C'è una crepa in ogni cosa.
È da lì che viene la luce.
(Leonard Cohen - Anthem)
Bretagna, penisola di Crozon, 2 febbraio 1913
"Non è la morte, non è ancora il momento,
ma quel momento comunque è dentro."
È l'alba.
Una sottile scaglia di sole si fa largo a fatica attraverso le imposte leggermente socchiuse.
Ti pizzichi le palpebre, solleticandole piano con un polpastrello; apri gli occhi tuo malgrado e ti guardi attorno in preda a un vago senso di straniamento. Non ti trovi a Nurmengard, ne sei sicuro: quella in cui hai dormito non è una camera del vecchio maniero. Ancora stordito dai fumi di un sonno greve e irrequieto, inizi confusamente a chiederti se non sia il caso di preoccuparsi.
Poi i pensieri, all'improvviso, si snebbiano.
Londra, il Ministero, una sala da ballo addobbata a festa.
Maschere in pizzo, costumi variopinti.
Non sei in Austria.
Le note malinconiche di un pianoforte, una danza al chiaro di luna, un bacio agognato e struggente.
Sei miglia e miglia distante dall'Austria.
Il fruscio morbido della seta, brividi che s'annodano al ventre e alla schiena.
La verità è che non lo sai dove sei, di preciso.
La sua bocca sulla tua, le sue mani che scivolano fra le pieghe di una veste sontuosa, color della notte.
Sai solo che ci sei arrivato insieme a lui.
Lui sopra di te, dentro di te - ascolta.
Le strida di un gabbiano a rompere la quiete irreale che ti circonda.
In lontananza, il gorgoglio sommesso della risacca.
Ad Albus è sempre piaciuto il mare.
"Non è l'amore a farci a pezzi,
non è il dolore a scrivere i versi,
non è la voglia di farmi male,
non è la voglia di farmi male."
Osservi distratto il comodino accanto al letto; v'è posata l'elegante caraffa di vetro che Albus ha fatto apparire dal nulla, dopo. È vuota, e i due calici che ne replicano il disegno squisito sono macchiati di rosso sullo stelo e sui bordi.
Il tuo corpo, rifletti, non dev'essere in condizioni migliori - non li vedi, i morsi, i graffi, i lividi impietosi che sfregiano il candore immacolato della tua pelle, non li vedi ma li senti, li senti per Dio, li senti tutti.
E uno, dannazione, brucia più del fuoco.
Brucerà per sempre.
Rimani disteso nel confortante tepore delle coperte, cercando di rilassare i muscoli intorpiditi; ti volti e fra i cuscini trovi un'eco del suo profumo - c'è, è ostinato e non va via, non ti abbandona (non glielo permetti), insiste e ti investe con la potenza travolgente di un fiume in piena.
Tè, sole e rose bianche.
Ti sollevi di colpo, scostando in fretta le lenzuola, scendi dal letto e corri ad aprire i pesanti tendaggi che ancora ammantano d'oscurità buona parte della stanza. Spalanchi i battenti della grande finestra che si affaccia sull'esterno e raggiungi a passi decisi il balcone; con un braccio ti copri gli occhi, tenti di proteggerti dal riverbero del sole sull'acqua - il cielo è azzurro, è troppo azzurro -, resisti un poco ma alla fine sei costretto a rassegnarti: fissi un punto indefinito all'orizzonte e ti lasci incantare dalla bellezza immensa, sorprendente, dell'oceano accarezzato dalle prime luci del mattino. Inspiri a fondo, e un fiotto di aria salmastra ti riempie i polmoni, donandoti un inaspettato sollievo.
STAI LEGGENDO
Clair de Lune [GRINDELDORE]
FanfictionWe were closer than brothers #9 Un ballo in maschera, una sconosciuta misteriosa e bellissima, una danza al chiaro di luna. Due giorni e due notti, in cui tutto è concesso. /Solo che./ Riflessioni sul tema del piacere e del dolore. Racconto in due...