Dance Again

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A dir poco perfetta.
Fu il primo pensiero di Chūya quando osservò la propria immagine riflessa nello specchio del camerino, fasciata da una maglietta tinta dei colori dell'arcobaleno, un'esclusiva della "Pride Collection" di quell'anno. Fortuna vuole che fosse riuscito a trovare nel suo negozio preferito l'ultima ancora in vendita, per di più della taglia giusta, che metteva in risalto le forme delle spalle forti e della vita stretta del suo busto da karateka.
Nella sua mente erano già proiettate le immagini del momento in cui l'avrebbe sfoggiata nei corridoi del quartier generale della Port Mafia, abbinata a quello stravagante cappello comprato appena un'ora prima.

Con un sorriso trionfante in volto si avviò alla cassa, dove ad attenderlo c'era un ragazzino dall'aria svogliata intento a masticare rumorosamente una gomma.
Chūya sollevò un sopracciglio di fronte a tale sciatteria, ma prese a cercare il portafogli senza dire una parola. Nella tasca destra, però, in cui era solito riporlo, non ve n'era traccia, così come in quella sinistra, in cui trovò solamente il mazzo di chiavi del suo appartamento.
Dannazione, possibile che l'avesse dimenticato durante il precedente acquisto? Era sicuro di averlo preso, dopo aver pagato quel vino costosissimo, e di averlo infilato subito in tasca, come era abituato a fare. Controllò che nella stoffa interna non ci fossero buchi da cui potesse essere scivolato, ma questa non presentava il minimo segno di difetto - come d'altronde ci si aspetterebbe da un paio di pantaloni dalle rifiniture tanto pregiate -.
Che glielo avessero rubato? No, impossibile: non si faceva certo fregare in quel modo, lui. Neanche il più scaltro professionista sarebbe stato in grado di ingannarlo prima che se ne rendesse conto e gli assestasse un bel destro sul naso.

Osservò l'articolo che aveva tra le mani, deciso a non lasciarsi sfuggire una simile occasione: avrebbe portato a casa quella maglietta, in un modo o nell'altro. A costo di minacciare il commesso, nel caso si fosse rivelato necessario, o anche a costo di...
Ehi, un momento, Io quello lo conosco fu il primo pensiero di Chūya quando il suo sguardo fu attirato dalla vista di un ragazzo alto avvolto in un impermeabile color sabbia. E Di nuovo qui... fu il secondo, non appena realizzò di chi si trattasse.
- Dazai - grugnì, stringendo i pugni lungo i fianchi in un gesto istintivo dettato dal rancore, stritolando anche la maglietta.

- Come intende pagare? - chiese il ragazzino continuando a masticare la sua gomma, del tutto ignaro del tornado che si stava scatenando nella testa del cliente in quel momento e del fatto che avrebbe dovuto adoperare molta più cautela nel rapportarsi con lui, se aveva cara la vita.
Ma Chūya non rispose, ancora intento a perforare con lo sguardo la schiena del suo acerrimo nemico, il vecchio partner con cui per anni aveva collaborato spalla a spalla in prima linea tra i ranghi della Port Mafia.

Normalmente, come era già accaduto altre volte, avrebbe evitato di farsi vedere, si sarebbe fatto strada verso l'uscita del negozio mimetizzandosi tra gli scaffali e se la sarebbe data a gambe, con il volto nascosto dalla tesa del cappello, pur di non dover scambiare neanche una parola con Dazai.
Questa volta però era diverso. Questa volta c'era in gioco la maglietta che aveva cercato in lungo e in largo, a cui diede un'ultima occhiata prima di lanciarsi a chiamare l'ultima persona con cui avrebbe voluto avere a che fare in quel momento.

- Oi Dazai - abbaiò per attirare la sua attenzione una volta che gli fu abbastanza vicino da farsi sentire, ma non abbastanza perché all'altro venisse in mente anche solo di sfiorarlo, magari per sfilargli il borsalino dalla testa e prendersi gioco di lui sventolandolo in aria come si era divertito a fare più volte.
L'altro finì di osservare attentamente una giacca lì esposta, dopodiché si voltò, concedendosi tutto il tempo che ritenne necessario: - Ah, Chūya -.
Dal tono che utilizzò non sembrava sorpreso di vederlo, quasi si aspettasse di trovarlo lì, proprio in quel negozio. - Ti serve qualcosa? -.
- Devi prestarmi dei soldi. Te li restituirò il prima possibile, li invierò all'indirizzo della tua odiosa agenzia -.
Dazai lo osservò perplesso, per poi scoppiare in una risata cristallina che servì a far innervosire ulteriormente Chūya: - Da quando sei tu a chiedere soldi a me? Lo sai che sono sempre al verde -.
Chūya sbuffò nel ricordare i numerosi prestiti che aveva dovuto concedergli negli anni, pur essendo a conoscenza di quanto guadagnasse il partner in quanto dirigente e non avendo mai saputo come spendesse tali somme.

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