Il cuore di Takeru- 3

61 9 41
                                    

«Oh, un altro libro, che sorpresa.»

Dopo la cena al bed & breakfast, il padre di Bianca è salito in macchina ed è tornato a Milano. Mia mamma si è messa a suonare il piano in salone, e mio padre a leggere, vicino a lei.

Io e Bianca abbiamo mangiato la torta che avevo preparato: una nuova ricetta con la panna, ma assolutamente sana e vegetale. Ovviamente è venuta buonissima.

Poi siamo usciti.

Stiamo camminando per il centro di Caldé. Che poi, chiamare centro quelle quattro vie che si incrociano di fronte al lago è un po' come mettere sullo stesso piano The Mandalorian e i film di Star Wars. Quando invece sappiamo tutti che uno di questi due è un capolavoro e l'altro una schifezza immonda.

In ogni caso, siamo qui a passeggiare vicino al lago. Di fronte all'acqua ci sono alcune bancarelle che vendono cibo, paccottiglia di vario tipo e libri.

«Ti fa strano? Ho la casa piena di libri, come se non lo sapessi» risponde Bianca, piccata, pagando al venditore un volume di poesie indiane dal titolo impronunciabile.

«Sì, e quando è stata l'ultima volta che ne hai letto uno?»

«Non ho mai detto di volerli leggere.»

«Ma che senso ha riempirsi la casa di roba che non leggerai mai? E non te ne uscire con la solita storia della...»

«La mia anti-libreria non si discute: è il mio marchio di fabbrica. E poi» aggiunge, indicando la t-shirt che indossa «come farei a creare questi capolavori, senza i miei libri?»

Sulla sua maglietta color verde smeraldo, campeggia la scritta:

A casa ne ha a decine: le acquista su internet e ci fa stampare sopra una citazione dai suoi libri. Non li legge per intero, li sfoglia solo per scegliere le citazioni da indossare.

«Non agitarti, hai il cuore debole» dico.

«Tu sei finito in lista un anno prima di me, quindi di cuori deboli proprio non dovresti parlare.»

Sghignazziamo e ci sediamo un attimo a prendere fiato su una panchina di fronte a una piccola discesa di pietra che digrada fino all'acqua. Poco più avanti, le barche ondeggiano nella luce della sera e il sartiame che oscilla nel vento fa un suono come di campane lontane.

Bianca colleziona libri che non leggerà mai. È una sua fissa.

Una fissa che io non ho mai capito.

Ma lei non mi prende mai in giro per il fatto che ordino le magliette nell'armadio in base al colore, quindi, anche se non comprendo le sue stranezze, mi ci sono rassegnato.

Ce ne stiamo a fissare le barche per un po', dicendo cose di poco conto. Si sta bene, qui.

Tra me e lei, ora, ci sono circa dieci centimetri di distanza.

Forse potrei...

Bianca schizza in piedi, infila il libro indiano nello zaino, e declama: «Andiamo alle Fornaci!»

Non dice altro, e comincia a camminare costeggiando il lungolago.

La seguo.

Lei ha le gambe corte: anche quando cammina veloce, quindi mi ci vuole poco per raggiungerla.

«Penso sia meglio andarci di giorno, Bianca...»

«Ma che ti importa, conosciamo quel posto come le nostre tasche!»

Sta scavalcando una sbarra di metallo arrugginito.

«Non avrai mica paura del buio, piccolino?»

Dietro di noi, i suoni del paese: gente che passeggia sul lungolago, chiacchiere, risate, persone sedute ai ristoranti che mangiano un gelato o finiscono la cena.

Io al posto tuo - Voglio il tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora