"Pensavo che l'analfabetismo fosse un problema superato in Inghilterra." disse un ragazzo con fare tranquillo mentre si accomodava sulla poltrona in pelle marrone, appoggiando i piedi sulla scrivania e reggendo fra le mani un bicchiere di vetro con quello che sembrava bourbon.
"Ciao Nolan" disse Carolina ricordando come l'aveva chiamato Selena prima di dargli dell'idiota.
"Non sono Nolan" rispose fra un sorso e l'altro. "La festa è di Nolan, io metto solo la casa, e poi mi rinchiudo in camera mia, dove, tra l'altro, è vietato entrare a chiunque non sia me."
"Ho capito chi sei a grandi linee." continuò Carol convinta, mentre appoggiava alle labbra il calice, puntando le sue iridi in quelle del ragazzo.
"Oh, e chi sarei?" inclinò lieve la testa verso destra, socchiudendo le palpebre.
"Uhm, vediamo... Scrivi male di proposito, ti viene più difficile scrivere male che bene. Hai i libri divisi per case editrici per un motivo che ancora non ho capito, ma sicuramente questo dice di te che sei scrupoloso, attento ai dettagli e che pensi molto. La scrivania è lì perché ti da fastidio la luce bianca dei lampioni, preferisci quella gialla della lampada, probabilmente perché altrimenti ti fa venire mal di testa dato che ci passi tanto tempo seduto su quella sedia.
Scrivi, oppure sei appassionato di oggettistica vintage, in ogni caso un particolare interessante. Hai fatto il letto poco fa, probabilmente ti eri addormentato leggendo-" fece una pausa per girare il libro sul comodino affianco al letto, lo scrutò per bene e poi continuò: "1984. Bel libro, pieno di stronzate però. Tornando a noi. Ti eri addormentato e quando Nolan ti ha chiamato sei dovuto correre giù, ecco perché il letto così mal messo. Ed ecco anche perché non hai chiuso a chiave la porta. Uno come te non la lascerebbe mai aperta di proposito, suppongo che il cartello appeso fuori sia solamente per satira verso i liceali e la loro convinzione che basti un cartello, ed ecco anche perché la brutta calligrafia. Satira. Non ho capito il perché dei quadri, ma è una cosa così... poetica." disse infine Carolina girando lo sguardo di nuovo sul ragazzo.
Lui, con un'espressione colpita in volto annuì, spostando in un gesto rapido i suoi piedi sul parquet della camera, appoggiando i gomiti sulle sue ginocchia.
"Sono divisi per case editrici perché scrivo. Leggo tutti i libri dei vari autori, confrontando come varia il loro modo di scrivere in base alla casa editrice, per capire quale editore mette meno paletti, di modo che possa scegliere al meglio da chi farmi pubblicare quando sarà il momento. Sempre sperando che io abbia scelta insomma, mi piace darmi fiducia. Non colleziono oggetti vintage, chi lo fa senza usarli è un idiota, a cosa ti serve un giradischi senza i vinili? E' come il genere umano se non avesse organi riproduttivi. Inutile." Carolina mimò il gesto di togliersi il cappello come a dire -chapeau-, "E i quadri invece?" si girò a guardarli.
"Hai mai sentito parlare dei graffiti degli hotel?" disse alzandosi e camminando verso la parete. Carolina fece di no con la testa. "La leggenda narra che questo comico fosse nella sua stanza e la sua tv non funzionasse. Si annoiava, così prese un quadro e, girandolo, scarabocchiò sulla tela usando la penna che la reception gli aveva lasciato. Da lì la cosa prese piede e tantissime persone lo fanno per lasciare un segno a chi verrà dopo. Facci caso, gira un quadro quando sei in hotel. Potresti trovare la vera arte." disse ridendo mentre alzava un quadro dal chiodo a cui era attaccato. "Questo l'ho comprato al Four Season di Londra."
La tela era ricoperta di piccoli segni a penna, raffigurava una tazza con dei cereali a forma di lettere, che lasciavano la frase "Viva la libertà d'espressione e le enchiladas." Carolina si sforzò di trattenere un sorriso, ma il ragazzo scoppiò a ridere prima di lei. "Così" disse lei fra le risate, "La tua passione segreta sono i graffiti degli hotel?" aveva le guance rosse e gli occhi socchiusi che formavano tante piccole rughette ai lati, mentre le labbra curve si perdevano nel pronunciare quelle parole. "Questo e le frasi sul senso della vita." spiegò lui.
"Pensavo che i graffiti fossero la cosa più assurda che avrei scoperto questa sera" disse Carolina sorseggiando il suo drink, invitandolo con un gesto a spiegarsi meglio.
"Pensaci, non possono mai essere sbagliate o giuste, quindi cosa sono? Solo ipotesi." Aveva senso, pensò Carol. "Tu, invece? Qual è la tua passione? Oltre a entrare nelle stanze degli altri ovviamente." continuò sdraiandosi sul letto, come in un tuffo, rimanendo con gli occhi incastonati sul bianco soffitto.
"Io studio l'etimologia. Penso dica tantissimo, più della parola in sé, e di solito ci azzecco, soprattutto con i nomi." Carolina pensò a quante volte ci aveva azzeccato, e al fatto che dovrebbe ascoltare un po' di più il suo istinto.
"Allora non ti dico come mi chiamo. Non voglio che tu abbia pregiudizi, prima conoscimi." disse lui rompendo il silenzio dei pensieri di Carolina.
"Affare fatto." concluse lei mentre scrutava fuori dalla finestra.
Il suo cellulare squillò e la voce di Selena all'altro capo le disse di scendere.
"Bene, allora ciao." disse lei verso la porta, con le sottili dita ad avvolgere il pomello.
"Allora ciao." finì lui con lo sguardo ancora sul soffitto e la testa fra le soffici lenzuola.
Fuori dalla porta Carolina sorrise e afferrò la piccola lavagna/vIeTaTo EnTrArE, girandola e scrivendoci "vIvA lA lIbErTà D'eSpReSsIoNe E lE eNcHiLaDaS."
Scese poi le scale di fretta, con il rumore delle sue scarpe sul pavimento, cercando il viso della sua amica fra la folla.
La cosa bella dell'essere diversi era potersi distinguere fra la folla, infondo.
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Etimologia di Carolina
General Fiction"Romanzo", dall'antico "Parlar romanzo" (e non barbarico). Quanta autostima che avevano i romani. Così, per riderci un po' su ho deciso che questo non è un romanzo, preferisco parlare in barbarico, io.