Capitolo 1

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"Il signor Tomlinson?"

Il ragazzo quasi rise al sentirsi chiamare in quel modo dalla giovane donna appena spuntata dalla porta difronte a lui. Nessuno lo aveva mai fatto prima e suonava decisamente strano per un ragazzo di soli 18 anni.

"Sono io" Disse con la mano destra a mezz'aria alzandosi dalla scomoda poltrona della sala d'attesa.

La giovane donna puntò i suoi occhi scuri su di lui e arrossì leggermente davanti a quei capelli arruffati e a due iridi magnetiche e luminose. Lui non se ne rese nemmeno conto quando la raggiunse con un sorriso splendente.

La ragazza, o Tess, da come era scritto sul cartellino attaccato ad una maglia bianca che doveva far parte della sua divisa, spostò imbarazzata dei lunghi capelli biondi su una spalla e lo accompagnò silenziosamente lungo un corridoio fino a raggiungere una porta bianca con sopra una targa color oro che diceva "Dr. Brandon".

La ragazza gli fece segno di accomodarsi sussurrando un cordiale "prego".

Per un secondo un cenno di timore apparve come una scintilla negli occhi del giovane mentre osservava concentrato quella precisa incisione colorata di nero. Si girò per donare a Tess un sorriso di ringraziamento che la fece arrossire ancora. Quando questa si allontanò, il ragazzo fece un respiro profondo.

Il nervosismo stava iniziando a salire dentro di lui, si chiese se avesse fatto la scelta giusta andando lì, non ne era più tanto sicuro, e quando le sue nocche si scontrarono con il legno ricoperto di vernice bianca emettendo un suono quasi inesistente, sperò che chiunque si trovasse dall'altra parte non avesse sentito.

Quella scintilla di speranza che si era accesa in lui si spense violentemente non appena una voce roca che lo invitava ad entrare arrivò ovattata al suo orecchio.

Girò timidamente la maniglia fredda prima di entrare nella stanza. Un forte odore di incenso gli riempì le narici facendogli storcere leggermente il naso.

Le pareti bianche riflettevano la luce proveniente da una grande finestra che occupava gran parte della parete difronte a lui, rendendo l'ambiente ancora più luminoso e spazioso. Alla sua sinistra una parete era completamente coperta da una grande libreria in legno chiaro. Su ogni piano poggiavano foto e targhe incorniciate affiancate da diverse coppe e coccarde, un paio di scarpine da neonato erano situate accanto a un ciuccio consumato in un angolo del penultimo ripiano, vicino all'immagine di un anziano signore che teneva in braccio un bambino, 2 anni al massimo, dai riccioli biondi e con un sorriso spensierato e allegro. Due paia di occhi uguali erano illuminati dalla stessa scintilla, lo stesso valeva per i sorrisi. Si poteva chiaramente vedere un' enorme somiglianza tra i due, nonostante la grande differenza d'età. Louis sorrise leggermente osservando la foto.

"Le piacciono i bambini?" un sussulto scosse il petto del ragazzo, spaventato dalla brusca interruzione dei suoi pensieri. Si girò verso il proprietario di quella voce roca e graffiata, segno dell'avanzata età, per incontrare due paia di occhi azzurri, gli stessi della foto che si era perso ad osservare, solo più stanchi. L'uomo era seduto su una grossa poltrona in pelle che dava le spalle alla libreria. Gli sorrise, facendogli segno con un movimento della testa di accomodarsi su una seconda poltrona, più piccola della prima, situata difronte alla sua. Louis lo raggiunse in silenzio e si sedette.

La poltrona era comoda, molto più di quella su cui era stato seduto fino a poco prima. Si rilassò al contatto con il morbido materiale. Il nervosismo cominciò ad alleviarsi e si sentì a suo agio sotto lo sguardo curioso ed esperto dell'uomo.

"Come ti chiami ragazzo?" chiese interrompendo quel silenzio che stava iniziando a farsi imbarazzante per entrambi. "Louis Tomlinson, signore" rispose gentile. L'uomo sorrise cordiale. "Bene Louis, io sono il Dr. Albert Brandon. Come ben sai sarò il tuo psicologo per le prossime 4 settimane. Cercherò di aiutarti a trovare una soluzione ai tuoi problemi. Se sarà necessario o ne sentirai il bisogno, sarò felice di prolungare le sedute oltre il termine stabilito" spiegò veloce, curioso di conoscere il ragazzo che si trovava proprio difronte a lui. L'aveva sempre affascinato, sin da giovane, l'idea che ogni singola persona avesse una mentalità e pensieri propri, che nessuno di noi fosse fatto allo stesso modo. I suoi studi si erano sempre basati sul mistero della mente umana, fino a diventare per lui un mestiere, ma non facendolo mai sentire oppresso dall'idea di trasformare la sua passione in professione.

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