Sarà per la prossima volta

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«Alessandro, c'è stata un'intrusione vicino l'ingresso principale» disse tramite la radio di servizio la ragazza che, irritata, guardava il monitor dello schermo che non le restituiva alcuna immagine.

La telecamera di sicurezza si era spenta in quell'istante, proprio nel momento in cui il suo sistema di movimento ebbe dato l'allarme di un'intrusione; per un attimo si chiese chi fosse tanto idiota da tentare di rubare qualcosa in uno dei musei più sicuri del paese.

«Qui non c'è nulla, Cecilia. Sei sicura che il tuo sistema funzioni?» chiese la voce dall'altra parte della linea in tono scherzoso.

Cecilia sbuffò sonoramente, certo che ne era sicura. Quello era uno dei suoi programmi migliori ed uno di quelli di cui andava più fiera, non c'era possibilità che qualche ladruncolo alle prime armi avesse potuto mettere fuori uso anche solo una di quelle telecamere.

«Controlla meglio» si limitò a rispondere mentre si legava i capelli in una coda improvvisata. Si alzò in un attimo dalla sedia su cui era rimasta per buona parte della ronda notturna e prese la pistola che teneva nel cassetto più alto della scrivania, sentì vagamente gli insulti che le rivolse il collega e uscì dalla sala di controllo.

L'intero complesso era avvolto nella semioscurità e mentre percorreva il corridoio in silenzio gettava una fugace occhiata nelle sale dedicate alle opere Trecento, seguendo gli allarmi ricevuti dai sensori di movimento posizionati sapientemente in tutto il museo, non era certa che l'avviso di intrusione nell'ingresso principale fosse il vero problema. Il suo intuito, da sempre particolarmente sviluppato le suggeriva come qualcosa non quadrasse in quella situazione e visti i recenti colpi in tutta Italia, aveva un pessimo sentore.

L'ennesimo allarme risuonò nell'aria, con un brusco cambio di direzione Cecilia accelerò il passo e si diresse nella direzione della sala dedicata ai quadri di Botticelli, con un movimento fluido ricaricò con un paio di pallottole la propria Colt Python che teneva ben salda nella mano sinistra e sperando vivamente di non averne bisogno considerata la quantità inestimabile di beni nazionali che albergavano in quel posto.

«Cecilia, qui non c'è nessuno. L'allarme è scattato per un calo di corrente, torno su» la piccola trasmittente ancorata alla cintura gracchiò ad un volume eccessivamente alto per il silenzio pesante nella quale era immersa.

Con un sospirò Cecilia rallentò di poco l'andatura e a pochi metri di distanza dalla sala dove era scattato l'allarme si fermò, prese la propria radiolina e comunicò lapidaria poche parole chiudendo subito dopo la comunicazione, «Ale, sala 10-14. Veloce»

Posizionatasi all'ingresso della sala, la ragazza si sporse leggermente in attesa di percepire qualunque cosa le desse il chiaro segnale di un'intrusione in corso.

Per quelli che le sembrarono minuti interi non accadde nulla e poi eccolo, il chiaro e cristallino schioccò sul pavimento di un paio di scarpe fu tutto quello che Cecilia aspettava in quel momento. Rapidamente scartò dall'altra parte dell'ingresso e con la pistola spianata puntò in direzione dell'angolo opposto rispetto a dove si trovava.

Immersa nella semi oscurità, la sala era pallidamente illuminata solo da qualche riflesso delle luci che provenivano dall'esterno e dalla illuminazione di servizio che percorreva l'intero corridoio riflettendosi nel debole scintillio metallico della pistola, puntata in uno spazio vuoto.

Non c'era nessuno.

O meglio, non c'era più nessuno.

Schioccando la lingua infastidita Cecilia mantenne la presa salda sulla propria Colt mentre percorreva con lo sguardo l'intera sala alla ricerca di qualcosa fuori posto che la colse di stucco.

Sarà per la prossima volta | Lupin | Jigen x OcDove le storie prendono vita. Scoprilo ora