Capitolo trentadue

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Bakugou's pov

Il giorno dopo i mocciosi continuarono a fare i mocciosi. Gli insegnanti non sembravano voler alzare un dito per aiutarci e si limitavano a darci qualche consiglio sostanzialmente inutile; avevo il sospetto che si divertissero a vederci sclerare.
L'unica ragazzetta che eravamo riusciti a farci amica era quella che si era presa una cotta per Todoroki e che si rifiutava di mollarlo e scendere dalla sua schiena. Il ragazzo sembrava quasi essersi abituato, ed ora vivere con una bambina sulla schiena non sembrava più dargli grandi fastidi.
L'unica possibilità che avevo di superare quella prima prova, e quindi di prendere la licenza, era seguire i consigli della sorella Todoroki.

Li avevo appuntati tutti su un foglio di carta, quindi mi sedetti su una panchina della palestra per poterli riguardare e pensare un po' al da farsi. Todoroki e la sua pretendente erano seduti al mio fianco mentre la piccola gli stava raccontando qualcosa sul suo cartone animato preferito. Quel poverazzo sembrava volerla defenestrare, ma se la tenne pazientemente sulle spalle per tutto il tempo.
Le note che stavo ripassando erano:
Assicurarsi -o almeno fare finta- di ascoltarli quando parlano.
•Sforzarsi di essere amichevoli.
•Giocare con le loro regole e lasciarli vincere spesso per farli felici.
•Puoi usare il tuo quirk per giocare, se riesci a farlo in modo abbastanza sicuro.
•Non urlare/trattarli male.
•Offrirgli dei biscotti o qualcosa di simile.
•Portare pazienza.
•Non sono tuoi, non rimproverarli se non c'è l'estremo bisogno.

Rileggendoli, mi resi conto che erano piccoli consigli che si potevano riassumere in quello che tempo prima mi aveva già detto Deku: "Sii gentile".
La faceva facile, lui. Non era certo così semplice, o almeno non lo era per me.
Riuscivo ad essere una persona decente solo e soltanto nei confronti di Eijiro e in un certo senso un po' strano con Midoriya, ma con il mio amico-rivale avevo un tipo di rapporto che con i bambini non sarebbe andato affatto bene. Non poteva funzionare, se non facevo altro che insultarli e minacciarli di fargli fare kaboom.
E proprio pensando al kaboom, mi venne un'idea.

Mi alzai di scatto, raggiunsi il gruppetto più Massiccio di bambini e, sfoggiando l'espressione più finta e amichevole che potessi, esordii con: –Nani, vi va di far esplodere qualcosa?–.
Cosa pensate possano aver risposto un banco di bambini di cinque anni? Ovviamente, tutti quanti accettano e si misero a saltellare emozionati.
–Okay, ascoltatemi– dissi, fiero di aver catturato la loro attenzione. –Tutti quelli che vogliono far esplodere qualche cosa devono scegliere un oggetto che non gli serve e portarlo a me.
Poi, giusto per fare un po' di scena, aprii una mano e feci esplodere un paio di gocce di sudore. Esso scoppiò con un sonoro "boom boom" e produsse una nuvoletta grigia. I bambini impazzirono e si fiondarono nella ricerca del loro oggetto sacrificabile. I professori mi fissarono da lontano, forse titubanti all'idea di far giocare i bambini con delle esplosioni ma, essendo io una granata vivente ed essendo il gioco inevitabile, alla fine decisero di non fermarmi e rimasero a guardare.

Il primo moccioso, un tipetto con i capelli azzurri e quello che era palesemente il cappello di Rufy in testa, si presentò chiedendo di far esplodere il suo quaderno di matematica.
–Sta indietro– dissi al bambino, per poi rivolgere un ghigno a quel povero quaderno con Spiderman copertina. Mi dispiacque un po' per Peter Parker; era uno dei miei supereroi americani preferiti.
Lo feci saltare in aria in men che non si dica, finché del quaderno non rimase che un ammasso di carta bruciata e l'odore dolciastro della nitroglicerina. Non era messo tanto meglio di tutti i diari di Midoriya che avevo distrutto, per darvi un'idea.
Il bambino era entusiasta e scoppiò a ridere, indicando il quaderno.
Probabilmente gli avevo fornito la scusa per non fare i compiti per un paio di giorni.

Quando ritenni che non fosse più troppo caldo per essere toccato, riconsegnai l'ammasso di carta al bambino. Essa si sbriciolava al minimo contatto, e di fatti tra le manine del fan di One Piece non arrivò che una manciata di cenere. Il bambino mi risolse un sorriso gigantesco. –Grazie!– esclamò, per poi lasciare il posto ad una sua compagna con in mano una Barbie molto rovinata.
Mentre quel piccoletto scappava via, mostrando con orgoglio i resti delle sue sottrazioni agli amichetti, sorrisi d'istinto. Mi fece piacere vedere che la mia esplosione aveva reso così felice un bambino.

Guardai la bambina con la Barbie. Aveva i tratti occidentali e due treccine castane ai lati della testa.
–Come ti chiami?– le chiesi.
–Hëne– rispose lei, e mi porse la bambola.
–Hëne-chan, perchè vuoi far esplodere un tuo giocattolo?– chiesi, afferrando la donna di plastica e rigirandomela fra le mani con incertezza. Non era ancora da buttare, e l'abitino che i sostava sembrava quasi nuovo. Distruggerla sarebbe stato un peccato.
–Perchè le bambole mi fanno schifo ma mamma continua a comprarmele– disse la bambina con un'alzata di spalle. –Io volevo Goku!
Non era male come giustificazione, quindi decisi di assecondare la piccola.
–Oh, e allora facciamo fare a questa qua la fine di Namecc!– esclamai, per poi far esplodere sia la bambola che il suo grazioso vestitino rosa e trasformarla in un pezzo di plastica bruciato.

Al quaderno e alla bambola seguirono bottiglie, sassi, un paio di peluche e perfino un paio di ciabatte di gomma rosa e tante risate da parte dei bambini. Furono tutti soddisfatti del lavoro svolto, anche se forse i loro genitori li avrebbero puniti per aver distrutto i propri oggetti personali. Io decisi di non preoccupartene; la perdita di quegli affari non erano poi fatti miei.
L'aver reso contenti bambini che se ne erano liberati però lo era eccome, e la loro soddisfazione fu sufficiente a ripagarmi. Alla fine, giocare con i bambini non si rivelò essere così male.

Finita la giornata, era finito anche il nostro lavoro con i mocciosetti. Aizawa ci raggiunse e ci disse che l'esperienza con i bambini della scuola elementare poteva anche concludersi, dato che ormai eravamo riusciti a farci amare da tutti. Io e le mie esplosioni li avevamo conquistati, mentre Todoroki si era messo a produrre statue di ghiaccio a tutti quanti. I piccignaccoli si erano riveriti e noi eravamo sfiniti, ma tutto sommato soddisfatti.
Era ormai il momento di andarcene ma ciò si rivelò piuttosto difficoltoso.
Dovevo aver peculato troppo Todoroki e la sua amichetta: il karma mi si rivoltò contro ed i bambini iniziarono a creare problemi anche a me. Il problema principale consisteva in Hëne che non la smetteva di propormi di fare una fusione ed il piccolo Rufy blu che aveva imitato amichetta di Shouto e mi si era attaccato addosso come una sanguisuga.

–Si sono affezionati– constatò il bastardo a metà, accennando ai bambini che mi venivano dietro come fossi la loro mamma papera.
–Nemmeno il tuo koala scherza– sbottai.
–Yua-chan non è un koala, e scende quando le pare– la difese Todoroki. La bimba dai capelli viola arrossì. –Forza, lasciami– le disse. –Devi tornare a terra.
–Ma io voglio stare qui abbracciata con te, Shouto-kun!– protestò la piccola. Mi fece quasi tenerezza.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. –Ti prego, scendi.
–No!– si lagnò.
–Yua...– il tono si fece quasi implorante, come se sapesse di dover fare qualcosa di bruttissimo per potersi liberare di lei. –Yua scendi, così posso vedere il tuo bel faccino carino prima di salutarti.
Gli occhi della bambina si illuminarono e le comparvero stelline e cuoricini intorno alla testa; scese subito dal suo amato e lui la prese per mano, accompagnandola dalla maestra. La piccoletta intanto continuò a riempirlo di complimenti, e Todoroki continuò a ripeterle di essere gay e fidanzato. O a Yua non importava niente, o non sapeva cosa le parole "gay" e "fidanzato" volessero dire.

–Tu invece che hai intenzione di fare?– chiesi invece al piccolo fanboy che si era appropriato delle mie spalle.
–Io voglio trovare il One Piece!– esclamò.
–Punta a qualcosa di più realizzabile– gli consigliai, per poi scrollarmelo di dosso con la forza.

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Scusate il ritardo. Lx mix ragazzx ha fatto diciotto anni ed ero alla sua festa.
(Andate a fargli gli auguri, è Benny_di_angelo)

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora