04.

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Venni destata dal sonno al suono di un tonfo sordo. 

Schiusi gli occhi lentamente, sbattendoli più volte per permettere loro di abituarsi alla debole luce del giorno che cercava di farsi strada tra le quiete acque del Lago Nero, e confusa, ispezionai lo spazio circostante alla ricerca della fonte del rumore.

Lo sguardo vagò per la stanza, fino a quando non si posò sulla slanciata figura di una ragazza dai capelli rossi che mi fissava con occhi sbarrati, colmi di preoccupazione.

– Mi dispiace, Meissa. Scusa, non volevo svegliarti, – esordì in modo concitato, piegandosi sulle ginocchia per raccogliere freneticamente della roba dal pavimento. Solo allora mi accorsi che ai suoi piedi giaceva un baule aperto malamente, i vestiti sparsi per tutta la stanza. 

Ecco trovata la fonte del rumore.

– Fa' niente, – risposi con voce roca, sbadigliando.

– Le altre sono già scese, – annunciò esitante la rossa .

Scrutai i letti vuoti accanto al mio, gli occhi ancora appesantiti dal sonno, e sottolineai con fare ovvio: – Lo vedo.

Ridacchiò nervosamente. – Giusto, hai ragione...

La ragazza era a disagio, lo si poteva ben notare, e nel tentativo di riempire quel silenzio per lei imbarazzante aggiunse: – Passato delle belle vacanze?

Le lanciai uno sguardo eloquente, osservandola perplessa con un sopracciglio alzato. La ragazza subito si irrigidì sul posto, rendendosi conto delle sue parole e pentendosene immediatamente.

 – Oh Meissa, scusami tanto. Pessima domanda. Ovvio che non hai passato una bella estate. Con tutta la storia di tuo padre deve essere stato dav-,

– Mason? – la interruppi divertita, prima che si lanciasse in uno dei suoi sproloqui snervanti.

– Sì?

– Chiudi il becco.

– Subito.

Rebeckah Mason era una ragazza molto semplice, dagli occhi celesti e la pelle diafana; contrariamente al suo aspetto etereo, tuttavia era estremamente maldestra ed impacciata, sempre pronta a combinarne una delle sue. A vederla, molti l'avrebbero confusa per una Tassorrosso, ma condividendo la stanza dal nostro  primo giorno ad Hogwarts, avevo compreso che dentro aveva molto più di quello che dimostrava. Era una ragazza estremamente intelligente e adorava sfruttare questa sua dote per il puro gusto di saperne più degli altri. Mi ricordava un po' la Granger che, odiavo ammetterlo, sarebbe stata un'ottima Serpeverde.

Rebeckah era una delle poche persone che mi aveva trattata con gentilezza sin da subito, e anche se non sapeva mai come comportarsi in mia presenza, cercava sempre di instaurare una qualche tipo di conversazione. Non avevo mai capito il perché di tutta quella affabilità; forse, dal momento che lei stessa era mira dello scherno di molti dei nostri compagni Serpeverde, in quanto Nata Babbana, sperava di trovare in me una sorta di alleato; o forse, proprio perché Nata Babbana, non conosceva appieno il mio passato.

Scostai le coperte e mi trascinai fuori dal letto stiracchiando le gambe, e aggiunsi: – Tanto mi sarei dovuta alzare comunque.

La ragazza si guardò intorno alla ricerca di qualcosa da dire, qualcosa che non la mettesse in ulteriore imbarazzo. – Vuoi che ti aspetto mentre ti pre- ?

 – No.

Rimase a fissarmi spaesata per qualche secondo, incapace di trovare un modo per mandare avanti la discussione; alla fine si arrese e si limitò a un appena udibile "Ci vediamo a colazione", per poi uscire velocemente dalla stanza.

Meissa Black: The Prisoner's Daughter ||George Weasley||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora