"La morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo"

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Busan, 15 marzo 2027

Caro Taehyung,
é passato un anno. Un anno dall'incidente che ti ha brutalmente strappato via da me, come una foglia da un ramo in inverno. Un intero anno e io ancora non avevo trovato il coraggio di tornare nel nostro piccolo appartamento. Sai, quello a Busan. Non so cosa ti piacesse tanto di questa città, ma me l'avevi sempre detto che una volta sposati mi avresti fatto trasferire qui. Amavi il mio accento, nonostante per me fosse fin troppo marcato. Neanche gli anni passati a Seoul, a frequentare l'università, sono riusciti a strapparmelo. Ogni tanto mi manca sentire la tua voce cercare di imitare il mio dialetto.
Ora sono qui, seduto allo scrittoio della nostra vecchia camera da letto. Non so neanche il perché di questa tua enorme passione per la calligrafia. Passavi ore e ore a scrivere lettere e diari, e la sera, a letto, mi leggevi i tuoi pensieri. Sentivo il tuo cuore. Era velocissimo.
Sedermi dove di solito stavi tu mi fa sentire ancora più vicino a te...
Ho dovuto iniziare il trasloco, e sono partito dalla soffitta. Ho trovato un vecchio baule. Era pieno di quelle cose del matrimonio. Ho visto le fotografie. Eri bellissimo, come sei sempre stato, già dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti. 20 settembre 2015. Il primo giorno all'università. Mi ero seduto accanto a te a quella lezione di pittura. Ero sorpreso che non fossi il modello ma fossi uno studente normalissimo.
Posso essere sincero? Sembravi uno di quelli sempre di buon umore, estroversi... non credevo che dietro a quel sorriso quadrato e a quegli occhi scuri ci fossero tanti di quei pensieri a cui tu stesso facevi fatica a stare dietro.
Alla cerimonia indossavi un meraviglioso abito, era azzurro. Non avresti mai voluto vestirti di nero o di bianco. La convenzionalità non faceva per te, non aveva mai fatto per te. Dicevi sempre che la parte che preferivi di me era il mio essere introverso, a nessuno piaceva, ma tu mi spiegavi che il fatto che mi fossi aperto con te, lo faceva sentire speciale, più speciale tra tutti gli altri.
Ho trovato il mio vestito. Io ero vestito di bianco. Il corsetto di pizzo che stringeva la mia vita al di sopra della mia camicia, anch'essa bianca. Ho visto la foto durante la cerimonia. Stringevi le mani sui miei fianchi, le tue labbra poggiate sulle mie, in uno di quei teneri baci che solo da te ho ricevuto. Posso ancora sentire il tuo sorriso nascere sulle mie labbra. Me le sto sfiorando, un po' come facevi tu la sera prima di andare a dormire.
Sai che altro c'era in quel baule? "Stand by me". Lo spartito di quella maledetta canzone. Me l'hai fatta odiare. In quattro anni di fidanzamento e altri sei di matrimonio non c'era giorno in cui non la ascoltassi, non la canticchiassi per tutta casa, non la suonassi al pianoforte. Ti ricordava me, dicevi, ma poi ti correggevi. "Io ti vedo in ogni cosa bella che mi circonda, Jimin".
Ora prendo il tuo vecchio giradischi, e la ascolto. É tutto impolverato, ma funziona ancora.
Ora capisco che cosa intendevi. Ti vedo in ogni cosa, Taehyung. E ogni volta mi illudo pensando che quella macchina fosse stato solo uno stupido scherzo, fatto da qualche bastardo che aveva voglia di divertirsi con il mio dolore, ma poi il posto vuoto accanto a me nel letto mi riporta tristemente alla realtà.
Vorrei poter scrivere tutti i miei sentimenti in una lettera, come eri solito fare tu, ma non ne sono capace. Come puoi descrivere questo dolore? Quel dolore che nessun poeta ha mai descritto bene. Neanche Petrarca sapeva descrivere il suo amore per Laura e il dolore per la sua morte. In quella poesia, la tua preferita... "Chiare fresche e dolci acque" non sapeva descrivere i sentimenti che Laura suscitava in lui, tanto che affida questo compito al paesaggio. Credo di averla sentita Laura, quando mi hai portato alla Fontaine de Vaucluse. L'ho vista. Nei tuoi occhi luminosi, nel tuo sorriso, nel tuo viso. Sei la mia Laura, Kim Taehyung.
Per sempre tuo,
Jimin.

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"Appa!" Jimin alzò lo sguardo al suono della voce femminile.
"Dimmi Dan-bi" disse cercando di nascondere il tono rotto dalla tristezza.
"Voglio suonare il pianoforte, posso?" chiese. Il suo sorriso. Era possibile che il suo sorriso era uguale a quello di Taehyung nonostante fosse stata adottata? Il suo carattere era esattamente quello del marito, forse era vero che i caratteri si influenzano.
"Certo Dan-bi..." acconsentí Jimin con un tenero sorriso.
"Grazie" esclamò saltellando verso il salotto e sedendosi al pianoforte.
Jimin, mentre sentiva le note al pianoforte, chiuse la lettera in una busta, sigillandola leccando la parte adesiva.
Si alzò dallo scrittoio e lasciò che gli uomini del trasloco lo portassero via. Poi lasciò la lettere in un angolo della stanza, ormai vuota, ed uscí. Il sorriso nostalgico si spense sul suo volto non appena la chiuse a chiave dietro di sé. Si sedette al pianoforte, accanto alla figlia e mise le mani sul pianoforte, aiutandola a suonare quegli accordi che non le riuscivano a causa delle mani troppo piccole.
"Sai che siamo orgogliosi di te, Dan-bi?" sussurrò lasciandole un bacio sulla fronte ed accarezzandole i capelli mori e boccolosi legati in una coda.
Jimin alzò lo sguardo. La figura di Taehyung era appoggiata al pianoforte. Le mani che reggevano il suo volto. Guardava con i suoi occhi scuri e brillanti sia lui che la bambina, per poi svanire con ancora il suo sorriso quadrato e le labbra a cuore che glielo circondavano.
"Lo siamo davvero molto..."

Chiare, fresche et dolci acque [p.jm + k.th]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora