Nico di Angelo era devastato.
Era appena tornato dal Tartaro, quei due giganti lo avevano rinchiuso nella giara e sentiva l'ossigeno mancargli.
Pensava che non ce l'avrebbe fatta, la testa gli girava, i ricordi lo assalirono...
Era per le strade di Venezia con Bianca e la madre. Quest'ultima era vestita di nero, i capelli scuri erano avvolti nel vento, il suo sorriso era quello di qualcuno che ti amava, i suoi occhi mostravano il suo passato. Era l'unico ricordo che aveva di lei. La seconda guerra mondiale era alle porte e lui e sua sorella vennero portati in America per poi alloggiare nell'Hotel Lotus a Los Angeles. Si ricordò delle giornate passate in quella scuola militare, di quando passava il pomeriggio a giocare a Mitomagia e ogni volta litigava con sua sorella perché continuava a cambiare a suo piacimento i punti dei personaggi.
Il primo giorno che aveva scoperto di essere un semidio era felicissimo, il suo gioco preferito, Mitomagia, era diventato realtà ed era come un sogno. Percy lo aveva impressionato, voleva diventare un eroe come lui, voleva essere forte come lui. Quando Bianca andò a far parte delle cacciatrici di Artemide si sentì abbandonato, era felice per la sorella però era la prima volta che se ne separava... non era abituato. L'aspettò con ansia, voleva sentire le storie che aveva da raccontare, i mostri combattuti, si aspettava una storia come quella dei grandi eroi! La realtà fu crudele con lui, la storia che arrivò non fu un'avventura ma una tragedia. Quando Percy gli diede la notizia lui dalla rabbia evocò degli scheletri pertanto li sotterrò subito dopo e se ne andò.
Aveva dato la colpa a Percy, ma sapeva che in realtà era sua. Bianca aveva solo pensato di fargli un regalo, l'ultima statuetta di Mitomagia che gli mancava, Ade.
Lo stesso dio che le aveva preso la vita.
Era morta per una semplice statuetta, per regalargli un giocattolo. Ora, però, quel gioco non aveva più senso per lui, era vuoto.
Era più divertente quando ci giocava con sua sorella, oramai non l'avrebbe più potuto fare.
La scena cambiò.
Si ritrovò davanti allo spirito di sua sorella.
Voleva chiamarla, ma non ne aveva le forze.
"Ciao, Percy" disse.
Lui non amava quel ricordo, gli portava dolore.
Quando finalmente riuscì a evocare la sorella lei salutò Percy e non lui, il figlio di Ade gridò verso di lei per la frustrazione, le disse che non doveva fidarsi di Percy.
Quel ricordo gli portava dolore perché era in quel momento che capì dove aveva sbagliato, ma non era solo quello... aveva capito anche cosa provava per Percy, non più odio ma amore. Si ricordò quando aveva visto Hazel nei campi della pena, era diversa dagli altri spiriti. Ricordava il suo passato e la sua figura emanava una luce dorata.
Lui l'aveva salvata, la fece diventare sua sorella, era l'unica persona che lo avrebbe mai compreso. Anche lei veniva da un'altra epoca, anche lei era una figlia di Ade.
Ricordò quando il padre gli aveva mostrato il Campo Giove, gli aveva detto di non rivelare a nessuno della sua esistenza. All'inizio non ne capiva il motivo, però poi comprese. I due campi sarebbero andati in guerra, ci sono sempre stati conflitti tra Romani e Greci e non portavano mai a nulla di buono. Ricordò quando vide Percy al Campo Giove, all'inizio pensava che fosse solo qualcuno che gli somigliasse poi si rese conto che era lui. Era andato in panico per un momento, ma quando gli dissero che il figlio di Poseidone aveva un'amnesia si sentì sollevato. Aveva paura di quello che sarebbe successo, di come avrebbe reagito se avesse scoperto la sua identità.
I ricordi continuarono a salire finché non arrivarono quelli lì del Tartaro, le cose che aveva visto, le Porte della Morte...
All'improvviso si ricordò di un dono, un dono da parte di Persefone.
I semi di melagrana.
Gli aveva spiegato che contavano come un pasto giornaliero e che lo avrebbe tenuto in vita senza bere o mangiare.
Ne aveva dieci.
Poteva sopravvivere per altri nove giorni poi avrebbe lasciato il suo destino alle Parche.
Ne prese uno e lo ingoiò, poi si addormentò.
Si ritrovava in un giardino, una valle forse?
Era ricolma di fiori selvatici.
Non era mai stato lì, pertanto non sembrava una visione, riuscì, infatti, a cogliere un fiore giallo.
"Ciao" una voce la salutò
Nico sguainò la spada "CHI SEI TU?"
"Ehi, Raggio di Sole. Sono qui"
Il figlio di Ade si girò e vide un ragazzo che lo salutava con la mano.
Era alto qualche centimetro in più di lui, aveva i riccioli biondi disordinati, gli occhi blu come il cielo, la carnagione abbronzata, la sua faccia era ricoperta di lentiggini, indossava la maglietta arancione del campo, dei pantaloncini corti di jeans ed era scalzo.
"Per favore, puoi abbassare la spada? Come puoi vedere non sono un mostro"
"Prima dimmi chi sei"
"Io?"
"No, l'avevo chiesto all'albero dietro di te, non vedi che parla? CERTO CHE L'HO CHIESTO A TE"
"Sono Will Solace, figlio di Apollo. Ora puoi mettere via la spada Raggio di Sole?" rispose e gli porse la mano
"Ok, ma puoi smetterla di chiamarmi in questo modo?"
"No, Raggio di Sole. Non ti ricordi di me? Nella battaglia con Crono dell'anno scorso ho medicato molte persone"
Nico non adorava quella battaglia.
I giorni successivi lo avevano adorato per come aveva combattuto, poi dopo poco più di una settimana ripresero ad evitarlo e ad avere paura di lui.
"Mi dispiace, ma non mi ricordo"
"Fa nulla, tanto sono sempre i combattenti ad essere ricordati, non quelli che li curano. Pazienza" disse sorridendo.
All'improvviso Nico sentì un dolore lancinante alla testa. I ricordi del Tartaro lo assalirono.
Stava avendo un blackout come quelli di Hazel. Cominciò a gridare con tutta la sua voce, sentiva come se quei ricordi lo potessero avvolgere e farlo scomparire.
Gridare gli sembrava l'unico modo per rimanere ancorato alla realtà.
"Ehi, che ti succede?!"
Will si era avvicinato a Nico.
Il figlio di Ade era inginocchiato a terra, teneva la testa tre le mani, ansimava per prendere fiato e sudava freddo.
Solace si inginocchiò di fronte a lui e lo abbracciò.
Nico si sentì strano, era da tanto che non provava l'emozione che dava un abbraccio, pertanto non si oppose.
Riuscì a sentire che quell'abbraccio era reale, non era come quelli lì che gli avevano dato dopo la vittoria, no. Sentì il calore del figlio di Apollo avvolgerlo e riportarlo alla realtà.
"Ehi, tranquillo Raggio di Sole. Va tutto bene"
Quelle parole lo rassicurarono.ANGOLO AUTRICE
Ciao, spero che questa fan fiction vi possa piacere. Sono anche io una figlia di Ade e ho una domanda...
Ma vi siete accorti che le patatine al formaggio di cui Leo si strafoga in "Eroi dell'Olimpo" sono le nostre Fonzies?
Io ci ho pensato subito perché in Italia sono le uniche patatine al formaggio che avresti trovato nei 2000.
PAZZESCO.La copertina e il disegno ad inizio capitolo non sono miei, li ho trovati su Pinterest pertanto non conosco l'artista originale (e magnifico) quindi non posso citarvelo :(
Sì, ho preso la copertina da questo fumetto.
Traduzione:
Nico: mi d-dispiace... non sono stato abbastanza forte...
Nico: io...
Will: hey, guardami.
Will: tu sei forte, ma va bene essere anche deboli. È solo che non sei da solo. Posso essere io forte per te.
Will: per una volta lascia che sia io quello più forte, ok?Rido per non piangere :,)
Secondo voi riusciremo a convincere ad Apollo a far finire la pandemia?
Intanto aspettiamo che si calmi :/
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Il sogno che mi ha salvato- Solangelo
Fanfic(Il marchio di Atena) E se Nico durante lo stato di dormiveglia nella giara avesse sognato qualcuno? E se fosse stato quel qualcuno a riuscire a fargli mantenere la ragione? Il Tartaro fa impazzire e Nico l'ha attraversato da solo, stava per perdere...