L'affezione funesta

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Colto da un lampo di genio improvviso
o da pessima idea, che si voglia pur dire
leggendo del mito di quel tal bel Narciso
a piantar fiori all'aperto decisi di uscire.

La brezza tagliente mi carezzava le gote
e petali odorosi come ali cadute
di variopinti uccelli dalle razze a noi note
mi fluttuavano attorno da danzatrici minute.

D'un tratto mentr'era sdraiato per terra,
una corona di fiori mi cingeva la testa,
come fosse un ricordo dei tempi di guerra,
il lume s'accese, d'affezione funesta.

Io che mi stendo sull'erba e mi butto tra i fiori
che felice mi godo la mia tenera età,
poi tutto d'un tratto mi sovviene alla mente
che sono davvero un gran bel deficiente.

Rossore annunziava collateral effetto
di stupida, grave, mia dimenticanza
ben presto seguiron starnuti ad oltranza
che a placarli non bastò nessun mio fazzoletto.

Che in primavera ricordi la prossima volta:
metter piede non devo fuori dalla mia porta.

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