Capitolo 1

56 11 10
                                    


Natalie





Sentii qualcosa di bagnato cadermi sulla fronte e sbarrai gli occhi di soprassalto. Al contempo, avvertii il tepore delle calde lenzuola abbandonarmi, la prima cosa che mi saltò agli occhi fu un soffitto di pietra umido, che luccicava alla flebile luce filtrata da una piccola apertura sbarrata. Un forte odore di muffa misto a sporcizia investì i miei sensi facendomi alzare di scatto da una superficie dura che scoprii essere un letto interamente fatto di cemento.

Atterrai con i piedi in qualcosa di umido e appiccicoso, abbassai lo sguardo e avvertii un pungente odore ferroso che risaliva da una pozza scura. Indietreggiai spaventata, andando a sbattere contro la parete ghiacciata. Non ci potevo credere, non potevo trovarmi ancora in quell'orrido posto!

Eppure, questa inquietudine che mi assaliva, la sofferenza che trasudava quell'ambiente erano inconfondibili…  mi trovavo nel Limbo, quella terra di mezzo che separa i vivi dai morti, il luogo in cui gli spiriti dei dannati vagano disperati, ma perché ero lì?
Non conoscevo la risposta, però ormai non era importante. L'unica certezza era che dovevo trovare una via d'uscita, il più velocemente possibile.

Attraversai la porta di quella cella improvvisata fiondandomi a grandi passi lungo un angusto corridoio. Un brivido percorse la mia spina dorsale, mentre avvertivo l'inquietante sensazione di essere osservata. Come se qualcuno controllasse ogni mia mossa, una vera e propria presenza alle mie spalle che non mi abbandonava. Mi voltai, incapace di trattenermi, ma non vidi nulla di sospetto. Il corridoio era tanto scuro quanto deserto. Eppure, lo percepivo, un gelido respiro alle mie spalle che mi faceva accapponare la pelle.

«Chi sei?!» Il mio urlo squarciò il silenzio di quel luogo oscuro. Sentii riecheggiare la mia voce come un’inquietante nenia, mentre un verso gutturale, come una strana risata, giungeva in risposta. Il sangue mi si gelò nelle vene, mi voltai, correndo più velocemente possibile verso l'uscita di quello strano tunnel.

Appena ne risalii, una forte luce mi accolse, quando i miei occhi si abituarono, scorsi un grande spiazzo circolare in terra battuta. Il perimetro era contornato da dei logori spalti in pietra: la maggior parte dei sedili erano distrutti, come se un terremoto avesse portato l’intera struttura al crollo. Una forte luce artificiale illuminava il centro dell’arena, dove si trovava un’angosciante figura accucciata su se stessa.

Titubante, avanzai nella sua direzione per capire meglio di cosa si trattasse. I miei passi risuonavano in quel luogo spoglio, e quella che scoprii essere una creatura dalle fattezze femminili, alzò la testa in allerta. Una folta chioma rossa arruffata scendeva quasi a coprirle completamente il viso spigoloso e ricoperto di cicatrici, mentre i suoi penetranti occhi gialli fissavano ogni mia mossa.

Si alzò in piedi mostrando un fisico massiccio, distorto da un evidente gobba. Esibendosi in una smorfia, mostrando affilati denti ingialliti. Il mio cuore iniziò a martellare nel petto e le gambe mi si immobilizzarono, rimasi come impietrita. Cosa voleva da me? Come potevo affrontarla? Notando i suoi artigli, lunghi quanto il mio braccio, capii che non sarei riuscita a fronteggiarla.
'Devo trovare al più presto una via di fuga' conclusi, iniziando a ragionare freneticamente, ripercorrendo tutte le mie memorie. Tornando indietro dal corridoio da dove ero venuta, sarei solamente finita in trappola.

Mi guardai disperatamente intorno per trovare una soluzione. Gli spalti erano separati da quell'arena improvvisata da un'alta rete, impossibile da superare. C'erano altri sbocchi, come quello da dove ero uscita, ma dedussi che non era molto prudente addentrarsi. Scorsi un elaborato cancello alle spalle del mostro, però era serrato da una spessa catena.
Non avevo scelta, dovevo affrontarla.

«Uccidila… » un bisbiglio, un viscido sussurro, rieccheggiò nell'arena. Quelle parole scivolarono sulla pelle come una gelida carezza… Ero sicura che fosse quella presenza, ma dove si nascondeva? Perché mi spingeva alla lotta?

Evidentemente, anche il mostro aveva sentito quella voce e avanzò verso di me, a passo deciso, quasi correndo. Presa dal panico, indietreggiai, mentre cercavo una qualsiasi cosa che potesse aiutarmi nella difesa. Come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere, una lunga spada apparì ai miei piedi. La impugnai, ma subito mi accorsi  che il suo peso era mal calibrato rispetto al mio braccio. L’elsa era più grande del mio palmo e quasi rischiai di perdere la mia unica arma quando rotolai frettolosamente di lato, per schivare l’attacco del mostro.

Sentii i suoi artigli sfiorare la mia spalla, con uno scatto mi sbilanciai in avanti. Il terreno polveroso dell’arena rese la mia caduta meno dolorosa, ma niente poteva aiutarmi contro la furia della creatura dietro di me. Tentai di rialzarmi, ma un violento calcio alla schiena mi riportò a terra. Sentii lo stomaco rivoltarsi e iniziai a tossire sangue, mentre venivo rispedita con il viso nella sabbia. Avvertii l'inquietante risata di prima riecheggiare intorno a noi, come per prendersi gioco di ciò che stava accadendo. Uno stridio metallico risuonò alle mie spalle, ma ebbi la prontezza di voltarmi e parare un colpo mortale, ponendo la spada di traverso.

Il mostro venne sbalzato all’indietro, mentre perdeva il pugnale che aveva tentato di conficcarmi nel cuore. Io balzai nuovamente in piedi, nonostante il corpo ormai dolorante riuscendo ad allontanarmi dalla creatura. In quel momento, la fissai negli occhi e per un attimo essi cambiarono colore, diventando di un verde tenue, con un sottile velo di disperazione mista a panico che li ricopriva.
«Angelica, ti fai battere così da questo mostro? L’Inferno non ti ha temprato abbastanza?» Questa volta lo spirito, che ci aveva osservato per tutto il tempo, si rivolse direttamente alla mia avversaria. La sua voce, però, non era più un sussurro sommesso nella mia mente. Il suono arrivava forte e chiaro da uno degli angoli dell’arena e ci investiva con furia, come se la presenza stesse vomitando tutta la sua crudeltà su di noi.

Vidi la creatura di fronte a me fermarsi a riprendere fiato, come se le ossa non riuscissero a sostenere il peso delle sue membra. Ma l’arpia sembrava trasformarsi: la sua immagine si confuse, i suoi tratti cambiarono, mescolandosi con quelli di una delicata ragazza dai capelli rossi. Tentai di avvicinarmi, ma subito notai una figura scura in volo dietro di lei. Non riuscivo a distinguerla bene, l'unica cosa che spiccava erano i suoi lineamenti demoniaci.

Chiusi un attimo gli occhi, come per lenire quel tormento, ma quando li riaprii, la ragazza aveva nuovamente le sembianze terrificanti di prima. I suoi occhi erano tornati affilati e giallognoli, il viso era deformato e lo sguardo famelico. Scossi la testa, ancora incredula. Quello era tutto un inganno, ne ero certa, ma come potevo farlo capire a quella ragazza? Ci stava obbligando a combattere e ucciderci tra di noi… Ma dovevo impedirlo in qualche modo!

Prima, però, dovevo riuscire a sopravvivere. Alzai la spada e tornai in posizione di difesa, cercando un modo per colpire il demone e non la ragazza. Ma, evidentemente, lei non la pensava allo stesso modo. Corse verso di me, con tanto impeto che non ebbi il tempo di spostarmi dalla sua traiettoria. Aveva lasciato il suo pugnale attaccato alla cintura  avventandosi su di me, afferró la mia spada usandola per sbilanciarmi all’indietro. Caddi rovinosamente a terra, ma mi girai in fretta, solo per sentirmi nuovamente bloccata dalla ragazza che si trovava già sopra di me.
Ormai la spada era stata sbalzata lontano, non avevo più la possibilità di recuperarla, ma poco mi importava, non volevo farle del male. Dalle sue zanne colava una viscida bava, mentre esibiva un'espressione divertita in volto. Ma io sapevo che tutto questo ero solo una mera illusione.

Mi afferrò alla gola e iniziò a stringere la presa. Boccheggiai, presa alla sprovvista, e capii che non potevo più fare niente. Dovevo  ricorrere alla mia ultima risorsa.
Raccolsi tutte le mie forze, cercando di richiamare il mio dono, in tutta la sua potenza. Lo sentii fluire, mentre la calda energia si propagava, lei mi stringeva sempre di più in una morsa mortale. Mentre i miei polmoni reclamavano spasmodicamente ossigeno, feci l'ultimo, disperato, tentativo di salvezza.

Le imposi le mie mani alle tempie, così che potesse vedere con gli occhi della verità. Al nostro contatto una scossa pervase violentemente il mio corpo. Ma tutto cominciò a farsi scuro intorno a me, mentre immagini della creatura danzavano nella mia testa.

Devil's HoaxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora