Parte 4

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Odiavo la scuola, era ufficiale.

Da quando avevo iniziato le medie, mi ero accorto di come la scuola ti risucchiava nel suo limbo da cui non potevi più uscire, perché ci saresti restato per metà della tua esistenza.

I cosiddetti secchioni sono quelle persone rassegnate a questo destino.

Invece, quelli che non studiano sono le persone che non lo accettano.

Poi c'è chi non è né l'uno né l'altro, quelle sono le persone che non sono rassegnate al loro destino ma, al contrario di quelli che non studiano, lo accettano. Perciò voi penserete: "Allora qual è la differenza tra secchione e chi studia regolarmente?". I secchioni studiano tutto il pomeriggio e nei weekend non escono con gli amici – sempre se ne hanno; le persone che studiano regolarmente ci stanno quanto dovuto sui libri e il resto del pomeriggio lo trascorrono tra sport, uscite e amici – o altro.

 La seconda domanda però – quella che tamburellerà di più la vostra mente- sarà: "Perché ci parli di questo?"

Perché la stronza che è la professoressa di Fisica ci aveva assegnato da studiare circa dodici pagine e venti esercizi. Fisica per qualcuno è sorprendentemente facile – ma non per me. Per essere volgari: stavo sulle palle alla professoressa. Forse c'entra il fatto che al primo anno mi aveva colto impreparato i primi giorni – e anche al secondo quadrimestre, dopo avermi messo sullo scrutino cinque – e così mi aveva sempre messo note negative e mi aveva sempre interrogato.

Poi c'era la professoressa di Storia – altra materia che odiavo a morte. Non ha senso parlare di Ramses II se è morto, no? Le persone non mi chiedono per strada qual è stato il primo faraone degli Egizi. Le persone del ventunesimo secolo mi fermano per chiedermi una sigaretta – che, ovviamente, non ho.

Comunque, la professoressa di Storia assegnava ogni settimana un capitolo intero più gli esercizi. Il problema era che io e la storia eravamo come gatto e cane, perciò non riuscivo e non riesco mai a studiare per bene questa materia. Più che altro, è una questione psicologica. Come ho detto prima, non ha senso parlare di qualcuno che è morto, anche se ha fatto grandi cose. Il passato è passato, dobbiamo pensare al presente, giusto?

Poi la professoressa, con aria di sufficienza, mi ripeteva sempre la stessa frase: "Come pensano alcuni, per evolverci dobbiamo trovare le risposte nel passato" .

E con lo stesso tono le avrei voluto rispondere: "E te se incula, non sono uno scienziato o altro, sono semplicemente un povero studente tenuto rinchiuso in una prigione che osano chiamare scuola per sei ore al giorno!". Okay, forse non avrei mai dovuto pronunciare la parte iniziale. Senza forse.

Mercoledì – cioè il giorno successivo- sarebbe stato il giorno più pesante della settimana, e io non riuscivo ad accettare ciò. Non si poteva passare direttamente a Giovedì? Il mio dolce, tranquillo, caro Giovedì?

Posai il capo sugli avambracci e sbuffai, mentre tutti gli altri si rilassavano nell'ora dell'intervallo. Ero troppo stanco per alzarmi e chiacchierare.

Il giorno precedente non avevo dormito per niente. Forse due o tre ore, ma neanche di fila.

Lo stomaco si lamentò di quanto lo ignorassi in quel momento, ma aveva ragione.

Chiusi le palpebre – in quel momento sembravano pesanti come cemento! – e sospirai.

Il cellulare, inavvertitamente, vibrò nella tasca dei miei pantaloni, ed emisi un mugolio. In quel momento ero troppo rilassato per fare qualsiasi cosa. Mi costrinsi, però, ad alzare il capo dal mio braccio e allungare quest'ultimo a fine che la mano prendesse il cellulare. Le dita strinsero quel piccolo oggetto rettangolare e lo tirarono fuori dalla tasca, mostrando lo schermo illuminato con la foto della Nutella. Cosa vi aspettavate?

Can't escape from the loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora