II

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Una domestica apre la porta.
Entrano i Barker. Nascono i primi sorrisi tirati e i finti apprezzamenti sulla crescita di noi giovani nipoti. Lo stesso vale per Travor, da parte dei miei genitori.

Travor Barker è coetaneo di Robert, 21 anni compiuti a marzo. Piuttosto sfacciato, presuntuoso, pieno di sé. Come biasimarlo... D'altronde suo padre gli ha trasmesso quel che egli in primis ritiene di essere: meritevole, dignitoso, abile mercante e proprietario terriero. Ciò lo porta a voler frequentare giovani di rango poco superiore al suo, sebbene questi lo allontanino con qualche frase liquidatoria, ma lui non demorde. Testardo, il che è un controsenso: perché fare l'orgoglioso e lasciar comunque scalfire il proprio orgoglio?

I suoi occhi scuri si posano sull'ambiente circostante, quasi a criticarlo senza ancora aver preso parola. O, forse, sono io esagerata ad aspettarmi che chi mi è in antipatia sia fin troppo meschino?

La signora Barker, invece, sempre con aria di superiorità, lascia il suo cappello piumato ad una delle inservienti, che, con cura, lo pone sull'appendiabiti.

L'ansia da prestazione della servitù, data dalla pressione della governante, si percepisce a fior di pelle: questo non è d'aiuto neanche a mia madre e alla sua agitazione innata.

Mio padre e mio fratello appaiono piuttosto rilassati; sono i primi, infatti, a prendere posto a tavola, seguiti da me.

Mr. Barker si siede a capotavola, al lato opposto ove è accomodato mio padre. Mia zia invece si siede accanto a mia madre, alla sinistra di suo marito. Travor, a destra, invece, è seduto accanto a me.
Adesso che le sedie sono occupate, la tavola sembra improvvisamente di dimensioni minori e l'aria asfissiante.
Quanto potrà durare questa tortura?

Si servono le prime portate: prosciutto di York in gelatina e punck al Kirch.
Non ancora mi capacito del perché avessimo investito così tanto denaro per la visita di tre soggetti simili; sicuramente, se fossimo stati al loro posto, il trattamento riservatoci sarebbe stato ben diverso.

Cala un silenzio imbarazzante, dato che ognuno è preso dall' inghiottire qualche tocchetto di prosciutto in gelatina.

Ringrazio il cielo per essere la più piccola fra i presenti: non sono tenuta ad aprire la conversazione.

A farlo è mio padre, altresì mio zio.
"Come procede il viaggio? Siete diretti a Sheffield, se non erro".

"Gradevolmente, grazie", asserisce perentorio Mr. Barker, non rispondendo alla seconda domanda.

Al che Travor aggiunge, sdrammatizzando: "Si, zio, la cittadina di Sheffield ci aspetta, ed è per l'acquisto di altre terre. Un investimento unico nel suo genere: queste verranno predisposte a coltivazione cerealicola triennale e ci garantiranno un 20% di profitto in più per ogni vendita".

Suo padre lo osserva fiero e annuisce.

Lascio cadere un tovagliolo accanto a Robert, così da avvicinarmi a lui e sussurrargli: "Esattamente suo padre di cosa va fiero? Avrà ripetuto il suo discorsetto mille volte prima di esporlo..."

Io e mio fratello ci osserviamo: ci capiamo al volo e risparmiamo una risata (sarebbe stata di pessimo gusto).

Cala nuovamente il silenzio.

Per fortuna, arrivano i primi piatti.
Servite le quaglie alla Richelieu, mia madre azzarda: "Travor, mio caro, con i tuoi tanto esperti discorsi su faccende economiche, riuscirai mai ad attrarre a te qualche giovane fanciulla?".

Lì la risata non mi manca, dunque provo a bere un po' d'acqua per mascherarla (evitando di mandarla di traverso, ci mancherebbe altro).

"Nella zona dove siete diretti sono molte le famiglie benestanti, e si vocifera che molte di esse abbiano abbastanza figlie femmine da soddisfare con la propria dote ogni ragazzotto come Travor".
Davvero mia madre si sbilancia ancora così con le parole? A che pro?

"Rispettosa cognata, questa informazione non ci è nuova, ma le assicuro che non sarà mai la ricerca di una moglie a impegnarci". Sostiene Ms Barker, con una strana convinzione.

Aggiunge così: "Piuttosto pensate al vostro Robert, non credete che debba ammaritarsi? Avete così tanta prole da dover iniziare a render più indipendenti i maggiori..."

Al che interviene mio padre: "Non ci pesa crescere sei figli, signora Barker, per cui nessuno di loro ha urgenza di lasciare casa: né Robert, né Rosemary".

"Eppure, presto, Rose entrerà in età adulta. Credo sappiate che sia consigliabile lasciar che prenda marito prima dei venti anni", conclude decisa mia zia, dato che, forse per educazione, mio padre non replica.

Quasi finiti i primi piatti, con qualche occhiata fugace qua e là, l'atmosfera è sempre più tesa.
Spero solo che non ci si spinga oltre con le dichiarazioni d'affetto e stima a cui puntualmente assistiamo.

Forse alzarmi da tavola, anche per poco tempo, potrebbe aiutarmi a cambiare aria e rilassarmi.

"Con permesso, mi dirigo un secondo all'esterno, credo di avere una leggera nausea da aria consumata".

"Lasciate che vi accompagni, cugina, non vogliate avere un malore senza alcuna persona pronta ad aiutarvi". Travor.

Accenno a replicare, con qualche difficoltà a trovare una scusa, ma mio fratello mi precede: "Travor, tranquillo, termina comodamente il tuo pasto, mi occuperò io di accompagnare mia sorella".

Così, con il consenso di nostro padre, usciamo.
Terza risata fragorosa in arrivo.

"Non riesco a credere che nostra madre abbia sul serio stuzzicato quel pallone gonfiato dandogli dell'incapace in fatto di corteggiamento!", scherza Robert.

"Ed io non so come nostro padre abbia fatto a trattenersi dopo quel che ha detto la zia... Ma non la biasimo, si sarà sentita più che oltraggiata con le parole dedicate a suo figlio".

Proseguiamo ancora a fare riferimenti ad espressioni e gesti di quella prima parte del pranzo, fino a che Robert espone un suo pensiero: "Scherzi a parte, non capisco perché per loro ci sia la necessità di fermarsi qui per così tanto tempo... Sebbene affermino di essere di passaggio, perché non hanno alloggiato in una locanda più a nord e proseguito il viaggio tutto oggi?".

"Non comprendo neanch'io... E poi neanche loro ci hanno in gradimento. Passare più tempo in nostra presenza potrebbe solo far loro sbagliare quei calcoli da intenditori su patate, cipolle e pomodori!".

Ridiamo ancora per la battuta, forse è il momento di rientrare.

Davanti alla porta della sala, sentiamo urla poco rassicuranti.
Si sarà accesa una discussione, sul serio, questa volta:

"...il palazzo sarà di vostra gestione, le terre saranno nelle mani della nostra famiglia".

Rinfacci del passato.
Ancora quel podere.
Ancora, dopo sei anni, senza soluzione.

O forse, una soluzione c'è.

Mi accascio quando odo queste parole, come se ricevessi dei colpi all'addome e al torace: "La questione è chiusa, Rosemary sarà data in moglie a Travor".
E poi, tutto sembra scurirsi.

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