Capitolo 1

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Zittisco la sveglia "rompi timpani" con una mano, guardo l'ora illuminata sul display: 6:55.

Altri cinque minuti e mi alzo, giuro.

Ripenso a ció che accadrá tra pochi minuti: lavarsi, vestirsi, andare a scuola, studiare, tornare a casa, mangiare, dormire e ricominciare.

Che palle. La mia vita é piú monotona di quella di una lumaca. Forse anche piú lenta. Il tempo non passa mai.

Faccio mente locale osservado il soffitto colorato di un azzurro pastello, ruoto la testa per guardare il resto della camera. Sulla mia destra c'é la scrivania e la finestra, d'irimpetto l'armadio e a sinistra il niente. Come quello che c'é nella mia testa, il niente.

Oggi é Lunedí e dopo un weekend a studiare sono pronta per il test di fisica.

Riguardo la sveglia che segna le 7:22, cazzo. Mi alzo in fretta e vado a darmi una sciacquata. Mi vesto velocemente optando per un paio di jeans a caso e una felpa verde, le solite vecchie converse ai piedi e sono pronta. Prendo la borsa dalla sedia e il cellulare, ovviamente privo di notifiche, dal comodino e scendo al piano di sotto.

Mi preparo velocemente un toast ed esco dal mio mini appartamento chiudendomi la porta dietro.

Cammino guardando in basso verso i miei piedi. Le converse sono malconcie e non posso sprecare soldi per comprarne un paio nuovo. Mia madre non mi da i soldi da almeno 3 settimane e non si fa sentire piú o meno dallo stesso lasso di tempo. Ho deciso di lasciare casa nel preciso momento in cui mio padre ha iniziato ad essere violento. Non volevo. Non potevo sopportare la vista di mia madre in quello stato. Mi ha dato i soldi necessari per comprare quell'appartamento, ogni settimana mi da una trentina di euro per la spesa ma, sapendo che non sempre ci riesce, non le faccio pressioni.

Nel weekend e nei giorni liberi lavoro presso un bar molto carino, grande, con un capo molto simpatico e molto transigente, mi piace.

Penso a talmente tante cose contemporaneamente che non mi accorgo della persona con la quale mi sono appena urtata per sbaglio.

Mi tolgo le cuffiette dalle orecchie per vedere e chiedere scusa, alzo lo sguardo e ne incontro uno arrabbiato proveniente da due occhi verdi, belli, intensi, nei quali mi ci potrei perdere.

"Stai attenta a dove metti i piedi" Ruggisce con una voce roca.

"S-scusa" rispondo intimorita e me ne scappo dentro l'edificio scolastico.

Vado verso l'aula dove tra poco avró il test.

"Oh sí!" Esco trionfante da quell'aula dove ho preso un bel voto e vado verso il mio armadietto, giú lungo quel corridoio.

Mi guardo in giro in cerca di Amelia, la mia amica, la mia unica amica, la mia migliore amica. Guardando noto un sacco di coppie baciarsi, come se su questo muro ci fosse scritto "buttatevi addosso a me e leccatevi la faccia" ah. Tra queste coppie ne vedo una "darci dentro" lui le sta palpando il sedere e lei gli si struscia addosso. Mentre il ragazzo ruota il volto posso intravedere quella luce, la luce di stamattina, quella che ho visto negli occhi di quel ragazzo. Non avevo notato i suo capelli castani ricci e neanche la sua corporatura slanciata. Penso di essermi imbambolata, lo osservo: ha delle lunghe magre gambe ricoperte da jeans neri abbastanza aderenti strappati sul ginocchio, indossa una t-shirt blu con sopra una camicia a quadri. Instintivamente mi mordo il labbro e chiudo gli occhi per un secondo, forse due. Poi guardo lei. Beh, io sono una formichina in confronto. É alta, magra, capelli biondi, probabilmenti tinti. Dei grandi occhi marroni, indossa una gonna corta, forse troppo corta per i limiti della scuola. La maglietta sembra molto stretta e mette in risalto il suo decolté. Grosso sedere e grosse tette, ovviamente.

Impotent [harry styles' ff]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora