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Lo so che ti avevo promesso un gelato, quello l'avresti accettato di sicuro volentieri, ma ho pensato ad altro per te ora che finalmente posso uscire da questo buco di casa. Ti ho sentita tanto stanca al telefono negli ultimi giorni, hai sempre mille cose da fare, troppi pensieri nella testa, così pensavo di farti una sorpresa, regalarti un paio di giorni di vacanza, un paio di giorni per svuotarti la mente, respirare. Non sono mai stato così ansioso come quando ti ho mandato la foto di quei biglietti per Bracciano. Mi hai chiamato due minuti dopo chiedendomi cosa mi fosse saltato in mente e ti sei incazzata quando sono scoppiato a ridere. Ci ho messo un po' a convincerti eh, ma ne è valsa la pena, che quei due giorni hanno svuotato la mente anche a me, mi hanno alleggerito il cuore. Abbiamo fatto un salto indietro a cinque anni fa, quando non esistevano ancora le rotture, i litigi, le incomprensioni, solo io e te e una casa al lago, quella in cui avevo promesso di portarti la prima volta che abbiamo pensato al nostro futuro, quando avevamo solo 18 anni. E mi hai ripetuto che non siamo fatti per stare insieme quando ci siamo svegliati a mezzogiorno dopo una nottata di chiacchiere, vino e sigarette, quando nessuno dei due aveva voglia di lasciare quel letto confortevole, hai detto che in ogni coppia va trovato un equilibrio, ma purtroppo nessuno di noi sente la sveglia. Ma non avevo voglia di parlare di noi, perchè inevitabilmente saremmo finiti per convincerci che non c'era niente da fare, così sono saltato giù dal letto, mi sono rivestito per metà e sono corso a tuffarmi nell'acqua ancora gelata di maggio consapevole del fatto che quando sarei tornato tutto infreddolito mi avresti sgridato peggio di mia madre. E infatti come previsto ti ho trovata intenta a preparare il caffè, ma prima che potessi dirmi qualsiasi cosa ti ho stretta a me inzuppandoti e ti ho fatta ridere evitandomi la cazziata del secolo. Che ci piace giocare, ci è sempre piaciuto, ma quando stiamo male un po' di più. C'è stato bisogno di asciugare tutta la cucina dopo, ma ormai dovresti aspettartelo, facciamo le marachelle quando litighiamo, da sempre. Abbiamo ballato tutti scoordinati sul ritmo di una canzone che non conoscevamo, abbiamo riso come dei matti fino a piangere, abbiamo gridato e cantato insieme, ti ho stretto la faccia e ti ho messo la mano sul cuore, abbiamo sorriso. E poi ti sei arrabbiata, ma avevi una faccia dolcissima e avrei solo voluto dirti che mi piaci alla follia. E lo so che ti piaccio anch'io, l'ho visto che mi guardavi tutto il tempo mentre rifacevo il letto, lì appoggiata allo stipite ti si illuminavano gli occhi. Mi hai ricordato quando eravamo in casetta, che ogni tanto ti vedevo sbucare dalla porta, la aprivi giusto quel tanto che bastava per riuscire a vedere se dormivo, poi entravi in punta di piedi e ti facevi spazio su quel letto troppo piccolo per entrambi. Volevo solo dirti di non prendere esempio da me e metterti a pensare e ripensare, razionalizzare ogni aspetto della nostra relazione, che mi piaci proprio perchè sei spontanea e fai tutto quello che ti senti senza rifletterci troppo, ma ho promesso di lasciare a te la scelta. Che lo so che ancora non l'hai presa, che non è definitivo il nostro non stare insieme, che fino alla fine, a piccoli gesti, piccole attenzioni, ti renderai conto di come sono diventato, di quanto sono diventato migliore, per te, grazie a te e con te. E nel viaggio di ritorno riecheggiavano in macchina i tuoi pensieri con il sottofondo della radio a basso volume, riuscivo a sentire il rumore degli ingranaggi del tuo cervellino che cercava di riuscire a scendere a patti con il fatto che fossimo stati da Dio lì isolati dal mondo, e i capelli che volteggiavano nel vento dei finestrini aperti. Sapevi di estate, di libertà. E ancora mi sentivo leggero, felice di aver ricucito un altro pezzettino di noi, sempre più convinto che prima o poi ricostruiremo tutto e sarà ancora più solido e più grande di com'era. Perché se prima non avevo dubbi, ora ancora di meno, perché voglio svegliarmi tutte le mattine e trovarti indaffarata a preparare la colazione, sempre di fretta e perennemente in ritardo, ma senza mai dimenticarti di lasciarmi un bacio sulla testa prima di uscire di casa. Ti ho riaccompagnata a Roma e ti ho guardata andare via con le guance arrossate, forse per il sole, o chissà magari per colpa del mio sguardo insistente e di quella carezza troppo intima che ti ho lasciato sul viso. Ti ho guardata chiuderti il portone alle spalle e girarti per regalarmi un ultimo sorriso prima di sparire ancora. E in quel momento ti ho scritto il ritornello di Malibu che mi ronzava in testa da ore per messaggio, prima di ripartire e di mettermi al lavoro, ancora grazie a te.
25/05/2025
tuo, SG

DIARIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora