Capitolo 3.

121 11 11
                                    

RILEY.

La sessione di un'ora é volata. Ho posto una domanda dietro l'altra, di cui tutte sapevo la risposta. Mi sto chiedendo per quanto ancora saró capace ad assecondarla con questa cosa. Spero che i miei consulenti non se me accorgano prima che lo faccia lei.

L'incontro è finito da venti minuti e sto qui seduta da allora, divagando sul software per spegnerla. Mi diverte come non sappia tanto quanto me, ma continua con la convinzione che è lei colei che deve tutorarmi. Io impersono bene la parte, almeno credo, annuendo e facendo sembrare di venire immersa dalle sue ampie risposte.

La verità è che non voglio lasciare questa stanza. Mi sto divertendo con la compagnia di questa strana ragazza molto piú di ció che immaginavo. È vivace e sciocca e non sembra possedere nessuna sorta di filtro per le sue parole e pensieri. È intelligente, non troppo sveglia dove sostiene la sua idea ancora ed ancora, ma è meravigliosa. È supponente, anche furente rispetto all'idea delle divise quando accidentalmente segna la sua camicia con una penna.

Inoltre, è divertente. Fa piccole facce durante i suoi discorsi per esagerare il concetto. La sua compagnia è la migliore che ho avuto da un bel po' di tempo e non sento la pressione di dover parlare con lei. Mi piace il silenzio a volte, a lei ovviamente no. Nonostante ció sembra le vadano bene i miei cenni e sorrisi quando non mi sento di rispondere. Un'ora con lei e mi sento rilassata ed esilerata dalla sua costante energia. Non ho nessuna motivazione per pensare che lei si stia sentendo nella stessa maniera, o se lei è come me in quel modo.

Solo lo diró, non ho nessun motivo per credere che sia gay. Non le ho chiesto di guidarmi da una parte o dall'altra e non ha esattamente afferrato il mio colletto e premuto le sue labbra contro le mie. Non che quello sia ció che qualunque persona normale farebbe dopo un'ora di tutoraggio. Era solo un pensiero.

Decido di investigare un po' prima che i bidelli ci obblighino ad uscire e seprarare le nostre strade . Guardo dall'altra parte del tavolo e lei si sta applicando del gloss sulle labbra, abbastanza solo per farle brillare senza esagerare. Semplice. Già efficace.

"Ne vuoi un po'?" Cinguetta e sobbalzo un po'. Ha notato che la stavo fissando. Certamente l'ha fatto.

"Uh, cosa?"

"Il gloss, vuoi usarlo?" Offre, reggendo con la mano il piccolo tubo fermo nel palmo della mano.

Rido leggermente, "No, non sono proprio il tipo di ragazza da lip-gloss appiccicoso."

Annuisce, apre il tubetto e macchia la mia mano con il bastoncino bagnato.
"Non è appiccicoso", dimostra il suo punto strofinando con le dita il gloss sulla mia pelle. Strappo via la mano quando un formicolio mi attraversa.

"Scusa, scusa!" La sua pelle pallida è arrossata e sembra mortificata. La mia reazione era l'esatto opposto di ció che volevo fare, è stato solo un istinto e non sapevo cos'altro fare quando aveva iniziato a toccarmi.

"Va tutto bene, davvero." Credo di rassicurarla. Sposto lo sguardo da lei e mi guardo attorno per la classe vuota. Siamo le uniche persone rimaste qui, l'ha notato?

"Hai un-" Inizio a chiedere il suo stato relazionale giusto quando il suo cellulare inizia a squillare.

"Ciao, Papi", dice portando il suo luccicante cellulare nuovo all'orecchio. Papi? Deve avere almeno diciott'anni e chiama suo padre 'papi'. Questo è un po' strano. A meno che, è il suo ragazzo e loro sono davvero viziosi?

Bleh, quell'opzione è anche peggio. Scuoto la testa per far scomparire il pensiero.

"Sto uscendo ora. Per favore, dí a Ruben che mi spiace stia aspettando." Lillian getta il suo telefono e le altre cose all'interno della sua borsa firmata e si alza in piedi. Cosa sto facendo infatuandomi di questa ragazza?

"Devo andare. Ti vedró la prossima volta? Ancora scusa per la situazione del lip-gloss!" Urla mentre lascia la stanza.

