Stairs

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Coscienza, una reazione chimica. Come fosse nato.

Respiro, uno, due.

Polmoni, bruciare. Iniziava.

Non ricordava quanti giorni, non ricordava come.

Erano lì, lui e lei. Di sé sapeva poco, di lei ogni dettaglio.

I suoi occhi si erano mossi, cercarla.

Eccola, raggomitolata agli angoli. Come un flashback, bianco latte il mondo: una pagina vuota.

C'erano solo loro due, una scala, il Sole e la Luna.

Il Sole e la Luna per scandire

Ogni volta che fallivano, un suo ricordo svaniva. Adesso non conosceva neanche il proprio nome.

Temeva di arrivare al punto di dimenticare come salvarsi e poi non ricordare neanche più lei. Quelli erano i momenti che aveva rintanato, protetti da schermi di dettagli sulla propria identità. Se non ricordava il proprio nome erano quasi finiti.

Lei, lei era bellissima, rintanata agli angoli.

Doveva essere in quel luogo da più tempo: ignorava ogni cosa.

Il Sole sorgeva, la Luna moriva. Si chiese se anche loro dimenticassero. Quanti ricordi da disperdere..

Doveva svegliarla: oggi dovevano farcela.

Ad ogni risveglio era sempre più difficile.

Dolce scossa. Sveglia, urla. "Chi sei? Dove sono? Chi sono?".

Ascoltarla, convincerla; iniziare a salire.

Dovevano arrivare in cima. Solo allora si sarebbero salvati.

Prima rampa. Lei già era stanca, sbuffava.

Seconda, terza, quarta. Seduta. Non vedeva il senso.

Ormai erano trenta rampe, poteva vedere la fine. Il suo cuore esultava: forse ce l'avrebbero fatta!

Lei no, iniziò a scendere.

Le chiese di non farlo. Un no; insistette. Lei lo insultò; lui urlò.

Lei pianse ed iniziò a scappare.

Verso il basso.

Era tardi. Litigato, consolata.

Seduti stanchi. Dalle ombre parevano le quattro.

Si alzò. Le gambe tremavano. Tre volte aveva salito quelle quindici rampe. Provato con la forza, con la dolcezza, con la disperazione.

Lei gli disse che non ce la faceva.

Voleva che andasse da solo e lui.. lui non poteva.

Le gambe che tremavano, la prese sulle spalle.

Iniziò a salire.

Quaranta rampe, ne mancavano dieci.

Il suo cuore bruciava; il respiro lo tradiva.

Lei gli disse di volersi fermare, che non ce la faceva più.

Era quasi mezzanotte.

Provò a correre, perché sapeva che era questione di minuti; perché sapeva che domani sarebbe stato ancora peggio.

Lei iniziò a dimenarsi: voleva scendere.

Gli graffiava il volto, urlava, piangeva, lo prendeva a pugni.

Cinque scalini, mezzanotte meno trenta secondi.

Cadde esausto.

Il peso di entrambi sulle ginocchia.

La porta, che poteva vedere al termine della scala, si chiuse.

Gli parve la Luna sospiraste.

Nascere. Le ginocchia rotte.

Non ricordava perché.

Due nascite nel dolore, due giorni vuoti.

Lasciò andare l'ultimo ricordo sul suo cane. Lo lasciò andare piangendo.

Nascere. Lei, bella e spaventata.

Non voleva salire.

Salire, scendere trenta rampe.

Urlo di frustrazione.

"Se non mi sopporti, allora lasciami qua!".

Non poteva, non poteva!

Spolverò un ricordo: il loro primo bacio.

Luci intorno, asfalto sotto il corpo. Qualcosa di caldo, come una forza che scema. Le labbra di lei sulle sue e lacrime calde. Cera sul silenzio.

Lo ripiegò, fretta e furia: paura venisse rubato.

L'amore, la sua reliquia.

Morire a due rampe dalla porta.

Nascere, lei sulle spalle. Ignorare pugni, calci, lacrime. Ignorare qualunque cosa.

Vederla lanciarsi e cadere. Vedere la sua morte poco prima di morire.

Nascere, spiegarle tutto. Prendersi mezza giornata per spiegare. Lei, le ultime rampe, addormentarsi. Essere troppo stanco per portarla.

Accarezzarla un po' e lasciar l'ultimo ricordo della propria madre sfumare.

Nascere e morire.

Nascere e morire.

Lui sempre più stanco. Lei sempre più forte e ribelle.

Sentirsi come un panno stracciato dal vento, sfilacciarsi e poi svanire. Corvi mangiare, sfibrare. La sua intera esistenza, un tentativo.

Spolverava i ricordi, reliquie.

Lei era rimasta tutto quello che aveva.

Nascere e morire.

Nascere e morire.

Ci fu solo un ricordo quella notte: il litigio e lei che diceva di amarlo di più nell'assenza. Lui, silenzio e voglia di guardare in una bottiglia, come un caleidoscopio: mondi nuovi in cui essere adeguato.

E lei: "quando cerchiamo di fare le cose insieme, ci ostacoliamo; c'inceppiamo. Dovremmo esser Sole e Luna: guardarci, ma lasciarci andare".

E poi si erano allontanati e si erano corsi incontro. Poi una macchina.

Le sue labbra sulle sue. L'ultimo bacio. Perché vedeva le cose dalla fine?

In rewind allontanarsi sarebbe stato più semplice: dimenticar di aver vissuto una felicità che altrimenti sarebbe mancata per una vita intera.

Non aveva più importanza ormai.

Invece ne aveva: era chiaro. Come Sole e Luna, per salvare entrambi avrebbe dovuto lasciar andare. Salire da solo.

Tenebra intorno

Lei, stanca immemore seduta accanto.

"Sei il mio inferno", la baciò e poi corse.

Le porte si chiusero. Il suo piede sull'ultimo gradino.

Il momento in cui sapeva di più, fu quello in cui lasciò scivolare l'ultimo ricordo utile: come salvarsi.

Lei, sveglia.

Una manciata di ricordi.

Pochi su di sé, molti su di lui.

Doveva trovarlo: avevano poco tempo.

Era pronta alle domande: "Chi sei?" era quella che faceva più male.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04, 2021 ⏰

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