"Persona", dall'etrusco "Persōna", letteralmente "maschera dell'attore".
Carolina sfogliava con le sue piccole dita colorate di blu l'album delle foto di famiglia, leggermente consumato ai lati delle pagine.
"Persone, persōne, maschere." pensò che tutto questo aveva un senso.
Un sospiro di noia uscì dalle sue labbra e allargando le braccia si lasciò cadere sul piumone d'oca che sua madre aveva comprato perché, cito, "Costerà anche tanto ma è un investimento per i prossimi decenni mia cara".
Aveva diciannove anni e, ormai da quando ne aveva sei, amava l'etimologia.
Fissava il bianco del muro della sua cameretta e quelle puntine colorate che attaccavano foglietti e foto qua e la, mentre pensava alla prima parola di cui aveva scoperto l'etimologia.
Era il primo giorno di scuola elementare e un ammasso di bambini dalle cartelle colorate stava accoppiato con la propria mamma davanti all'entrata.
Tutti piangevano, Carolina no. Teneva semplicemente la mano di sua madre aggrappandosi con il mignolo e l'anulare. "Che vuol dire piangere?" disse la piccola inclinando il viso in modo da riuscire a guardare la madre. "Percuotere, Battersi il petto, deriva dal latino sai?" rispose lei con fare tranquillo. Carolina non capiva, era confusa, non vedeva nessuno battersi sul petto.
Chissà perché dicevano "piangere" per descrivere quella scena? Non aveva senso.
Solo dopo l' uscita di "Avengers: Endgame" Carolina si rese conto del senso di quella parola, quando aveva ormai diciassette anni e insieme ai brufoli cominciò ad arrivare anche un briciolo di consapevolezza.
Dei passi lievi picchiettavano a tempo sul parquet del corridoio e Carolina socchiuse gli occhi sapendo che quella era sua madre.
"Carol, cara, è ora di-" venne interrotta da Carolina stessa. "Alzarsi e fare qualcosa" concluse lei con una scarsa imitazione delle voce della madre senza aprire gli occhi.
Non vide l'espressione della madre, ma la immaginò andarsene con il viso impassibile, al solito, fino a quando non sentì la porta chiudersi alle sue spalle.
Poggiò i piedi sul tappeto alla base del letto, tirandosi su strisciando come un bruco.
Raccolse i lunghi capelli biondo cenere, lisci e un po' increspati sulle punte, in una cipolla disordinata e prese da terra un maglioncino largo e leggero che le lasciava scoperte le clavicole.
I suoi piedi si trascinarono sul pavimento fino al bagno, dove iniziò a lavarsi i denti con il suo spazzolino in bambù.
Il suo cellulare, appoggiato sulla mensola del lavandino, si illuminò e Carolina lesse il nome della sua migliore amica sullo schermo, così rispose mettendo il vivavoce.
"Ciao, Blöde ziege!" disse la voce entusiasta dall'altro capo del telefono. Selena ha un'immensa passione per il tedesco, in particolare per gli insulti tedeschi, li trova affascinanti. Blöde ziege significa "stupida capra" e per Selena sembra essere uno dei più belli.
"Buonfiorno" mugugnò Carolina con la bocca piena di dentifricio poco prima di aprire la bocca e sputarlo. "Ho una proposta da farti, Cara Carol" (a quanto pare Selena trovava divertente anche chiamarla -Cara Carol- o -Cara Carolina-).
"Spara." rispose lei senza emozioni nella voce, passando l'asciugamano sul viso umido.
"Sta sera andiamo alla festa di quel Verrückt (idiota) di Nolan, ci divertiamo un po', torniamo da me a dormire e domani guardiamo "the Falcon and the Winter soldier" insieme, dato che esce in anteprima alle 15.00" Carolina non capì quasi nulla di ciò che Selena disse nella bellezza di cinque secondi, ma non le andava di fare qualcosa che richiedesse divertimento, o per lo meno, qualcosa che richiedesse di provare a divertirsi.
"Non prendertela, non mi va molto di... fare qualcosa" abbozzò Carolina.
Ormai da due mesi Carol era molto apatica, questo principalmente le dava fastidio perché sembrava davvero sua madre.
"Senti, lo so che hai il cuoricino spezzato da quel Bryan, ma è ora di reagire e muovere quelle chia..." Selena continuò a parlare ma Carolina non sentì più nulla.
La sua mente era ora concentrata solo sul nome Bryan, sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi di lui. Aveva sempre pensato che l'etimologia delle parole dicesse più delle parole stesse, in questo caso l'ipotesi più accreditata dell'origine del nome Bryan è "Inferno".
-Diceva già tutto- pensò Carolina.
Era stata Selena a dirle di non dare peso all'etimologia del nome di un ragazzo, diceva che non sempre si sarebbe rivelata adatta alla descrizione di quest'ultimo.
Carolina però credeva nelle probabilità, e "non sempre" non è una probabilità molto alta.
"Ci siamo intese?" disse infine Selena con la voce robotica che usciva dal telefono.
Carol non aveva idea di cosa avesse detto, ma sapeva che sarebbe stato bene non contraddirla, così si sforzo di sibilare un -mhmh-.
"Fra due ore sono li, fatti trovare in tiro e con un minimo di palle. Parlo metaforicamente."
Carolina sorrise all'ultima precisazione di Selena e attaccò il telefono decisa e carica a provare ad ignorare il fatto che fosse distrutta.
I suoi calzini spaiati tornarono nella stanza, questa volta senza trascinarsi.
Si avvicinò alla sua libreria, dove alla terza mensola c'era la sua immensa collezione di vinili.
Carolina pensava che il mondo fosse, più o meno, diviso così:Lei, sicuramente, non ascoltava i cd.
Prese il vinile dei The Lumineers e lo poggiò sul giradischi, lasciando che la lancetta cadesse, facendo risuonare lieve nella stanza "Sleep on the floor."
I raggi del sole passavano leggeri fra le tende bianche, colorando di un giallo sbiadito la pelle di Carolina che iniziò a muoversi a ritmo di musica, scuotendo la testa a tal punto da far sciogliere lo chignon, mentre la fragranza al miele inconfondibile del suo balsamo inondò le sue narici.
Molleggiava senza senso, lasciando le braccia e le gambe pesanti, come a scrollarsi di dosso qualcosa, più la canzone andava avanti e più si sentiva sollevata, leggera.
Continuava a cambiare vinile di tanto in tanto, provando mille mila vestiti diversi, creando una montagna di tessuti e colori differenti su quel investimentoperiprossimidecenni-piumone.
Provò infine un vestitino di seta, corto, abbastanza attillato, dello stesso colore della lavanda, e inverosimilmente, sembrava averne anche il profumo.
Legò di nuovo i suoi capelli in una cipolla abbozzata, non precisa, -Carolina odiava le cose precise- lasciando il collo scoperto, che abbellì poi con una catenina d'oro molto sottile e semplice.
Tolse quei calzini spaiati e camminò in punta di piedi sul freddo pavimento fino alla scarpiera, dove afferrò un paio di décolleté color carne o molto simile.
Prese al volo il telefono e scese le scale quasi spensierata, gridando un "Ma', esco!" mentre percorreva il corridoio, aprendo la porta giusto in tempo per vedere l'amica Selena accostare al vialetto di casa sua.
Selena aprí la portiera dal dentro, invitandola ad entrare nella macchina, e così fu.
"Avevo detto in tiro ma wow, ti sei proprio sforzata, sembra che tu stia andando ad una comunione." Carolina non diede peso a quelle parole, d'altronde arrivavano dalla stessa persona che ha quasi ingoiato un dizionario degli insulti tedeschi. "Selena" rispose con il tono di voce intento a salutarla e poi "Buonasera anche a te ciminiera." disse picchiettando il palmo della mano sul cruscotto.
-Ciminiera- era la macchina di Selena, testimone di tante sigarette. Alcune fumate con i finestrini giù e la musica al massimo mentre cantavano a squarciagola, altre consumate con un sottofondo tranquillo, i piedi sul cruscotto e una leggera brezza fra i capelli, altre nel silenzio durante qualche discorso serio, altre ancora hanno assistito a grida, qualche insulto in tedesco e qualche lacrima.
Carolina trovava estremamente poetica il fatto che per un fumatore le sigarette scandissero il tempo, diventando testimoni dei momenti più importanti della vita stessa, riducendoli, infine, in cenere. Poi, Ciminiera deriva dal latino "Caminus", letteralmente "focolare" e questo era ancora più simbolico.
Mentre Carolina pensava, appunto, alla parola "focolare", essa le fece pensare all'inferno, a Bryan, che, nonostante le avesse spezzato il cuore, era anche stato l'unico capace ad infuocarlo.
-Che dolore- pensò Carol, -quando dopo un incendio resta solo la cenere.-
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Etimologia di Carolina
General Fiction"Romanzo", dall'antico "Parlar romanzo" (e non barbarico). Quanta autostima che avevano i romani. Così, per riderci un po' su ho deciso che questo non è un romanzo, preferisco parlare in barbarico, io.