Capitolo 2

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<Papà mollami, mi stai facendo male> dosso tentando di scollarmi dall'abbraccio di mio padre
<Lo so, lo so è solo che...tu stai per partire per l'università e io non rivedrò la mia bambina per molto tempo e-> disse con gli occhi lucidi
<Papà, starò bene, ma mi devi lasciare andare o perderò l'aereo> dissi riuscendo finalmente a liberarmi dalla sua presa letale.
Mi sorrise tristemente e strinse la mano a Ten dicendo
<Prenditi cura di questa irresponsabile> e Ten sorrise.
Mi avvicinai alla madre del mio migliore amico
<Per favore, non fate cose stupide> mi pregò e mi strinse in un abbraccio
<Non prometto niente, tu figlio è alquanto imprevedibile> le sorrisi
<Già, è proprio questo il problema>
Mi avvicinai a Ten e insieme ci avviammo verso l'imbarco per l'aereo.
Era il primo di settembre e io e il mio migliore amico ci stavamo trasferendo a Londra per l'università; ci avevamo messo qualche mese a convincere i nostri genitori a farci andare ma dopo qualche litigata e avergli fatto presente che i miei nonni e mio fratello vivevano a Londra, si sono arresi. Mio fratello William viveva con i genitori di mio padre da quando aveva 10 anni, non ho mai capito perché se ne fosse andato da Brooklyn ma non me ne facevo un gran problema, non eravamo mai stati tanto legati; i genitori di mio padre erano la parte più fredda della famiglia, non apprezzavano il fatto che mio padre avesse sposato una colombiana, ritenevano che tutta la popolazione dell'America del Sud fosse trafficante di droga, il che non era vero. Sta di fatto che i miei nonni dalla parte di mio padre non avevano mai chiesto di me, erano piuttosto ristretti di mentalità ma non era un mio problema. Saremo restati in un appartamento a china town, una posizione comoda dato che era quasi il centro di Londra, l'affitto aveva pure prezzi ribassati per gli studenti quindi non avremmo potuto trovare di meglio.
<Lo stiamo facendo davvero?> chiese Ten
<Cosa? Trasferirci a Londra per prepararci a un futuro incerto? Magari neanche sopravvivremo al viaggio> dissi mentre mostravo la carta d'imbarco alla hostess
<Mi metti ansia> disse Ten mentre ci avvicinavamo ai nostri posti nell'aereo
<Guarda il lato positivo, se muori su questo aereo, morirai con me> e gli sorrisi mentre lui alzava gli occhi al cielo.
<Sto scherzando, pensa a quando saremo là. Tu inizierai a fare la ballerina e io studierò per diventare detective> lo presi in giro
<Non capisco come faccio a sopportarti> disse soffermandosi su una fila di sedili dell'aereo, con una faccia preoccupata.
<E intanto hai paura di stare seduto senza me vicino> dissi sedendomi nella fila dietro
<Non ho paura> disse buttandosi a sedere sul sedile davanti a me, sbuffando.
Eravamo entrambi nella fila centrale.
<Come dici tu>
Restammo solo io e lui a parlare per qualche minuto, l'aereo era quasi vuoto ma non mi lamentavo, si stava più larghi.
<Ecco, dovrebbe essere questo> sussurrò un ragazzo guardando il posto vicino al finestrino, della mia riga. Era vestito in modo buffo, aveva un cappellino di stoffa che lo faceva sembrare un ladro (o un preservativo, dipende dai punti di vista), gli occhi a mandorla e le labbra sottili, gli zigomi sporgenti e il naso piccolo, lo facevano sembrare un cucciolo sperduto.
Indossava un cappotto da montagna che gli arrivava fino a metà coscia, dei skinny jeans neri e delle Vans old skool nere e bianche.
<Permesso...> disse cercando di raggiungere a fatica il suo sedile, travolgendomi.
Finalmente riuscì a sedersi sul posto vicino al mio, anche grazie al mio aiuto e intanto Ten osservava tutta la scena dalla fessura tra i sedili.
<Oh...che caldo> disse il ragazzo
<Ti dispiace se...?> disse allungandomi sopra di me e poggiando il giaccone sul sedile vuoto alla mia destra.
Si tolse il cappello e i capelli neri gli ricaddero leggeri sulla fronte, tirò fuori un paio di occhiali e se li mise. Lo fissai per qualche secondo mentre cercava una posizione comoda sul sedile.
<Tutto apposto?> chiesi sporgendomi verso di lui.
Lui arrossì leggermente e annuì
<Smettila di importunare le persone Esther> disse Ten
<E tu smettila di intrometterti> gli risposi.
L'aereo incominciò a muoversi e il mio vicino prese dal suo zaino un laptop, lo aprì e iniziò a scrivere su una pagina di word.
Passarono tre ore di viaggio e avevo finito di disegnare il ritratto del ragazzo seduto vicino a me; Ten mi aveva insegnato a disegnare e io mi allenavo come potevo.
Mi stavo annoiando, Ten stava dormendo e non si sarebbe svegliato neanche se l'aereo fosse caduto e il mio vicino stava ancora scrivendo; inizia a leggere ciò che aveva scritto fino ad ora
<Che cosa scrivi?> chiesi guardando il computer
Lui mi guardò confuso
<Oh...ehm, niente, ho un compito di letteratura da consegnare al rientro a scuola ed è da ieri che l'ho iniziato, ma mi sono dovuto fermare per cambiare aereo> disse continuando a scrivere
<Da dove vieni?>
<Canada, Toronto. Tu?> chiese guardandomi
<New York, Brooklyn. Perché stai andando a Londra?>
<Devo iniziare il secondo anno di università>
<Anche io ci vado per l'università, seguito un corso di studi per diventare detective> dissi orgogliosa
<Sembra interessante, io sto seguendo il corso di musica, ma abbiamo anche una classe di letteratura alla settimana. Sono scarso in letteratura> disse sorridendo leggermente
<Da quante ore sei fermo alla decima riga?> chiesi e lui arrossì
<Da ieri sera, mi sto quasi addormentando sul computer, non ho dormito molto questa notte> disse abbassando lo sguardo, avevo notato le occhiaie sotto gli occhi e quel giorno mi sentivo buona.
Gli presi il computer dalle gambe e lo posso sulle mie.
<Ti aiuto io, dovresti riposarti>
<Cos- no, non posso lasciartelo fare! È il mio compito e poi è letteratura, letteratura! È impossibile quella materia> disse scuotendo la testa e io alzai gli occhi al cielo
<Non sai con chi stai parlando, amico. Ho fatto quattro anni di liceo classico, il che significa 5 ore di latino, 4 di greco e 4 di italiano alla settimana. Posso farcela a finire un compito che richiede...30 righe> dissi come se fosse ovvio e lui mi guardò scioccato..
<G-grazie...>
<Esther, Esther Davis>
<Grazie Esther, comunque mi chiamo Mark Lee>
E così mi misi al lavoro, in meno di un'ora avevo finito tutto il lavoro e non mi ero neanche accorta che Mark si era addormentato sulla mia spalla.
Vidi delle braccia spuntare dal sedile davanti e una testa, dai capelli disordinati e con una maschera da notte calata sugli occhi.
<Ben svegliata principessa> Ten, sbadigliò e appoggiò il mento sulla testiera del sedile.
<Quanto manca?> chiese strofinandosi gli occhi.
<Due ore, torna a dormire>
<E chi è lui?> disse indicando Mark
<Mark Lee, è canadese> dissi e lui annuì per poi tornare a dormire.

L'aereo atterrò a Londra e scendemmo dall'aereo
<Dove dovete andare?> chiese Mark vedendo me e Ten in difficoltà.
<Questo indirizzo> disse Ten mostrandogli un foglio di carta.
<Anche io devo andare lì, il mio appartamento esattamente a quell'indirizzo> disse sorridendo.
<Venite! Un mio amico ci porterà là>
Ci sorrise eccitato e ci avviamo insieme a lui.
<Hey Taeyong! Come va?> gridò Mark abbracciando un ragazzo dai capelli rossi
<Mark, ci mancavi! Come sono andate le vacanze estive?> chiese sorridendo dolcemente
<Bene, Johnny vi saluta> disse per poi girasi verso di noi
<Taeyong, loro sono Ten e Esther, hanno bisogno di un passaggio>
<Piacere di conoscervi> disse stringendo la mano sia a me che a Ten e facendo un piccolo inchino con il capo.
<Venite> e ci condusse a una macchina nera che sembrava molto costosa.

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