Capitolo 2.

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RILEY.

"Latte di soia!" Jesse, la mia barista preferita, esige il pagento da dietro la cassa. Volta i suoi occhi azzurri e sospende la sua mano. Oh, lei è una di quelli, latte di soia extra crema, extra espresso, tengo la roba buona, tipo.

Getto uno sguardo al menú, sapendo esattamente cosa ho intenzione di prendere, quando guardo indietro lei è andata. È scomparsa prima che potessi intravederla ancora.
Cammino per il bar, sperando di poterla vedere, perlomeno vedere se è con qualcuno. È se cosí fosse, che tipo di qualcuno.

La porta è chiusa ora e lei è andata.
Ordino il mio caffé per andare, sapendo che ho bisogno ancora di scroccare la cena per Devon e mio padre. Non ho molti soldi, forse venti dopo questo dannato caffè. Mi sento in colpa per aver speso cinque dollari per un dannato caffé quando necessitavo di far durare i miei soldi finchè non saró pagata questa settimana.

L'aria fuori é calda, il tipo di temperatura dove se tu chiudi gli occhi potresti fingere di vivere in una grande casa con ampie finestre aperte, la brezza salata dall'oceano riempire la stanza.

Sfortunatamente io non vivo in tale luogo, nemmeno vicino.

Alla seconda chiamata di mio padre, decido di prendere una pizza preconfezionata dal luogo piuttosto ombroso lungo la strada di casa nostra. Il propritario, Sal, è un tipo gentile che mi vede molto spesso. Le sue pizze sono economiche e lui mi vizia con pane gratuito all'aglio ogni volta che entro.

"Salutami il ragazzino!" Mi dice Sal, asciugandosi il sudore dalla sua testa calva con il suo grembiule macchiato di salsa marinara. Devon ama Sal e Sal ama Devon. Il basso e grasso uomo tratta sempre il mio fratellino con un sorriso e un biscotto.

"Sarà fatto, Sal." Annuisco e lo raggiungo per ottenere il cartone della pizza calda dalla cassa.

"Ho una doppia mozzarella se la vuoi. Cavolo, gli scherzi mi hanno preso di nuovo." Ride e cerco di non fissare le macchie nere sui suoi denti inferiori.

Esito.

Una grande pizza potrebbe essere la cena di domani sera ma ho la sensazione che Sal sia solo molto generoso.

Si, i tempi sono duri ora ma sto consegnandole. Non mi serve fare l'elemosina. Quando lascio i contanti sul laminato, lui alza gli occhi al cielo e mi restituisce dieci dollari.

"Forza ragazza testarda, prendi la pizza." Fa scivolare un altro cartone in cima agli altri e io sospiro, decisa di non ammettere quanto apprezzi la sua gentilezza.

"Grazie," non incontro i suoi occhi quando afferro i cartoni e lascio la sua pizzeria.
-
Quando torno a casa, Devon è seduto sul tappeto del salone, le ginocchia premute al petto, gli occhi spalancati e incollati alla televisione.

Salta quando la porta con la zanzariera sbatte chiudendosi, e si gira. "Sorellona!" Strilla, i suoi occhi si muovono sui cartoni della pizza tra le mie braccia.

"La mia preferita," dice con un sorriso e corre in cucina.

"Sal ti saluta," apro il mobile e tiro fuori tre piatti. "Dove sta papà?" Gli chiedo.

"Addormentato, penso. Ha lavorato tutto il giorno, ha detto." Devon ha già mangiato metà del trancio di pizza prima gli porga il piatto.

Mio padre lavora cosí tanto ultimamente. Sta lavorando con un'agenzia temporanea dove gli trovano un lavoro dietro l'altro. Il problema che continua a correre è che lui non è mai quello scelto di essere assunto in modo permante.

Ognuno dei nuovi lavori arriva con la speranza della stabilità e un costante stipendio. L'età di mio padre e l'esperienza lavorativa come operatore lo rendono l'ultima scelta per un lavoro. Perchè assumere un uomo cinquantenne il quale devi pagare per i suoi trent'anni di esperienza, quando puoi pagare un uomo ventenne metá dei salari?

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