Controllo i miei messaggi e lascio il campus per vedere se il mio capo ha qualche lavoro per me. Potrei davvero usare le ore extra finchè mio padre non riceve il primo assegno dal nuovo lavoro e non sembra abbia molto da fare questa sera. Finisce che posso lavorare per due ore, è meglio di niente.

Il lavoro va e viene con alcuni pensieri su Lillian. Ero troppo occupata nell'aiutare a disegnare un nuovo logo per il nuovo sito della compagnia per poter pensare ai suoi occhi azzurro ghiaccio o ai suoi setosi capelli neri. Nessuna di queste due cose mi è passata per la mente. Nemmeno una volta. Non sceglierei mai un azzurro per il testo e se lo facessi, il colore non si annebbierebbe all'esatta sfumatura dei suoi occhi. Okay, forse un paio di volte mi è tornata in mente, ma ho concluso la struttura grafica per il mio capo per la fine del mio breve turno, questo è tutto ció che importa.

Parcheggio la mia auto dietro a quella di mio padre nel vialetto di accesso, mettendo la pausa per il parcheggio e sperando che non succeda come la settimana scorsa; non ho voglia di svegliarmi con il mio vicino urlante per la mia macchina che ruota per il loro giardino.

Quando apro la porta, mi si gela il sangue. "Eccola la mia ragazzina", mia mamma si alza dal ristretto tavolo da pranzo per salutarmi. I suoi vestiti sono puliti per una volta ed i suoi capelli ricci neri sono tenuti indietro per mostrare maggiormente il suo viso che ho visto in un istante. Persino le sue palpebre sono spolverate con un luminosi luccichio dorato, dev'esserci qualcosa in ballo.

"Cosa ci fai qui?" Le chiedo, lasciando la mia borsa dei libri sulla sedia accanto alla porta.

I suoi occhi si scuriscono e cammina nella mia direzione, proteggendo la sua voce da Devon, che era seduto in ginocchio sulla sedia, chiaramente emozionato di avere sua madre in casa sua, per una volta.

"Sono qui per cena." Dice, avvisandomi con un'occhiataccia. Lo sguardo scompare tanto velocemente com'era arrivato e sorride raggiante a mio fratello. Mio padre è seduto al suo fianco, una striscia nera d'olio segna la sua guancia. I suoi occhi incontrano i miei e distoglie lo sguardo, focalizzandosi sull'emozione di mio fratello.

Praticamente mi sta dicendo di non rovinare l'emozione di mio fratello nel rendere evidente la merda di mia mamma.

"Quindi, Riley, cosa ci aspetta? Qualcosa di speciale?" Cammina verso gli armadietti, aprendoli drammaticamente e sbattendoli quando li trova vuoti. La sua struttura sempre anche piú fragile di quando l'ho vista la settimana precedente ed i suoi occhi sono piú larghi, posizionati ad angolo della sua faccia in modo animalesco.

"Pensavo di riscaldare la pizza presa da Sal." Dico aprendo il frigorifero.

"Oh, mamma l'ha già mangiata!" Devono alza le braccia facendole cadere in modo drammatico.

"Perchè l'avresti fatto?" Mi rivolgo a lei. Indietreggia di un passo.

"Perchè, tesoro, sono stata qui tutto il giorno ed avevo fame, ovviamente." La mano ossuta raggiunge i capelli sul mio viso, spostandoli. Faccio una smorfia allontanandomi e mimando con le labbra "Non farlo."

"Oh, Riley, piccola, rilassati. Ero affamata, ecco tutto." Il suo tono è chiaro ed torno a guardare mio fratello per ricordarmi che non posso perdere il controllo adesso. Lo sa dannatamente bene quanto è egoista, sa quante difficoltà abbiamo da quando se n'è andata.

Non le importa della sua famiglia piú di se stessa ed é qui dove fondamentalmente ha fallito come genitore.

"Si, Riley, aveva fame." Devon difende sua madre. non sa molto di piú alla sua età. Non capisce che molto semplicemente non abbiamo i soldi per cenare il piú delle sere e che mamma spende tutti i suoi guadagni in alcolici e chi sa cos'altro.

"Bene, voi tre, calmatevi. Sedetevi e cerchiamo di cenare tranquillamente. Abbiamo del pane la dentro, credo sia ancora buono. Faró dei toast al formaggio per tutti". Offre mio padre.

Mia madre si gira nella mia direzione con un sorriso, informandomi che, un'altra volta, ha vinto.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 17, 2015 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

FREE. (italian translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora