Capitolo Secondo

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Mentre le streghe si radunavano in assemblea un inconsapevole Diamante Di Castel Nero, prima e unica figlia, dell'attuale Doge di Venezia veniva sgridata dal capo delle cameriere.
La domestica l'aveva presa per l'orecchio e la trascinava lungo un corridoio di Palazzo Ducale per ricondurla alle sue stanze.
Qualche giorno prima si era recata di nascosto nella prestigiosa biblioteca Sansoviniana tra il campanile di San Marco e la Zecca, dopo aver udito che un carico di manoscritti in greco sarebbe arrivato direttamente dalla ex Bisanzio proprio quella mattina. Così era sgattaiolata fuori dai suoi appartamenti, ma si sa che a Venezia si passa difficilmente inosservati, soprattutto quando si ha già una fama da combinaguai.
Era quindi stata scoperta e suo padre l'aveva strigliata per benino a causa della sua piccola fuga senza nessuna compagnia né supervisione.
Mentre, quella sera, era stata sorpresa dalla cameriera ad origliare una delle riunioni che Gioviano teneva con il consiglio.
Il padre le aveva ripetuto così tante volte che le questioni politiche non la riguardavano ma Diamante era attratta dalla diplomazia.
Più precisamente Diamante era attratta dal sapere e dalla conoscenza, amava leggere di poesie, storia e filosofia ma più di tutto amava leggere di avventure per mare e opere di esploratori.
Così la ragazzina passava le giornate a sognare ad occhi aperti mentre in città era cresciuta la sua fama da scapestrata e pestifera.

Arrivarono nella sua stanza e Diamante poté finalmente massaggiarsi l'orecchio dolorante.
Ai piedi del suo letto vi era un'altra serva, Eugenia, la tata che aveva cresciuto la madre di Diamante e successivamente Diamante stessa.
Era ormai anziana ma aveva comunque insistito per un posto nella servitù a Palazzo.
Eugenia era molto affezionata alla fanciulla e con la sua pazienza quasi infinita consolava la ragazza dopo le liti con il padre.
Dopo molte proteste da parte della domestica più giovane finalmente Eugenia riuscì a congedarla e a restare sola con Diamante.
"Signorina, non so quante volte ancora potrò convincere quella bisbetica a lasciarvi in santa pace"
La fanciulla non sembrava prestarle attenzione, era piuttosto interessata al   materasso del suo giaciglio.
"Mia cara, che state facendo?"
Diamante scostò con un gesto sbrigativo le lenzuola, poi si chinò per staccare un piccolo oggetto avvolto in un fazzoletto bianco, dalle assi del letto.
Si arrampicò sul morbido materasso imbottito, a poche spanne dalla testiera di legno estrasse un tagliacarte dorato dall'involucro di tessuto bianco che teneva in mano, infine sollevò entrambi le braccia impugnando l'oggetto affilato come un pugnale e con un colpo deciso squarciò l'imbottitura
"Signorina siete forse impazzita?"
Diamante cacciò una mano nella fessura ed estrasse una sacca di pelle dalle abbondanti dimensioni che sembrava essere già piena.
"Eugenia mia cara..." esordì finalmente la ragazza dopo che la vecchia balia le chiese spiegazioni ancora una volta.
"...io sto partendo!"
"Perdonate?" esclamò la vecchietta sconcertata lasciandosi cadere stancamente ai piedi del letto.
Diamante la raggiunse e si inginocchiò davanti a lei prendedole dolcemente le mani raggrinzite.
"Ricordate le storie che mi raccontavate da bambina? Piene di eroine, donne forti e coraggiose? È ora che io viva la mia avventura!"

Eugenia fece scivolare la sua mano destra fuori dalla presa della ragazza e se la portò al petto

" Non dite così! Che ne sarà di vostro padre e del mio povero cuore? Sapervi lì fuori tutta sola, acerba di esperienza!"

Diamante sospirò e si levò in piedi solo per gettare la sacca sulle sue spalle in terra e lasciarsi cadere supina sul materasso accanto alla domestica.

"Eugenia io non posso stare qui per sempre in attesa di sposarmi con qualche duca o marchese.
Questa non è la vita che voglio!
Io voglio viaggiare, conoscere e vedere le cose non solo attraverso le parole di un libro"

L'anziana signora tentò di nuovo:"Mia cara fanciulla, sono quasi certa che vostro padre possa organizzare qualcosa per voi e per le vostre pene ma ora..."

hearsay from venétiaWhere stories live. Discover now