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E all'improvviso mi svegliai alle zero otto zero zero, fratelli, e dato che mi sentivo ancora sgarrettato e sbasito e fané e avevo i fari pieni di lacrime da mielestrazio e poco cinebrivido e ancora tanta voglia di fare bahaha e stringermi al cuscino, o brandirlo in stile spada da torturatore giapponese che dia il benservito una volta per tutte ai tedeschi tutti altezzosi a suon di eh eh eh, pensai di essere finito in quel genere di realismo friggi buco in stile sveglia friggi-chiasso del male e di non averli mica compiuti ventisette anni suonati ma di essere ancora lì, sulla dannata branda, a far bahaha pietà bahaha senza lacrime o compianti da parte dei tre martini, fratellini. E allora pensai che sarei rimasto ancora a fare un piccolopoco di bahaha nel letto, diciamo dieci minuti buoni, e che poi mi sarei fatto un bello spash di catinelle sulla biffa indecente per la mia vita molto poco karashò, ma che avrei fatto con comodo, trattenendo altre urla e le altre strane idee del mio planetario sbottato contro i muri, O fratelli, perché gente di quel calibro se ti ci comporti ti ci fa stare, anche, tutto stinto e solicello, ma a stomaco vuoto e per parecchi giorni e ben ti sta perché la scelta l'hai fatta tu, malcicco.
E nel pomeriggio, lo sapevo, sarebbero tornati alla marcia militare per le celle brandendo o il calcio o l'umile cenetta, e con lo stomaco quando è sfinito e assetato non ci si scherza, ma nemmeno un piccolopoco e del vostro affezionatissimo dovete fidarvi e pure dire 'sì, Sir'.
Ma poi tornai a far bahaha senza controllo e alla fine ripresi per le vie di quel didì sognolandia e poi mi ci presi a dormir sul serio e feci un sogno strano ma che sembrava vero dove c'entrava il locale di dischi brivido-al-plotto del Van.
In questo sogno il Van era come randellato dalla modernità e da martini ciechi capitalisti e un tantotroppotanto ridicoli e pugnava al mio plotto, e mentre il Vostro Umile e Confuso Narratore ci entrava temeva il peggio, e allora gli locchiai meglio dentro, o meglio gli sentii dentro per la musica in sottofondo molto poco karashò e tantotroppotanto infinitamente tanto friggibuco, ma mica qualcuno che conoscesse il grande Ludovico Van.
Allora io scricciai:
– Com'è possibile che non si conosca una mente tanto illustre, fratelli? Ve ne prego, ditemi che si tratta di una farsa, di una ripicca contro la mia persona o vi ci piglio a patte sui postumi e anche se vi ci sento scricciare..., - ma poi cominciai a correre disperato con la voglia di vomitare e con le granfie tipo tutte appiccicate alla bocca per lo sforzo della resilienza stile il fu drugo e la strizza di insudiciare tutto il locale e presi al volo la porta per uscire.
E correvo tipo ovunque, prendendo qualsiasi strada, piazza o via che sapesse trastullarmi via dal planetario la grama verità dell'ignoranza dei malcichi e della gentaglia alla maniera del far west, facendo bahaha, non potendo credere a quelle insinuazioni, e ogni volta che mi ci credevo scampato per uno svincolo più lontano dal locale, a sufficienza lontano per tutto il fiatone e il bahaha rarefatto che mi restava in corpo e in cuore, tornavo di fronte al Van e mi aggrappavo alla testa con le granfie come impazzito e mi ci raccoglievano in stile pazzo del villaggio e un bel camicione di forza mi trovava a un varco senza porta e senza Van.
E io lo ringraziavo, O fratelli, di potermici liberare dal Van, ma poi tornavano i tre martini e allora il Vostro Umile Narratore pregava ognissanto di morire bahaha. Allora mi svegliai guizzo guizzo col cuore che faceva bum bum bum e naturalmente mi resi conto di essere stato un tonno a crederci e di aver sognato tutto quanto, ma tipo tutto e tutto quanto o quasi. Poi i miei fari si appannarono di nuovo e in un fischio istante scoppiai a piangere come un drugo malcico.
Avevo sognato un brutto ricordo, che mica mi ci avrebbe mai abbandonato così facilmente, così piangevo per quello, ma anche un po' perché cose di questo genere ti capitano forse una sola volta e poi mica più, e ci ero proprio tanto felice adesso di essere un uomo libero, riformato e con venti e sette anni sul planetario, e tanto valeva piangere sia per il sangue a gelatina sia per la gioia di Dio misericordioso e celeste, O fratellini...
Piano piano ma tipo piano, con un piccolopoco di difficoltà nell'intento scordai i brutti musi dei martini, mi alzai che erano le dodici e dodici e qualche poco ticchettio poco karashò di contasecondi, mi strofinai i fari senza altri bahaha molesti e mi feci una tazza di vecchio cià. Poi mi tornò in mente lo strano sogno del Van e ruppi la credenza e fu un colpo da vero cinebrivido da nippolandese o giù di lì, O fratellini...
Calmai gli alti ranghi del planetario e la voglia di esercitare una buona dose di ultraviolenza sul resto della casa e mi conciai a dovere per uscire.
Avrei scoperto la vera facciata della medaglia di questo porco mondo, il sogno o la realtà, e giurai che amaro o lieto che fosse il boccone avrei fatto la cosa giusta a spingermi alla maniera dello Sherlocco Holmeso o quel che è.
Allora uscii dalla porta con passo di guerra cinebrivido lasciando casa (tutta disfatta e stropicciata), ma ben riempito da uno spuntino alla maniera del volo di Icaro o forse di chissà chi.
E tutto per Ludovico Van, Per Dio! E per smorzare un piccolopoco qualche pessima dose di droppo di latte rinforzato, giusto perché il Vostro Umile Narratore ci si deve mettere d'impegno e di un qualche stralcio di verità a cuore aperto e assumersi responsabilità se vuole tipo davvero maturare.
Ma quella è tutta roba per friggibuco e io quasi quasi questa sera torno al Korova e mi ci porto la prima che ci passa e poi...
Bahaha.
La cura sta al mondo come al mondo sta la Cura, ma è tutto uno spot mielestrazio; non credeteci, O fratelli...
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|| Missing moments: Un'arancia a orologeria / Arancia Meccanica.
Short StoryNon più cinebrivido Non più estatico brio. Non più . . . Rating +16/18 Omaggio a Un'arancia a orologeria e allo slang nadsat di Anthony Burgess e alla pellicola 'Arancia Meccanica' di Stanley Kubrick; Serie (forse) di racconti pseudo-epistola di A...