chi cazzo ti conosce?

3.3K 133 202
                                    

Chūya povs

Sento il palmo della sua mano spingere sul dorso della mia, aperta, contro il muro.
Ad ogni spinta, sento la mia mano congelarsi al contatto brusco con il marmo freddo della parete del bagno, mentre le sue dita premute contro la mia pelle mi trasmetteva dentro le vene un calore che mi affluiva e defluiva un colore rosso sulle guance fresche e tante vertigini da non riuscire più a stare in piedi.
Il cambiamento di temperatura da bollente a ghiacciato è drastico.
Il mio corpo non reggerà a lungo, ma i suoi polpastrelli si muovevano esperte sulle mie membra che non resistetti all'idea di far soffrire ancora un pò le mie gambe per ricevere in cambio quella vampata di calore che le sue spinte emanavano.
Che il suo corpo emanava.

"Come ti chiami?." disse d'un tratto, iniziando a divaricarmi le gambe per affondare in posti più remoti la sua virilità.
Mi morsi il labbro inferiore per trattenere i gemiti che uscivano prepotenti dalla mia bocca supplice mentre un accogliente tepore bruciò definitivamente il basso ventre.
Se insiste a continuare a spingere così forte non sarei riuscito a contenerli ancora per molto e qualcuno nei corridoi mi avrebbe sentito con la fortuna che possedevo.
Non avevo voglia di essere espulso un'altra volta.
Mi ero promesso anni indietro che avrei assolutamente smesso di andare in giro a farmi la peggiore reputazione di puttana, ma ero all'inizio del mio quarto anno a Cambridge e, ormai, era come una personale tradizione inaugurare il nuovo anno scolastico con tanto di rimorchio anonimo e scopata.
Dopo che il gusto del sangue metallico si affievolì gli risposi con arroganza.

"Non te lo dico."

"Perchè?." rafforza la presa affondando nella pelle morbida dei fianchi, le sue unghie pulite e curate, lasciando segni a mezzaluna che luccicavano di liquido rosso.
"merda" gemetti, aggrappandomi con la mano al bicipite del ragazzo, che dovette poggiare davanti al mio viso per sostenere il peso del suo corpo sul gomito.
Nel frattempo il suo fiato caldo e dolce si fece strada nel mio orecchio, il petto aderì completamente alla mia schiena e i suoi capelli castani e madidi di sudore mi solleticavano il naso e sfiorarono le labbra schiuse.
Il tutto accompagnato da lievi brividi.
Mi sollevai in punta di piedi per far combaciare i nostri bacini in un'incastro perfetto, in modo che, con la coda dell'occhio potevo intravedere meglio i lineamenti del suo viso.
Quando ci provai, un ghigno spuntò sulle sue labbra sottili, che fin dall'inizio l'aveva continuamente atteggiate in un sorriso insolente, caustico, addirittura maligno e seducente.

"Sei s-strano." balbettai più per l'eccitazione che per paura.
In verità ci avevo messo i soliti cinque minuti per far incrociare il mio sguardo con il suo, ma quando ebbi il coraggio avevo già le sue mani ovunque, senza darmi il tempo di classificarlo nella mia lista dei ragazzi belli o quelli brutti.

"E a te piace essere scopato da un tipo che reputi strano?." mormorò e sentii il suo respiro sul mio collo, poi la pressione della sua bocca sulla mia pelle appena sopra il collare nero, quasi un sospiro.
Iniziò ad uscire fuori e poi spingere lentamente dentro di me.
Questo modo era insopportabilmente doloroso che per minuti interi ci siamo fermati a contemplare i nostri battiti improvvisamente accellerati, tumultuosi e assordanti in quel silenzio sgradevole.
Sembrava che il mio cuore stesse per esplodere dal petto se non fosse stato per quel calore emanato dal corpo del castano che riusciva quasi a calmarmi, ad abbassare la pressione, a rallentare il sangue pompato nelle vene e a cullare la mia anima.

"Allora come ti chiami?." disse a denti stretti concentrandosi nell'entrare e sull'uscire lentamente dal mio orifizio, però senza smettere di baciare l'osso sporgente della clavicola, lasciandoci succhiotti così grandi e violacei che sarebbe stato difficile nasconderli.
Sbuffai irritato.
Gli avevo detto chiaramente "non fare segni." quando aveva cominciato a spogliarmi e a posizionare famelico le sue labbra sul collo, leccandone prima una porzione di pelle sensibile e ansimando, forse venne fuori qualcosa di non comprensibile.
È colpa sua, se non da neanche il tempo di scambiarci due parole che mi salta adosso come se fossi una pecora smarrita e lui un lupo affamato, allora anch'io voglio barare un pochino.
Per ripicca mi voltai completamente verso di lui, agganciai le mie gambe ai suoi fianchi, le mie braccia dietro la nuca e i miei occhi sui suoi, piccoli e spenti, ma come accesi da un fuoco interno, una scintilla che passava dalle pozze nere come una scarica elettrica che gli trapassava i nervi, scioglieva i muscoli e logorava le ossa.
Successe queste cose anche a me quando posò finalmente il suo sguardo incredulo su di me.
Avevo la sensazione che ogni suo movimento mi cadesse nello stomaco come carbone incandescente e incendiasse tutte le farfalle che volavano contro le pareti della pancia in cenere.
Trascina la sua attenzione sulle mie labbra socchiuse, scarlatte e con un dito sensualmente le inumidisce, bramoso di torturarle.
Mi fece rabbrividire quando mi domandò, a un soffio dalla bocca: "hai perso la lingua o la domanda è troppo difficile per rispondere?."

"Non te lo dico. Chi cazzo ti conosce?." mi stringo più a lui, aggrappandomi ai suoi capelli color nocciola, tirandoli quel poco da scaturare uno scontro forte tra i nostri bacini.
Non resistette a trattenere un gemito, e fui soddisfatto del risultato e di avergli fatto aprir bocca per qualcos'altro e non per le sue futili e stupidi domande, ma l'imbarazzo che si depositò sulla mia faccia aumentò e per nascondere l'evidenza di due grosse guance rosse, appoggiai la fronte nell'incavo del suo collo.
Caldo e profumato.

"Ti sto fottendo, dimmi almeno il tuo c-cazzo di nome." ringhiò, afferra rude i miei fianchi e mi preme con più forza contro la parete del bagno, spezzando il fiato a metà tra un vaffanculo e un ansimo.
Riuscivo a malapena a respirare e l'unica aria a disposizione fuoriusciva dalle labbra di quel bastardo.
L'ha fatto apposta, in giro si era sparsa la voce che non baciavo nessuno durante l'atto sessuale, e così una marea di ragazzetti erano venuti a tarda notte a bussare in camera mia per fottermi, senza riuscire a rubarmi neanche un gemito, tantomeno un bacio.
Non so chi sia stato il coglione a dire questa cosa ma l'avrebbe pagata cara.
E non so qual è la ricompensa ma dovrebbe essere molto favorevole ai maschietti, se vengono da me disperatamente per un misero bacio.
Ma se mi chiedeva il nome, significava che non mi conosceva ed era uno studente nuovo del quinto anno, data la sua alta statura.
Forse mi stavo facendo nuove paranoie, ma una domanda apparse nella mia mente, soffocandone gli altri.

Chi era?
E perchè invece di terrorizzarmi, la cosa me lo faceva venire ancora più duro?

Senza rendermi conto, ritornai a respirare e mi trovai a pochi centimetri dal suo viso.
I petti l'uno contro l'altro, i respiri si attorcigliavano in un miscuglio di dolce e salato, i capelli dell'altro appiccicati sulla mia fronte e sulle guance, i nasi si sfiorarono, le labbra si sfiorarono.
Il mio corpo diventava sempre più reattivo sotto il suo peso, contorcendomi ad ogni spinta, e quando il ragazzo cambiò nuovamente angolazione, sobbalzai.
Aveva trovato il punto più sensibile.
Ero così eccitato da non avere la forza di contraddirlo.
Da non avere la forza di baciarlo.

"Chūya." respirai pesante.

"chūya?. Questo nome mi piace, mi eccita da impazzire."
Cristo santo.
La sua voce.
Bassa. Roca.
Il suo modo di pronunciare il mio nome giapponese, era perfetto.
Solo il battito di due sillabe ed ero completamente suo.
Non ero più neanche in grado di parlare.
Ansimavo e basta.
Non riuscivo a fare altro che abbeverarmi a lui, colmandomi di ogni suo respiro, dei delicati movimenti delle sue labbra piene sui miei lembi di pelle e del leggero strattonamento del collare, che il castano continuava a tirare.

La sensazione di pienezza fu assoluta quando il più alto venì dentro al mio corpo, e io sporcai sia lui, che il pavimento lucido del bagno.

E ancora una volta regnò il silenzio.
Si sentivano solo i loro respiri veloci nella stanza.
Restarono lì per un minuto, e ci vollero sessanta secondi prima che il battito del loro cuore rallentasse e prima che si riprendesse l'organismo.
Prima di accorgersi che la campanella era suonata.
Quando si staccò da me, riuscii con fatica a rimettere insieme i miei sensi e il pensiero ritornò come un assillo:

Chi cazzo era?

Raddrizzai le spalle, fingendo l'indifferenza, mentre osservavo scrupolosamente i muscoli della sua schiena contrarsi.
Era molto più alto di me da far venire i brividi.
Possibile che io sia così basso?

"Tu, invece, chi sei?." domandai, fisssandomi i bottoni della camicia bianca.
Feci per prendere i pantaloni che una fitta dolorosa mi trafisse lo stomaco, come una lama di coltello mi si infilasse lentamente tra le viscere.
Cazzo, non sarei riuscito ad andare in classe facilmente.

Mi guardò con nonchalance, le sue labbra si piegarono in un accenno di sorriso.
"Non te lo dico, chi cazzo ti conosce?."
Ghignò, buttandosi i capelli bagnati all'indietro, e i suoi occhi percorrevano, dall'alto al basso, la mia figura completamente poggiata al muro.
Non mi fissava come facevo io, solo per osservare le caratteristiche fisiche, ma come se fossi nudo davanti a lui.
No, mi fissava come se fossi nudo per lui.
E poi andò via.
Pensai che forse mi avrebbe guardato di nuovo.
Ma lui si limitò a voltarsi e svanì oltre la porta rossa del bagno, in direzione della sua classe.
E io rimasi lì in preda al dubbio.
E una nuova eccitazione.

•sex friend•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora