his house

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Dopo aver ascoltato varie altre canzoni e bisticciato per chi fosse migliore tra gli AC/DC e i Led Zeppelin (ero rimasta letteralmente scioccata quando Harry mi aveva nominato queste band e, per di più, aveva ammesso che gli piacessero), arrivammo di fronte a una villa estremamente lussuosa.

Non ci voleva grande immaginazione a capire che lui vivesse in un posto del genere. Come capo delle 'Styles Enterprises' immagino avesse grandi possibilità economiche.

Cavolo, avrei pagato perché mi fosse assegnato il progetto di una casa simile alla sua. Avrei dovuto chiedergli informazioni riguardo all'architetto. Ero troppo curiosa.

Felice e a mio agio, scesi dalla macchina, seguita da Harry, che consegnò le chiavi al suo autista. Mi ricordai che non sapevo neppure il suo nome. Sarebbe stato cortese presentarmi.

"Buonasera, piacere io sono Abby." Gli dissi, avvicinandomi e tendendogli la mano. Sentii la presenza di Harry alle mie spalle. Non volevo neanche sapere che faccia avesse.

L'autista, che intervallava lo sguardo tra il mio viso e quello del suo capo (perché Harry era sempre dannatamente il capo di tutti?) mi rivolse un sorriso tirato e, come se aspettasse un cenno da Harry, mi disse:
"Piacere mio, mi chiamo Rodger."

Mi accorsi che non aveva stretto la mano che gli avevo porto. Che strano. Dopo avergli sorriso nuovamente mi girai verso Harry, che tradiva un'espressione molto infastidita.

Sospirai. Ecco di nuovo l'Harry capo di un impresa multimilionaria, l'Harry robot serioso. Quando si girò a guardarmi percepii il suo fastidio, ma gli feci cenno comunque di entrare.

Lui annuì e mi prese per un fianco, lasciando scivolare ciò che era successo. In quel momento esistevamo solo io, lui, e la sua mano possente che era separata dalla mia pelle soltanto dalla leggera stoffa del vestito.

Deglutii.

L'ambiente all'interno della casa era indescrivibile. Un pavimento di marmo bianco illuminava l'atmosfera, accompagnato da candidi lampadari moderni che si diramavano dal soffitto.

Un divano, di pelle nera, era posto al centro del salotto, di fronte a un enorme camino confortevole. Tutto era preciso, asettico, pulito.

Era come se l'anima di Harry fosse stata intrappolata in quelle mura. Anche se non mi ci avesse portato lui, avrei capito che era casa sua.

Harry si schiarì la voce.
"Uhm, allora, ti piace qui?"

Lo guardai. Non poteva immaginare quanto mi piacesse. Non potevo neppure esprimerlo a parole.
"Harry è, è davvero incredibile. Non so cosa dire."

Al mio commento, Harry sorrise leggermente e mi portò verso quella che intuii fosse la cucina. C'era un grande pianoforte a coda in mezzo alla stanza. Immaginai che suonasse.

Esisteva qualcosa che Harry Styles non sapesse fare? Mi fermai dal chiedergli se suonasse, visto che lui l'avrebbe ritenuta una domanda scontata.

Adesso pensavo anche come lui. Grandioso.

Harry mi colse alle spalle con un calice di vino.
"L'altra sera mi sono accorto che ti piace particolarmente questo vino." Me lo indicò.

Gli sorrisi.
"Noti sempre tutto, signor Styles."

In risposta Harry roteò gli occhi al cielo, e io approfittai per sgattaiolare in cucina. Un ottimo profumo arrivò alle mie narici e la fame tornò a farsi sentire.

"Cosa hai preparato?" Chiesi innocentemente.
Lui mi guardò con la sua solita espressione di disappunto, allora riformulai:
"Cosa ci hanno preparato?"

"Penso un entrecôte di vitello con pomodorini scottati." Disse semplicemente.

Lo guardai in modo stupito. Potevo essere stupida, ma non avevo idea di cosa fosse l'entrecote, o qualsiasi parola Harry avesse pronunciato.

Avendo inteso la mia confusione, si avvicinò:
"È un filetto di vitello, con dei pomodorini. Tutto qui Abby."

Prima che potessi ringraziarlo di avermi spiegato, lui mi condusse in salotto dove prese posto sul divano.

Feci lo stesso anche io.
"Questa casa ti rappresenta totalmente."          Mi lasciai sfuggire, prima di potermi fermare.

Harry annuí. Decisi di continuare.
"Perché sento che, oltre al lato che mostri, ce ne è anche un altro che non lasci vedere a nessuno?"

Lo guardai attentamente. La curva della mascella pronunciata, il mento marcato, tutto del suo profilo era ben proporzionato e così bello da guardare.

Harry fissò lo sguardo sul pianoforte.
"Sai che non mi piacciono queste domande, Abigail."

Il tono freddo che usò, unito all'Abigail, mi fecero capire che si era rabbuiato. Perché non rispondeva mai alle mie domande?

"Harry" Avvicinai una mano a lui. "Non posso uscire con una persona di cui non so assolutamente nulla." Gli dissi semplicemente.

Harry mi guardò.
"Non usciamo insieme infatti."

La freddezza delle sue parole mi colpí più del dovuto. Se non uscivamo insieme perché mi aveva invitata lí? Perché allora mi passava a prendere a casa, o sotto l'università?

Odiai la sua freddezza in quel momento, odiai il suo chiudersi in se stesso.

Rialzai lo sguardo su di lui.
"Allora perché sono qui?"

Harry scosse la testa, mettendosi le mani sulla fronte.
"Non lo so neppure io."

Ecco come era Harry. Un momento felice, sorridente e scherzoso, quello dopo scontroso e introverso. Il suo carattere così altalenante mi faceva talmente innervosire.

Sospirai, alzandomi.
"Se allora non lo sai, è meglio che io vada" Cercai di dire nel modo più convincente possibile.

Non potevo credere che già alla seconda uscita, Harry avesse mandato tutto a puttane. Stupida io, che non so cosa avessi pensato.

Ripresi la borsa dal divano e, vedendo che lui non accennava a muoversi, andai verso l'entrata, dalla quale una decina di minuti fa ero entrata con la sua mano sulla mia vita.

Prima che potessi afferrare la maniglia, un braccio forte mi prese per il polso.

Mi girai, trovandomi Harry accanto, con i suoi grandissimi occhi verdi puntati su di me. C'era un qualcosa, una punta di incertezza in loro. Avrei voluto accarezzargli il viso.

Avvicinandosi piano piano a me, mi sussurrò dolcemente:
"Resta."

Eyes. {H.S}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora