VOX POPULI

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Sarti estrasse un pacchetto di Lido dal taschino della camicia, ne picchiettò il fondo sul dorso della mano per cavarne una; Infilò la sigaretta in bocca e l'accese. La dottoressa Cavalli protestò con un paio di colpi di tosse, l'uomo non ci fece caso e con gli occhi strizzati per proteggerli dal fumo, si avvicinò alla parete e fissò lo sguardo sui volti giovani di sei ragazze. Avevano pressappoco l'età di sua figlia, Linda.

Nella stanza accanto tutto taceva da qualche minuto. Cesarano spinse una piccola leva di plastica trasparente e le bobine smisero di girare. Kauffman taceva e così la sua estemporanea paziente.

Sulla bacheca di sughero, le foto delle ragazze erano sistemate in due file di tre. La foto di Silvia, l'ultima sulla destra altro non era che una fototessera, ricavata dal documento d'identità.

Sotto ogni foto c'era un foglietto, appuntato con spilli dalla capocchia di plastica colorata. A Silvia era toccata la capocchia gialla.

Le ragazze si somigliavano tutte: occhi e capelli scuri, fronte spaziosa e sgombra. La prima, in ordine di ritrovamento, era Erica Garrone, diciotto anni. Il foglietto sotto il suo volto riferiva che era stata rinvenuta sui gradini della stazione di Genova Sampierdarena, alle ore ventidue e trenta del 6 novembre 1982.

Maddalena Bruzzone, sedicenne, era stata trovata due giorni dopo, alle ventitré, in fondo alla scala che dal binario Due portava al sottopasso della stazione di Sestri ponente.

Livia Caviglia era la più vecchia, avendo compiuto diciannove anni tre giorni prima dell'aggressione, ed era stata soccorsa presso la sala d'aspetto della stazione di Genova Prà, da un capotreno alla fine del turno, il dieci novembre.

La dottoressa Cavalli raggiunse Sarti.

«Sono tutte uguali» sentenziò.

Sarti annuì con un mugolio soffocato dal filtro della sigaretta.

«Silvia è stata trovata a Principe, la Garaventa a Brignole. Perché diavolo le abbandona nelle stazioni ferroviarie?» Domandò la donna fissando gli occhi delle ragazze. «Non riesco a trovare alcun nesso. Il modus operandi è indicativo di una patologia psichiatrica grave, questo è fuor di dubbio; di certo quest'uomo ha uno schema, ma quale?» Proseguì.

«Siamo qui per scoprirlo, dottoressa» rispose Sarti.

Cesarano mugghiò alzandosi, i due si voltarono a guardarlo e lo sorpresero nell'atto di sbadigliare con le braccia alte sopra la testa. A Sarti venne da sorridere, ma lo sguardo severo della Cavalli ne spense l'intenzione.

«Scusate» fece Cesarano tornando a sedersi. I due si voltarono e ripresero a fissare i volti delle ragazze.

La capocchia blu era toccata a Federica Montis, quindici anni, la più giovane. La stazione era quella di Genova Voltri, alle venti e trenta, sulla panchina di legno al binario uno.

Claudia Garaventa era stata trovata il quindici novembre, nei bagni della stazione di Genova Brignole, di anni ne aveva diciassette e la puntina che ebbe in sorte fu quella con la capocchia verde.

Sulla scrivania a lato della parete su cui stava la bacheca, campeggiavano IL SECOLO XIX e IL LAVORO di quella mattina.

Sul primo, il titolo recitava:

IL MOSTRO DELLE STAZIONI ANCORA IN LIBERTÀ.

Seguito dal sommario:

ANCORA NESSUNA NOVITÀ SUL MANIACO CHE DA INIZIO NOVEMBRE AGGREDISCE LE STUDENTESSE DI GENOVA.

Il cronista del Lavoro aveva calcato la mano:

I GENOVESI HANNO PAURA.

LE FORZE DELL'ORDINE BRANCOLANO NEL BUIO, NESSUNA TRACCIA DELL'AGGRESSORE.

Sarti li aveva acquistati all'edicola in fondo a via XX settembre, non aveva letto gli articoli però, i titoli gli erano bastati. Sapeva che la cittadinanza stava a guardare, attenta a cogliere il minimo errore, l'ennesimo buco nell'acqua. Sapeva che la fiducia dei genovesi, e non solo la loro, si stava esaurendo. Lo sapeva lui e lo sapeva Garelli, il questore, che non perdeva occasione per ricordarglielo.

«Il sindaco vuole risposte, Sarti. Non possiamo stare ad aspettare che ne aggredisca un'altra.»

Glielo aveva detto quella mattina, e la sera stessa, quando già aveva infilato la porta e prelevato il Bic dalla tasca dei pantaloni, pronto per accendersi una sigaretta, il telefono alla sua scrivania aveva squillato.

Ne avevano trovata un'altra, una certa Silvia Foglino, alla stazione di Genova Piazza Principe; erano le otto e tre quarti. Addio cena in famiglia e addio Salottino di Enzo Tortora.

L'uomo restò per qualche istante intrappolato in un pensiero disturbante; una sensazione gelida gli fiorì nel petto, qualcosa che piano tentava di attirare la sua attenzione. I volti delle ragazze, i capelli, somigliavano a...

«Sarti!» Chiamò Cesarano all'improvviso.

Sarti si voltò, le bobine avevano ripreso a girare; la dottoressa Cavalli era tornata ad appoggiarsi allo schienale della sedia, in piedi e con le braccia conserte; dall'altra parte si udì Kauffman schiarirsi la voce e poi parlare: «Silvia?» Chiamò.

«Sì.»

Il pensiero di Sarti appassì e si spense come il mozzicone che aveva schiacciato nel posacenere.

SilviaWhere stories live. Discover now