déjate llevar

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Kang Taehyun aveva il disperato bisogno d'imparare a suonare una fottuta chitarra, e per quanto c'avesse altrettanto disperatamente tentato e ritentato, aveva fallito miseramente

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Kang Taehyun aveva il disperato bisogno d'imparare a suonare una fottuta chitarra, e per quanto c'avesse altrettanto disperatamente tentato e ritentato, aveva fallito miseramente.

Le sue dita stonavano con le corde della chitarra che da anni giaceva nel suo armadio – gliel'avevano regalata per il suo sesto compleanno, ma mai l'aveva sfiorato l'idea di crearci assieme melodie dall'aspetto più astruso.
Forse la chitarra, sentitasi trascurata, ora voleva semplicemente fargli passare le pene dell'inferno. Sicuramente! Ora si spiegava il perché non collaborasse, nonostante avesse fatto le quattro del mattino pur di imparare a destreggiarsi nel mondo musicale.

Era un ricordo un po' esilarante come il sorgere di questo suo improvviso interesse fosse nato: la ragazza che gli piaceva (Mina, un anno più piccola di lui e che a stento conosceva il maggiore) aveva esordito alle sue amiche d'avere un debole per i ragazzi in grado di suonare la chitarra. E chi era, Kang Taehyun, per tirarsi indietro e far morire fin dal primo istante un ipotetico futuro con la sua cotta?

Quindi, tornato a casa, aveva torturato e maltrattato la vecchia chitarra di un legno chiaro e con essa pure le sue dita, alle quali aveva dovuto applicare innumerevoli cerotti per il dolore che le disturbava. C'aveva provato, ma a stento riusciva a mantenerla tra le braccia e cominciava ad impazzire.

Aveva chiesto a sua zia, donna magnanima ma spesso assente per affari lavorativi (fortunatamente, tra i due scorreva buon sangue in quanto vivevano assieme, e le chiacchierate delle dieci di sera non mancavano mai), ed ella lo aveva inizialmente guardato meravigliata, poi aveva fatto finta di pensare. Ma, Taehyun, sapeva già la scontata e lapalissiana risposta, e proprio per questo s'era pentito dal primo istante: Choi Beomgyu.

Era il figlio della migliore amica di sua zia – precisamente, dato che quest'ultima ci teneva a dirlo per riaffermarne il ruolo, lo erano fin dall'adolescenza e i venerdì trascorsi insieme a fare maratone di film non mancavano manco verso lo sbocco dei cinquant'anni –, ma era anche la persona che il rosso tinto non tollerava.
Gli venivano i brividi solo nel pensare quel disgustoso nome, tanto quanto la persona alla quale apparteneva, ed un'espressione infastidita non mancò sul suo volto nel sentirlo pronunciare.
« Beomgyu potrebbe aiutarti, » aveva spiegato sua zia, nel mentre apparecchiava con la sua solita fretta il piccolo tavolo situato in cucina – « è in una band, lo sapevi? È piuttosto professionale, caro ».

E Taehyun, non ironicamente, avrebbe preferito lanciarsi dal piano del quarantesimo piano – e precisiamo, soffriva di vertigini – piuttosto di farsi aiutare da quel ragazzino sfrontato e dalla risposta perennemente pronta.
In un primo momento aveva quasi perso la solita pacatezza che aveva con sé, trattenendosi dallo scoppiare a ridere sarcasticamente in faccia a sua zia, ma poi la notte c'aveva ripensato. E la notte dopo. E quella dopo ancora.

E così, Taehyun, s'era ritrovato davanti la porta della sala prove di Beomgyu e della sua band. L'orgoglio era stato ucciso dalla corda di canapa, lasciando le tracce di una codardìa che gli faceva tremare le mani, a tal punto da non sapere se bussare o meno.

KANG TAEHYUN PERSE IL SENNO COME GLAUCO, taegyuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora