Non sono pazzo, giuro

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 Faccio spesso sogni ricorrenti, ormai penso che chiunque legga queste cose lo abbia capito, non starò a descriverli uno per uno ci vorrebbe davvero un'eternità e qualche migliaio di parole in più.

Questo sogno, volente o nolente, è importante, ma strano.

Il paragone migliore che posso fare è quello del treno che prendi tutte le mattine per andare a lavoro. Mi dici sempre che è sempre la stessa storia, sempre la stessa solfa "per carità è comodo e posso sonnecchiare quando (sempre) facciamo tardi e dormo poco, ma... manca quel qualcosa". Ma, a volte arriva quel qualcosa. Una ragazza carina, un tipo che piange guardando il telefono, un ragazzo che si avvicina e ti fa uno strambo complimento su quanto i tuoi occhiali siano... fighi?

Ah, sto divagando, come al solito.

Dicevo, sogno.

Sogno. La prima cosa che vedo sempre è quella maledetta luce arancione del falò al centro. Il falò spesso cambia, a volte è semplicemente fatto di legno, a volte ha delle foglie, a volte sono libri che non sopporto o che ho letto altre, spesso sono ossa di ogni tipo e un piccolo teschio al centro.

Ma, la luce, non cambia mai, è sempre una flebile luce arancione, calda, come la luce di camera mia.

Ieri è stata una di quelle volte particolari.

Tutte le volte che lo faccio, parlo con me stesso, circa...

Come te lo spiego...?

Ok, immagina delle piume, di un cuscino, sono tutte uguali no? Eeeeh... circa, ma no, ce ne sono di più vecchie, di più giovani, di poco più grandi o poco più piccole, ma sono comunque piume, le stesse piume dello stesso povero pollo.

Ecco, ci sono tante piume che si parlano e ricordano come stavano bene su quel pollo.

Ci sono io, che parlo con me e che parlo con me di mezzo secondo fa, con me di tre anni fa, col me che stava in ospedale e così via.

Ieri eravamo io di adesso ora in questo momento che scrivo sta cosa idiota, il me che ha appena cominciato teatro, un uomo dai lunghi capelli neri e con una camicia rosa addosso e altri due.

Uno era vecchio, seduto su una poltrona. Di solito tutti i me arrivano piano piano, ma lui era già al fuoco, con una coperta a quadri addosso, un bastone appoggiato alla poltrona, una stramba chiave e un librone con un lucchetto sopra.

L'altro era poco più piccolo di me, capelli corti, circa come quando mi hai visto per la prima volta, aveva delle occhiaie assurde e un sorriso triste in volto, e un profumo.

Cazzo se ho riconosciuto subito quel profumo, non era il tuo, ah, magari. Era il suo, quello di Viviana.

L'avevo sentito tante volte su persone diverse da me, ma sentirlo su di me come sento adesso il tuo è stato maledettamente inquietante, lo davo per scontato al tempo? Probabile, ma adesso era bello, era un profumo che mi ricordava qualcosa che mi aveva fatto stare bene.

Ho parlato con tutti come al solito, prima o poi scriverò una conversazione con me stesso/i ma non è questo il momento.

Il vecchio mi ha guardato

"Sai cosa apre la chiave?"

"Il libro suppongo"

"E sai cosa c'è in questo libro"

"Assolutamente no, non ha nemmeno un titolo..."

" È la nostra... vostra storia, alla fine, quel libro lo avete davvero scritto"

"Ah... e perché il lucchetto? E la chiave?"

"Per evitare che tu lo legga, ancora mica puoi sapere come va avanti la tua vita"

E, come al solito, una folata di vento che mi fa andare in faccia i capelli, e il sogno sparisce.

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