Per tutta la notte

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Visione non aveva bisogno di dormire. Passava intere notti a fissare il cielo attraverso il vetro della finestra, però a volte sentiva il bisogno – un bisogno che non riusciva a spiegarsi – di chiudere gli occhi e lasciare che la sua mente riposasse, per quanto potesse essere possibile. Non lo faceva sempre ma quella notte, dopo aver trascorso ore a guardare le stelle, quei corpi celesti che lo affascinavano così tanto,  invece sì. Nonostante questo era sempre all’erta, concentrato su tutto ciò che lo circondava, in particolar modo su una persona: Wanda.

Visione non era umano eppure quando stava con lei quasi gli sembrava di esserlo – o forse lo desiderava soltanto.

«Sei molto più umano di tante altre persone, Vis, credimi.» Così gli aveva detto, una settimana prima, rivolgendogli un sorriso – anche se i suoi occhi avevano espresso tutt’altro che felicità.

Non gli piaceva vederla triste, e non solo perché di conseguenza si sentiva triste anche lui ma perché quando era felice e sorrideva, il suo volto si illuminava quasi quanto le stelle che Visione amava tanto ammirare.

​Le sue riflessioni furono interrotte da una scarica di paura e rabbia talmente forte che lo stordì per un attimo. Quando realizzò da dove proveniva, si concentrò su di lei – senza troppa invadenza, altrimenti le avrebbe fatto del male. I frammenti di un brutto sogno fatto di dolore e angoscia gli invasero la mente. Vide una giovane Wanda chiusa in una cella fatta quasi interamente di vetro, vittima di fitte atroci alla testa che la facevano urlare. Percepiva tutta la sua sofferenza – quella che aveva provato durante il suo potenziamento e quella che stava provando in quel preciso istante.
Una sensazione spiacevole si impossessò di lui quando, attraverso un ricordo riportato alla luce da quell’incubo, vide Wanda torturata da un uomo alto e robusto.

Il suo istinto di protezione nei confronti della giovane Maximoff lo spinse ad agire. Doveva fare qualcosa e anche in fretta. Senza riflettere, l’androide attraversò la parete che divideva le loro stanze. Sapeva che entrare nella camera di qualcuno senza prima chiedere il permesso era scortese, e probabilmente Wanda si sarebbe arrabbiata, ma lui doveva – voleva – aiutarla e per farlo era necessaria la sua presenza lì dentro. Si avvicinò al letto fluttuando, per non fare rumore, gli occhi azzurri fissi sulla figura della ragazza che si agitava tra le lenzuola.

All’improvviso un inspiegabile desiderio di accarezzarle i lunghi capelli con le dita si fece spazio dentro di lui. Non aveva mai sperimentato un contatto fisico, non ne aveva mai sentito la necessità – fino a quel momento.

Visione, quasi senza sapere cosa stava facendo, avvicinò la mano verso la guancia della ragazza. Era un gesto azzardato, forse non avrebbe dovuto, ma decise di rischiare lo stesso. Subito la ragazza parve rilassarsi e il suo volto corrucciato e sofferente si distese, lasciando spazio a un’espressione più serena. Quando la vide inclinare il viso verso il suo palmo, come a non voler perdere quel contatto, Visione trattenne per un attimo il respiro, colpito dalle sensazioni che stava provando. Si sentiva strano, come spaesato, ma al tempo stesso felice. Passarono minuti interminabili in cui si perse a guardarla – a osservarla in tutta la sua giovane e dolce bellezza – mentre dormiva beata.

Visione non possedeva un cuore ma sapeva che se lo avesse avuto sarebbe appartenuto per sempre a lei.

Se solo tu sapessi, Wanda…

Fece appena in tempo a formulare quel pensiero, prima di incrociare i suoi occhi con quelli della ragazza, che si erano aperti all’improvviso. Non aveva nemmeno fatto in tempo ad accorgersene, troppo preso da quel contatto. Subito scostò la mano dalla sua pelle, colto di sorpresa.

«Visione, cosa ci fai qui?» gli chiese la giovane donna, confusa e a tratti contrariata. Gli aveva ripetuto più volte che non doveva entrare lì dentro senza il suo permesso – ma lui, sentendola soffrire in quel modo, non aveva potuto farne a meno.

Per la prima volta da quando era nato, non sapeva cosa rispondere – una cosa era certa: non poteva mentire, non a lei, e anche se avesse potuto non lo avrebbe mai fatto.

«Io… ho percepito la tua angoscia e mi sono preoccupato. Ti chiedo scusa, non sarei dovuto entrare nella tua sta-» Le sue parole furono interrotte dalle dita sottili di Wanda che inaspettatamente si chiusero attorno al suo polso. Mai si sarebbe aspettato un gesto simile, e quando la guancia della ragazza fu di nuovo a contatto con la sua mano fatta di vibranio, invece che di carne e ossa, Visione percepì lo stesso senso di pace che aveva provato nel momento in cui era venuto al mondo. Lo sguardo che lei gli rivolse confermò che aveva capito tutto – aveva realizzato che era stato quel contatto a strapparla via dall’incubo che l’aveva scossa. «Grazie, Vis.»

Cos’era quel desiderio improvviso di baciarla? Non lo sapeva ma non poteva farlo – non doveva. Sarebbe stato strano e in un certo senso sbagliato. Doveva andarsene da lì prima che intercettasse i suoi pensieri – anche se sapeva che non lo avrebbe mai fatto, a meno che non si fosse sentita in pericolo.

«Prego. Ora però è meglio che vada. Mancano ancora parecchie ore all’alba» le disse con voce ferma e al tempo stesso pacata. Stava per voltarsi e scappare da quella stanza – da lei – ma così come aveva fatto qualche minuto prima, Wanda gli prese la mano, facendolo bloccare all’istante. «No, resta. Per favore.»
Guardandola negli occhi, annuì, poi si sedette sul letto, accanto a lei. «Buonanotte, Wanda.»
La ragazza si limitò a rivolgergli l’ennesimo sorriso prima di chiudere gli occhi.

Osservandola mentre scivolava di nuovo verso un sonno profondo, questa volta privo di incubi, Visione giurò a se stesso che l’avrebbe protetta da qualsiasi male – anche a costo della propria vita.

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