nostro primo incontro."

"E tu mi sei sembrato alquanto stronzo al nostro primo incontro, Harry." Ripetei per le rime.

"Touché." Mi rispose prontamente, prima di prendere un sorso di vino.

Quel bicchiere diventava la cosa più invitante al mondo, quando era tra le sue labbra. Mi schiarii la gola, cercando di distogliere la mia mente da questi pensieri.

"Non mi piacciono le persone arroganti. O che almeno si presentano tali." Mi spiegai, alzando le spalle con tranquillità.

"Mi consideri arrogante, Abigail?" Mi chiese con un sopracciglio inarcato.

"Forse, e anche un po' narcisista. Però, Harry, ti ripeto" Presi un altro sorso di vino. "Devo ancora inquadrarti bene." Gli dissi, fingendomi seria.

Harry mi guardò, con un piccolo sorriso, scuotendo la testa e, dopo altre conversazioni di sfida tra di noi e commenti sull'ottimo cibo, decidemmo di alzarci dal ristorante.

Mentre camminavamo, pose la sua mano alla base della mia schiena di nuovo. Quel contatto mi fece tremare, accompagnato anche dal suo inebriante profumo e dalla sua vicinanza eccessiva.

Quell'uomo era illegale.

Di nuovo seduta sugli eleganti sedili di pelle della sua Audi, mi girai verso di lui, curiosa.

"Quanti anni hai, Harry?"

"Abby." Mi avvertí, alquanto brusco. "Sai che non mi piace parlare della mia vita privata."

Lo guardai implorante. "Devo sapere almeno qualcosa dell'uomo con cui sto uscendo. Per favore!"

Harry inaspettatamente mi guardò divertito.
"Usciamo insieme ora, Abby?"

Le mie guance si tinsero di rosso. Stavo per dire che non era propriamente quello che intendevo, ma Harry mi interruppe. Altra brutta abitudine.

"26." Di fronte alla mia espressione confusa, continuò. "Ho 26 anni, Abby. Ora non esultare troppo per questa confessione."

Gli sorrisi in risposta, di fronte al suo atteggiamento finto serio. Avevo iniziato a capire quando Harry nascondeva dietro quell'aspetto così serioso l'Harry giocoso che mi faceva sorridere tanto.

L'autista si girò verso di noi. Disse ciò che temevo di più che avrebbe potuto dire.
"Siamo arrivati, signor Styles."

Lo guardai in risposta. Non sapevo cosa dire dopo quella serata. Cosa sarebbe successo dopo? Avremmo continuato a vederci? O era giusto un'uscita di prova?

"A cosa pensi?"

Come se lui mi avesse letto nel pensiero, scossi la testa. Non doveva sapere dei miei drammi adolescenziali. Forse per lui era normale uscire con milioni di donne e poi non vedersi più. Magari ero io a farmi tanti problemi.

Sospirai. Ero stata fin troppo bene con il signor Styles.

Gli feci cenno per scendere, ma prima che si spostasse mi tese la mano. Lo guardai confusa. Voleva che gli prendessi la mano?

"Il telefono, Abby."
Capii in un secondo momento cosa voleva dire. Il mio cuore perse un battito. Questo significava che ci saremmo visti di nuovo?

La solita me, fan di Harry, iniziò a ballare un tango da sola.

Cercando di rimanere seria, glielo porsi e vidi Harry, con le sue lunghissime dita affusolate, piene di tatuaggi e anelli, digitare il suo numero velocemente. Almeno speravo fosse il suo.

Quando ebbe finito, me lo restituì e mi fece scendere dalla macchina.

Lo guardai, con i capelli leggermente scombinati dal freddo vento autunnale di New York.

"Grazie per questa serata, signor Styles." Sorrisi.

Lui alzò gli occhi al cielo, ma prima che me ne potessi accorgere, si avvicinò a me e mi schioccò un leggerissimo bacio sulla guancia.

"Buonanotte, Abigail Forks."

Eyes. {H.S}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora