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Ero in camerino, mi guardavo allo specchio e ho pensato che fosse arrivato il momento di tagliarmi i capelli. Ho alzato un angolo della bocca in un mezzo sorriso per aver pensato una cosa così stupida prima del concerto più grande del tour. Poi guardandomi meglio mi sono reso conto che nonostante tutto l'impegno delle truccatrici le occhiaie non erano sparite del tutto, che avevo quell'accenno di barba che non mi piaceva per niente e gli occhi un po' arrossati. Non mi piacevo. Non mi sentivo a mio agio a salire sul palco così. Così mi sono calato un cappellino a coprirmi la fronte per non dovermi guardare più del dovuto. Non stavo a posto con il mio fisico quel giorno, ma prima ancora non stavo a posto con me stesso. Mi sentivo impreparato, sentivo di aver vissuto male i due giorni precedenti, occupato a riprendermi dalla sbornia colossale e dalle troppe poche ore di riposo. Ho sempre odiato sentirmi così, mi sembra quasi di mancare di rispetto alle persone che spendono soldi per venirmi a vedere presentarmi non al 100% delle mie possibilità, mi sento in difetto. Perso nel mio riflesso mi sono quasi spaventato quando hai bussato alla sottile porta del camerino. Stavo per dirti di entrare ma come al solito non hai aspettato il permesso per irrompere in quello spazio minuscolo. Ho fatto un piccolo sbuffo divertito a quell'azione e ti ho accennato un timido ciao con la mano guardandoti dal riflesso dello specchio chiudere la porta dietro di me. Non mi sono girato, timoroso di esternare quel mix di sensazioni che provavo nei tuoi confronti se ti avessi guardata negli occhi. Ma evidentemente a te non stava bene, così non prima di avermi rubato il cappellino e averlo indossato con la visiera al contrario, hai dato una spinta alla mia sedia girevole per portami difronte a te. Non ho potuto fare a meno di sorridere nel vederti così entusiasta, troppo più di me, a tal punto che mi hai chiesto come mai sembrava che stessi andando ad un funerale. Ti ho raccontato sommariamente degli ultimi giorni, omettendo ovviamente il motivo del mio sconforto, e ti ho vista seriamente tentata di sgridarmi per essere stato così irresponsabile. Ma poi hai addolcito lo sguardo e prendendomi le mani che tenevo incrociate sulle gambe, ti sei fatta spazio su di esse e ti ci sei seduta. Ti ho guardata più da vicino, ho risentito finalmente il tuo profumo e ho chiuso gli occhi per godermi quel momento di inaspettata intimità. Tanto inaspettata che quando ho soltanto sentito le tue labbra posarsi per un attimo sulle mie, la mia gamba ha iniziato ad agitarsi nervosa facendoti sobbalzare e ridere di gusto mentre mi sistemavi un ricciolo ribelle sulla fronte. Avevo paura di dire qualunque cosa, che una parola avrebbe potuto rovinare quell'atmosfera che avevi creato solo con la tua presenza e che mi stava rasserenando con una velocità disarmante. Per fortuna ci hai pensato tu a parlare, a dirmi che avrei spaccato come al solito anche se non ero in forma smagliante, che la prossima volta avrei dovuto pensarci due volte prima di fare una cavolata, ma che per una volta ero perdonabile. Alternavo il tenere gli occhi chiusi che mi regalava finalmente un po' di tranquillità all'irrefrenabile voglia di guardarti negli occhi, finché questa non ha prevalso e tu sentendoti in soggezione ti sei alzata di scatto dalle mie gambe per poi rimettermi il cappellino a coprirmi gli occhi. Mi sono alzato anch'io e sistemandomi il colletto della camicia mi sono guardato allo specchio un'ultima volta piacendomi un po' di più. Ti ho detto che avrei dovuto fare il sound check e che potevi rimanere dietro le quinte per goderti meglio il concerto, ma già sapevo che la tua risposta sarebbe stata un no. Che lo so quanto ti piace stare in mezzo alla folla che canta, in mezzo a tutte quelle persone felici che saltano a tempo gridando, quanto ti piace sentirti una persona "normale". E infatti mi hai detto proprio così prima di augurarmi buona fortuna e incamminarti verso la platea. Ti ho richiamata dopo averci pensato mezzo secondo, chiedendoti un altro bacio che mi hai negato scuotendo la testa mentre mi sorridevi dolce. Ho alzato gli occhi al cielo fintamente infastidito prima di vederti invertire direzione allungando il passo verso di me per alzarti sulle punte e lasciarmi un bacio all'angolo della bocca e una carezza sul viso. Poi alla fine il concerto è andato bene davvero, ho dovuto bere qualche volta in più del solito perché la gola mi si seccava in un niente e a fine concerto avevo un mal di testa incredibile, ma ho visto le persone molto contente. Ho visto te molto contenta, stranamente posizionata in alto sulle sedute che avevo riservato a te e la tua amica. Ti ho guardata spesso, che ti sporgevi dal parapetto e incrociavi i miei occhi ogni volta che potevi, che quando Chiara ti chiamava per dirti qualcosa le tendevi l'orecchio e ridevi alle sue battute ma non staccavi mai lo sguardo da me. E puntualmente alla fine di ogni canzone mi applaudivi contenta, un po' fan, un po' amica, un po' amante, un po' mamma. Ho chiuso il concerto presentando Malibu che non era nemmeno in scaletta, ma tutti i miei sono stati ben felici di aggiungerla all'ultimo e la gente è stata contenta di averla ascoltata per la prima volta. E per la prima volta non ho solo guardato nella tua direzione ma ho alzato il braccio e ti ho puntato un dito contro, scatenando nella folla un'eccitazione mai vista nel momento in cui ti hanno riconosciuta. Tu sei arrossita e ti messa le mani sugli occhi in imbarazzo e potrei scommettere che mi hai maledetto non so quante volte, non tanto per quel momento in sè, quanto per tutta l'agitazione mediatica che ne è scaturita. Non si faceva altro che parlare di te, non per la tua arte, ma per i tuoi flirt, ed è una cosa che odiamo entrambi, da sempre. Così ieri ti ho chiamato per scusarmi non avendo avuto la possibilità di fermarmi dopo il concerto, sorprendendomi della tua richiesta di vedermi. Me ne vado a letto con la speranza stasera che magari ci sarà davvero un punto di svolta, che forse saliremo sulle giostre.
16/07/2025
tuo, SG

DIARIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora