In un dopoguerra in cui il Ministero della Magia indice degli assurdi matrimoni combinati ed un limite di tempo di cinque anni per sfornare almeno un erede, pena l'esilio dall'Inghilterra, Hermione Granger e Draco Malfoy si trovano a dover fare i co...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Stava per sfornare l'ennesima torta al limone.
Sarà deliziosa, stavolta la adorerà.
Si rimboccò le maniche della camicetta costosa che indossava, legò i lunghi riccioli scuri in una coda improvvisata con un elastico babbano che non l'aveva ancora abbandonata dai tempi di Hogwarts, indossò di nuovo il grembiule da cucina e, ignorando prontamente Millie, l'elfa domestica di casa, che sembrava già sul punto di prendersi a testate da sola per non aver aiutato la padrona a cucinare per il marito nonostante lei lo avesse espressamente vietato, sfornò la torta. A guardarla sembrava deliziosa, ed il profumino che emanava faceva venire l'acquolina in bocca. Decise di farcirla con una crema al limone e la lasciò riposare su un ripiano della cucina, ordinando gentilmente a Mille di servirla ai coniugi per la cena della sera, poi si diresse in camera da letto.
Aprì la porta e, con un sospiro, si sedette sul grande letto matrimoniale che ospitava la camera padronale. Era una bella stanza, lo aveva sempre pensato. Era spaziosa, ben illuminata con due grandi finestre e una portafinestra con un terrazzo che davano sull'immenso giardino del Manor, proprio sopra i salici piangenti che le piacevano tanto; i mobili erano scuri e seguivano una linea che era un mix tra classico e moderno, ed inoltre c'era un meraviglioso bagno in camera con vasca idromassaggio e un'enorme doccia: quest'ultima l'aveva voluta lei e lui l'aveva accontentata.
Lei non si era opposta quando poi lui aveva manifestato il desiderio di voler dipingere le pareti di quella che sarebbe stata la loro culla d'amore di verde Serpeverde, anzi, aveva annuito con un bel sorriso condiscendente e gli aveva detto «mi va bene qualsiasi colore o mobile o cianfrusaglia, purché vada bene a te», lui l'aveva guardata ed aveva semplicemente annuito.
Hermione Jean Granger in Malfoy, seduta su quel talamo che era sempre stato troppo grande per starci in due, rimuginava sulla cena che si sarebbe tenuta quella sera. Lo avrebbe aspettato, a costo di restare sveglia fino all'alba. Avrebbero cenato insieme come un marito ed una moglie normali e lei gli avrebbe dato la notizia. Sarebbe tornata a lavoro.
Hermione non ne poteva più. Era rinchiusa in quella gabbia dorata da quando... era successo.
All'inizio era stato lui ad esigere che rimanesse a casa dal lavoro per riprendersi, poi non aveva più menzionato il fatto che lei potesse tornare a fare ciò che aveva sempre amato, affermando di tanto in tanto con fare annoiato che con tutti i soldi che avevano avrebbero potuto vivere dieci vite senza far nulla, e così... erano passati otto mesi.
Lui sempre fuori casa e indaffarato per mandare avanti fieramente la sua nuova impresa di pozioni, lei chiusa in quel castello che la ospitava da quasi due anni, ma che adesso le stava incredibilmente stretto.
Eh già. Draco Lucius Malfoy, suo marito, dopo la guerra, aveva riscattato il suo nome in poco tempo, facendo donazioni a destra e a manca, fondando orfanotrofi, sanando le finanze del San Mungo e contribuendo alla ricostruzione di Hogwarts nonché a gran parte dei negozi principali di Diagon Alley. Poi, finalmente, aveva raggiunto il suo obiettivo: aveva fondato la Malfoy's Empire of Potions ed in qualche mese era riuscito a stipulare un accordo col Quartier Generale degli Auror per cui sarebbe stato lui stesso a fornirgli le pozioni e gli intrugli di cui avevano bisogno, guadagnandosi la cortese firma d'assenso e persino una pacca sulla spalla dal Capo Auror Potter.