Ormai erano quindici minuti che le ruote dell Ciminiera sfrecciavano sulle strade malmesse di Holmes Chapel, e Carolina vide in lontananza quella che era la casa del Verrückt, come lo chiamava Selena.
Non sapeva bene cosa aspettarsi, d'altronde era andata a poche feste, per non dire zero, da quando il suo focolare si era trasformato in cenere.
Le persone erano ammucchiate a gruppetti di cinque o sei, con le dita a stringere i loro bicchierini di carta rossa, di quelli da cliché sulle feste americane.
Carolina era una persona da radiografia, di quelle che notano tutti i dettagli insignificanti, e soprattutto, di quelle che questi dettagli insignificanti se li ricordano per sempre.
Odiava mischiarsi con gli adolescenti, nonostante anche lei lo fosse. Li trovava noiosi, scontati, uguali.
A lei piacevano le stranezze, le diversità, le piccolezze.
Quando era bambina e tutti ascoltavano il pop commerciale, Carolina andava ai concerti dei Metallica, con una bandana rossa e nera a stringerle le tempie, accompagnata dallo zio, classico uomo da "Wall Street". Le faceva molto ridere vederlo con l'espressione schifata fra tutti quei metallari sulla quarantina, costretto da una dodicenne a sorbirsi ore di musica assordante.
Era sempre stata quella diversa, e le piaceva essere anticonformista, sapeva che coloro che le stavano vicini volevano farlo per davvero.
Selena toccò il gomito di Carolina come a risvegliarla dai suoi pensieri, e con una lieve scossa del capo lei tornò in sé, fra i gruppetti e i bicchieri rosso-cliché.
Guardava tutti quei visi giovani bere cocktail fruttati per riuscire a fare cose azzardate, come baciare il ragazzo che ti piace, mentre lei beveva per altri motivi.
Beveva per sentirsi a suo agio, non con gli altri, ma con se stessa.
Per riuscire a perdonarsi un poco per essersi mischiata con gli Altri.
Si sentiva come suo zio al concerto dei Metallica, solo peggio.
Giocherellava con l'anellino di sua nonna con le sue piccole dita mentre aspettava al bancone il suo bicchiere di "c'era una vodka Carolina in mezzo agli Altri".
Selena rideva mentre parlava con un certo Fred, il tipico ragazzo delle tipiche commedie per liceali, con le spalle larghe, il gel nei capelli e poche voci nella lista di cose interessanti da dire.
Odiava quando Selena si conformava alla massa, lei era diversa, Carolina lo sapeva, e odiava quando fingeva di non esserlo per integrarsi.
Quelle piccole fossette sul suo viso magro però la tranquillizzavano, la cullavano come le onde del mare in una serata di fine giugno.
Carolina odiava il mare a giugno, lo preferiva d'inverno, quando le onde non hanno paura di sbattere sugli scogli.
Odiava essere cullata, preferiva uno schiaffo, ma per lo meno vero.
Venne, per l'ennesima volta, distratta dai suoi pensieri quando Fred le tese la mano con un sorriso, con l'intento di presentarsi.
Le convenzioni sociali erano stupide per Carolina, ma per la società no, quindi si sforzò di fare un sorrisetto mentre accoglieva la mano di quel ragazzo.
-Che cosa stupida, presentarsi con il nome- pensò Carolina.
Mentre il ragazzo parlava Carol si chiese se sapesse che Fred significa "sovrano pacifico".
Ora la sua mente andava più o meno così:
1. I sovrani pacifici non se li ricorda mai nessuno.
2. È una cosa così stupida perché:
a. Uno si spreca tanto per essere il miglior sovrano possibile e poi non viene calcolato.
b. Ricordare solo alcune cose è limitante.
c. Come aver assaggiato solo i cocktail che non ti piacciono.
d. Forse dovrei assaggiare il French 75, che è stato creato in onore di un'arma francese utilizzata nella prima guerra mondiale e che viene chiamato anche Angel Face.
e. Chi chiama Angel Face un cocktail dedicato ad un arma di distruzione di massa?Decise che stava divagando troppo, così le sue décolleté color carne si diressero verso il bancone ad ordinare un French 75.
Non appena il barista annuì alla sua richiesta qualcuno si appoggiò al bancone di fianco a lei.
"Si può sapere cosa stai facendo? Fred ti stava parlando." disse Selena mentre la guardava aggrottando le sopracciglia. "Ah si? E di cosa?" rispose lei con fare ignaro.
"Smettila di fare così, sembri solo maleducata." fece Selena scuotendo il capo in segno di dissenso prima di tornare da dove era arrivata.
Il rumore del vetro sul bancone di legno attirò l'attenzione di Carolina che sorrise quando notò che il barista non le aveva dato quel bicchiere rosso.
Lo afferrò e decise di cercare di capire la storia della famiglia che, normalmente, abitava quella casa.
Le piaceva immaginarsi la storia delle persone che non conosceva, era come guardare un film, ma più interessante, perché lei non usava gli stereotipi.
La prima cosa da fare era vedere la camera del figlio, -Il risultato dice tanto dell'equazione- pensò.
Così salì le scale in legno che portavano al piano superiore e cercò quella che da fuori poteva sembrare la camera di un ragazzo della sua età. Diciamo che il cartello "Vietato entrare" scritto con una calligrafia pietosa aiutò.
Si avvicinò, rilesse ancora una volta il cartello, poi entrò.
Le persiane erano chiuse e solo alcuni spicchi della luce del lampioni illuminavano in modo non uniforme la stanza. Le dita di Carolina si spalmarono sul muro, danzando alla ricerca di un interruttore.
Quando i suoi occhi iniziarono a vedere qualcosa si stupì, notando che non era affatto quello che si appettava. Una grandissima libreria occupava il lato sinistro della camera, tantissimi libri colorati la dipingevano e un profumo di carta e inchiostro svolazzava nella stanza.
Erano divisi con uno schema che inizialmente fece fatica a decifrare, stranamente.
Non in ordine alfabetico, per colore o cose scontate, erano divisi per case editrici.
-Questo si che è un bel metodo- pensò incurvando il viso verso destra.
Una sedia in pelle marrone stava incastrata tra le gambe della scrivania, a sinistra della finestra, dove la luce dei lampioni non arrivava, con una lampada vintage dalla luce giallastra a puntare sul centro della superficie.
Lì accanto una bellissima Olivetti nera, e nient'altro, anche se Carolina era sicura che se avesse aperto i cassetti avrebbe trovato un disordine unico.
Il letto era fatto male, sistemato appena, con fretta, e appesi ai muri un sacco di quadri al contrario, con il dipinto verso la parete e tante scritte sul retro.
Carolina si sedette sul davanzale della finestra continuando ad osservare i piccoli dettagli della camera in cui si trovava, mentre la porta cigolò aprendosi.
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Etimologia di Carolina
General Fiction"Romanzo", dall'antico "Parlar romanzo" (e non barbarico). Quanta autostima che avevano i romani. Così, per riderci un po' su ho deciso che questo non è un romanzo, preferisco parlare in barbarico, io.