Forse, in fondo, non è così male...

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In preda a una crisi, scappai dalla pista. Jack mi seguì, ma io mi chiusi in bagno e scoppiai in lacrime. So che può sembrare stupido: in fondo era la serata del ballo e avevo un abito stupendo e un accompagnatore da favola. Eppure non riuscivo a essere felice. Mi sentivo sciocca. Come avevo anche solo potuto pensare di piacergli?
Jack rimase fuori dalla porta del bagno per un po', chiedendomi cosa fosse successo e scusandosi per aver esagerato. Poi, non ricevendo alcun tipo di risposta, se non i miei rumorosi singhiozzi, si arrese e decise di andarsene.
Rimasi sola, seduta a terra contro la porta del bagno, nel mio bellissimo vestito ormai sporco di trucco sbavato. Restai lì per quasi un'ora, poi uscii e mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto orribile: capelli spettinati, che decisi prontamente di sciogliere, naso che colava e viso completamente coperto di mascara a causa delle lacrime. Uscii solo quando arrivarono Anne e Lily che, probabilmente avvertite da Jack, si erano subito fiondate a cercarmi. Mi sentivo una merda, l'avevo trattato da schifo e lui aveva comunque cercato di aiutarmi chiamando le mie amiche. Ero stata una grande idiota. Le ragazze mi chiesero spiegazioni, ma io ovviamente non gli dissi nulla. Era troppo rischioso e sapevo che sarei sembrata ridicola. L'unica cosa che volevo fare era tornare a casa, togliere il mio stupido vestito e sprofondare tra le lenzuola del mio caldo letto. Attraversai la pista, dove tutti iniziarono a fissarmi. Sembrava davvero che avessi lottato con un animale o che mi fosse passato un camion addosso. Vidi lui, il mio sogno e ora il mio incubo, tenere la mano sul fianco della professoressa Stevens. Improvvisamente mi vide e, come preso dalla paura che mi fosse accaduto qualcosa di brutto, distolse completamente l'attenzione dalla sua accompagnatrice, avvicinandosi rapidamente a me. Inutile dire che la Stevens non fu affatto felice nel vedere il suo compagno scappare via da lei.

Beh, in teoria dovrebbe esserci abituata...

Lewis iniziò a riempirmi di domande:
"Jones, che cosa è successo? Stai bene? Qualcuno ti ha fatto del male?"
"Oh caro mio, hai le fette di prosciutto sugli occhi? Il mio problema è che sei uno stronzo, ma sono tremendamente cotta di te." è ciò che avrei voluto dire, ma tutto ciò che uscì dalla mia bocca fu:
"No professore, non è successo nulla."
"Sei sicura? Vuoi che ti accompagni a casa? Non mi sembra sicuro lasciarti tornare da sola. In più hai bevuto. Vieni, ti accompagno con la mia auto." disse, guardandomi con sguardo preoccupato. Sembrava davvero dispiaciuto, e probabilmente aveva capito di essere la causa delle mie lacrime. In fondo non potevo essermi di certo immaginata tutto, no? Alla fine decisi di accettare, anche perché Jack se ne era andato, non volevo rovinare la serata ad Anne e Lily e di certo non avevo alcuna intenzione di farmela a piedi in tacchi a spillo. Così ci incamminammo verso la sua auto e partimmo. Il viaggio fu molto silenzioso. Nessuno dei due aveva intenzione di parlare di ciò che era accaduto e, devo ammetterlo, la cosa non mi dispiacque affatto.
Pensai che forse quell'attrazione era tutta nella mia testa, che non era ricambiata, che avrei dovuto farmene una ragione e dimenticarmi di tutto. Poi però ripensai a come mi aveva guardata quella sera, il modo in cui mi aveva fatta sentire viva, affascinante, desiderata. Tutto di lui era così attraente, persino il modo in cui guidava. Avevo passato la serata a piangere per lui, eppure adesso l'unica cosa che avrei realmente voluto era che mi prendesse lì in quella macchina, e mi facesse sua. Lo volevo con tutta me stessa, non mi importava che fosse uno stronzo o che rischiasse la carriera per me. Io lo volevo.
Volevo lui.

Arrivati sotto casa, ancora preoccupato, finalmente mi rivolse la parola.
"Sei sicura di star bene?"
"Sì." mentii.
"Jones..." disse, guardandomi negli occhi.
Ancora una volta le mie guance si infuocarono. Percepii il suo imbarazzo.
"Buonanotte professor Lewis." dissi, scappando da quella situazione assurda.
Forse avrebbe voluto parlare di noi, di quello che era successo. Forse voleva dirmi di non illudermi, che era stato solo un gioco. Ma, onestamente, non avevo le forze di affrontare quella conversazione, ed era per questo che avevo deciso di darmela a gambe levate. Quella notte lo sognai ancora, e così anche le notti successive. Era diventato il mio tutto, la ragione per cui mi svegliavo la mattina, la mia ossessione.

My ProfessorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora