A te, fra tre anni

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Ciao a tutti! :)
Spero questa piccola storia scritta dal punto di vista di Mikasa -e in parte anche di Eren- vi piaccia.
L'ho creata perché avevo bisogno di elaborare il mio lutto personale per la fine di quel capolavoro che è Attack On Titan, e quale occasione se non esorcizzare attraverso Mikasa, in lutto invece per la morte del suo amato Ereh?
Grazie a voi che leggerete. Grazie al fandom di un manga che, negli anni, mi ha fatto provare un turbinio di emozioni.
Grazie a Isayama.
E grazie al ragazzo che cercava la libertà.
Lasciate un commento, se volete, mi farebbe piacere. 

See you later.
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Sono passati tre anni da quando te ne sei andato, Eren. Dal momento in cui ti ho perso, come ho sempre temuto, tutto è stato difficile. Occuparmi di me è stato difficile. Semplicemente alzarmi e lavarmi il viso mi sembrava un'impresa straordinaria. Armin mi è sempre stato accanto, anche Annie e gli altri, ma soprattutto lui. Ho passato giorni senza dire niente, a sentirmi un'ombra intrappolata in un corpo che provava un dolore insopportabile. Stava lì, costante, sulla bocca dello stomaco. A volte saliva in gola e mi sembrava di soffocare, altre riuscivo ad abbandonarmi e piangere. Ho pianto tanto. Abbiamo pianto tanto. Non ci fosse stato Armin probabilmente non ce l'avrei fatta, o forse sì, il mio istinto Ackerman pare essere rimasto anche dopo che grazie a te il potere dei giganti ha smesso di esistere.
Non sono mai riuscita a farmene una ragione. Mi sono posta mille domande, ogni giorno, senza avere mai una reale risposta. Ero così logorata da non essere in grado di stare in mezzo agli altri; per me era inconcepibile festeggiare la gioia di essere vivi e finalmente liberi, mentre la mia sola presenza ricordava loro di te e li rattristava rovinando l'atmosfera conviviale. So che non dovrei ammetterlo, ma spesso provavo rabbia nel vederli ridere insieme attorno a un fuoco caldo o alla tavola di qualche locanda. Mi sembrava fosse arrivata la felicità meritata per chiunque, tranne che per me. E anche per te. Riesci a capirlo, Eren? Ho sacrificato i miei sentimenti, offrendo il mio cuore, e tu la tua umanità per regalare una vita a tutti ma non a noi. Tornassi indietro lo rifarei, certo, io voglio bene ai nostri amici, ai nostri compagni, e quando non sono troppo impegnata a essere amara vederli sereni è come un balsamo per le mie ferite. Ma è così dura sopravvivere. Parlo di sopravvivere perché... è questo che sto facendo. Non riesco a tenere fede alla promessa fatta a me stessa, quella di vivere pienamente, quella volta che ho pensato di stare per morire e tu sei venuto a salvarmi appena trasformato in gigante.

<< Mikasa, Eren non si è sacrificato per vederti così >>.

E' stato questo che mi ha detto Armin nei momenti più duri, quando a malapena mangiavo e mi alzavo dal letto. E' stato come uno schiaffo che mi ha permesso di agire. Ma non è che da lì io stia vivendo come vorrei o come avresti voluto tu. Non ce la faccio, non ancora. Così ho scelto di non rimanere con loro a Marley, ma di tornare nella nostra isola. Sono andata a vivere in una casetta piccola molto simile a quella che abbiamo entrambi sognato, vicino all'albero in cui ti ho sepolto e dove tutto è iniziato. Historia si è occupata di ridare una casa a quelli che, come me, non ne avevano più una.


Eren... dopo averti ucciso, ho stretto a me la tua testa per interminabili chilometri. Ho percorso vallate, attraversato fiumi, sofferto la sete, la fame e il freddo per arrivare fino a quell'albero oltre la collina. Come un'anima in pena. Quando ho costruito la lapide non mi ricordo quanto tempo abbia passato a piangerci sopra, forse l'intera notte, forse anche la mattina dopo. Fu Armin a prendermi tra le braccia e portarmi via, dopo avermi raggiunta, con la sua premura rispettosa che noi bene conosciamo. Non volevo andarmene da lì.
Mi ha portato con sé a Marley, dove c'erano gli altri. Stavano in tendoni improvvisati dato che dopo la Marcia dei Colossali, cessata allora da pochi giorni, non c'era più traccia di niente, solo distruzione e cadaveri. Hai dovuto spingerti davvero a così tanto?
Quando siamo giunti insieme mi hanno accolta tutti con tanto affetto. Connie mi ha sorprendentemente abbracciata, Annie è rimasta in disparte ma con gli occhi visibilmente lucidi. Reiner non ha detto nulla e Jean... stava seduto a fissare il vuoto e a scuotere la testa. Credo stesse pensando Sei stato solo un dannato con tanta fretta di morire.
Come già ti ho accennato, sono rimasta lì per quasi tre settimane. Nel letto, inerme. La sera del giorno in cui Armin mi ha scrollata con quella frase mi sono unita a loro a cenare attorno al fuoco per la prima volta, ma a metà serata mi sono allontanata. Proprio come hai fatto tu, Eren, al congresso di Liberio quando hai deciso di abbandonarci definitivamente. Armin mi ha seguita.

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